Sabato 18 Maggio 2024

20.12.05 Karl-Heinz Grasser con Walter MeischbergerTredici imputati di cui sei condannati nel processo monstre conclusosi ieri a Vienna per la tangente di 9,6 milioni di euro incassata nel 2004 in occasione della privatizzazione di 60.000 alloggi dello Stato, amministrati fino ad allora dalla società pubblica Buwog (Bauen und Wohnen GmbH). È stata la “madre di tutte le tangenti”, la più alta che mai sia stata pagata in Austria per “oliare” il potere. Perfino Jörg Haider e il sodale Josef Martinz si erano dovuti “accontentare” di 6 milioni, quando nel 2007 avevano favorito la vendita ai tedeschi della quota di Hypo Bank posseduta dal Land Carinzia.

La pena maggiore è stata inflitta, come era prevedibile, all’imputato principale, l’ex ministro delle Finanze del primo governo di centrodestra, Karl-Heinz Grasser: 8 anni di reclusione. Era stato lui 16 anni fa l’ingranaggio chiave del piano che aveva favorito una delle cordate candidate all’acquisto degli alloggi di cui lo Stato voleva liberarsi, il consorzio Immofinanz. Le società in gara erano tre e l’offerta migliore, 960 milioni, era stata presentata dal gruppo Ca Immo. Improvvisamente, però, l’asta era stata riaperta e l’Immofinanz aveva presentata una contro offerta di 961,2 milioni, ovvero di un briciolo superiore a quella di Ca Immo, aggiudicandosi il patrimonio immobiliare.

20.12.05 Giudice Marion HoheneckerNel corso del processo l’accusa è riuscita a dimostrare che il consorzio vincitore era riuscito ad aggiustare l’offerta quel tanto che bastasse, perché tramite intermediari Grasser gli aveva fatto conoscere in anticipo la proposta della società concorrente. Il favore era stato poi ricompensato con una tangente di 9,6 milioni, esattamente l’1% del valore dell’operazione.

Da allora sono passati 16 anni. Un tempo lunghissimo non solo perché l’episodio di corruzione era venuto alla luce soltanto nel 2009 (come spiegheremo dopo), ma anche per le difficoltà incontrate dagli inquirenti, costretti a svolgere indagini anche a Cipro e in Lichtenstein, in istituti bancari non molto disponibili a mostrare le carte. Sette anni sono stati necessari per raccogliere tutta la documentazione, eseguire 660 perquisizioni e “prendere a verbale” circa 700 testimoni.

Non meno lungo il processo dibattimentale nell’aula del Tribunale, che per questo abbiamo definito monstre. Ha richiesto 168 udienze durate tre anni e hanno messo a dura prova il collegio giudicante, presieduto dalla giudice Marion Hohenecker e composto da un secondo giudice togato, due giudici popolari e altri otto giudici popolari di riserva, quasi più numerosi delle riserve di una squadra di calcio.

Non sappiamo se questa precauzione sia standard o se sia stata presa in considerazione della complessità del processo. In ogni caso si è trattato di una scelta prudente, perché in tre anni di udienze uno degli imputati è deceduto e cinque giudici popolari se ne sono dovuti andare (per ragioni di salute o altri impedimenti). Se vi fossero state altre defezioni fino a far mancare uno dei due giudici popolari effettivi, il processo sarebbe stato annullato e si sarebbe dovuto incominciare tutto daccapo.

Naturalmente anche i giudici di riserva, per essere in grado di subentrare a quelli effettivi in caso di necessità, si sono dovuti sorbire tutte le 168 udienze come i loro colleghi togati e non, rinunciando per tre anni alla famiglia, al lavoro, alla loro vita privata.

La pronuncia della sentenza non è stata facile, perché i fascicoli che il collegio giudicante ha dovuto riesaminare, accatastati uno sull’altro, riempivano un’intera stanza. Per fortuna – ci dicono quelli che hanno seguito il processo fin dall’inizio – Hohenecker è una giudice con una memoria di ferro e una mente lucidissima, in grado di avere chiari in testa gli intrecci della complessa vicenda.

Vicenda che, come accennavamo sopra, non sarebbe mai venuta alla luce se nel 2009 non si fosse verificata una circostanza del tutto accidentale: il fallimento della banca privata Constantia, in seguito alla crisi finanziaria mondiale dell’anno prima. È la prima banca austriaca a fallire (poi ce ne saranno altre, tra cui Hypo Bank Alpe Adria, ben nota anche in Italia).

Tra le carte dell’istituto spunta un bonifico di 9,6 milioni da parte di Immofinanz su un conto a Cipro. L’amministratore della società spiega che si tratta di una provvigione versata al lobbista Peter Hochegger, ma non sa spiegarne il perché. In realtà è il prezzo pagato per conoscere in anticipo l’offerta di Ca Immo e vincere la gara con un minimo margine.

Da Cipro i soldi volano nel Liechtenstein, su tre conti, due dei quali inequivocabilmente attribuibili a Walter Meischberger e al mediatore Ernst Plech, che hanno un elemento in comune con Hochegger: sono tutti e tre amici di Grasser, il ministro che aveva deciso la vendita degli alloggi Buwog (Meischberger è addirittura testimone delle sue prime nozze). Il terzo conto è identificato da un numero, ma gli inquirenti sono convinti che faccia capo proprio a Grasser. Questi nega recisamente di essere coinvolto nella vicenda e tuttavia anche lui, con i tre compari e con una decina di altri personaggi (funzionari del ministero, amministratori di Immofinanz), viene rinviato a giudizio.

Il processo ha avuto inizio sul finire del 2017, con le formalità preliminari. Ma già poco prima di Natale uno degli imputati, Hochegger, aveva deciso di vuotare il sacco, confidando così su una condanna più lieve. Aveva riferito che era stato Meischberger, intimo di Grasser, a dirgli di “far sapere a Immofinanz di non offrire meno di 960 milioni”. Il piacere era stato ricambiato con l’1% del prezzo, di cui 2,4 milioni erano finiti sul conto di Grasser.

Con la sua testimonianza Hochegger aveva rovinato le feste di natale all’ex amico, ipotecando fin dall’inizio l’esito del processo. Ma il suo “contributo” alla giustizia non gli ha giovato molto: è stato condannato a 6 anni di reclusioni, 2 soli in meno rispetto a Grasser. Meischberger è stato condannato a 7 anni. Gli altri imputati minori – funzionari del ministero, intermediari, amministratori di Immofinanz – sono stati condannati a pene variabili tra 20 mesi e 3 anni di reclusione.

Gli avvocati di Grasser hanno già fatto sapere che ricorreranno in appello. Ci aspettano altri anni e altre montagne di carte, prima di poter giungere a una sentenza definitiva. Non riusciamo a immaginare i costi di tutto questo, in spese giudiziarie e parcelle di avvocati, ma crediamo di non sbagliare di molto se diciamo che potrebbero superare persino l’ammontare dalla “madre di tutte le tangenti”.

* * *

Nel gennaio del 2018, quando il processo aveva appena preso avvio, avevamo fatto una considerazione che riproponiamo qui di seguito, perché sempre attuale.

Una nota curiosa a margine del processo. Immofinanz, la società immobiliare che con quasi 10 milioni è riuscita a corrompere un ministro e i suoi più stretti collaboratori, è un consorzio formato dalla Raiffeisen Landesbank dell’Alta Austria, dalla compagnia di assicurazioni Wiener Städtische, dall’Hypo Bank dell’Alta Austria (non c’entra nulla con Hypo Bank Alpe Adria) e dalla Oberösterreich Versicherung. Si tratta di banche e società assicuratrici gravitanti nell’area pubblica e amministrate da uomini dell’Övp o dell’Spö. In altre parole, uomini dei due partiti più importanti dell’Austria – se non direttamente, attraverso i loro manager di fiducia – hanno imbrogliato il loro Paese, governato da altri uomini di quegli stessi partiti, procurando alle casse pubbliche un danno stimato in 200 milioni di euro, cioè la somma che si sarebbe potuta ottenere in più da un’asta regolare.

NELLE FOTO, l’ex ministro Karl-Heinz Grasser con il suo amico e testimone di nozze Walter Meischberger, entrambi imputati, in attesa della sentenza che li condannerà rispettivamente a 8 anni e a 7 anni di reclusione. La giudice Marion Hohenecker, che ha presieduto il collegio del tribunale.

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