Sabato 18 Maggio 2024

Le aziende austriache sono in grosse difficoltà, perché non trovano manodopera. Fino a qualche tempo fa mancava il personale specializzato, ora manca anche quello generico per lavori manuali che non richiedono una preparazione specifica. La causa principale? Il calo demografico: non si fanno più bambini. E, siccome il fenomeno è comune a tutte le società industrializzate, riguarda anche noi.

I numeri parlano chiaro. Fino a 60 anni fa in Austria venivano al mondo annualmente 130.000 bambini. Da allora le nascite sono calate sistematicamente e ora sono 85.000 all’anno. Era inevitabile che questa differenza avesse ripercussioni sui rapporti sociali e sul mondo del lavoro. Chi si occupa di statistiche e di economia politica lo andava dicendo da tempo, perché le previsioni demografiche non lasciavano dubbi: gli anni ’60 sono stati quelli del cosiddetto baby-boom, con un record di nascite. Ora quelle generazioni sono andate o stanno per andare in pensione, lasciando alle spalle un vuoto che si va di anno in anno allargando.

Secondo Statistik Austria (che è l’istituto austriaco paragonabile all’Istat in Italia) il numero maggiore di occupati nelle classi di età tra i 20 e i 60 anni è stato raggiunto nel 2018 e da allora sta diminuendo. Non soltanto perché c’è stato il calo delle nascite di cui abbiamo detto, ma anche per un’espansione dell’istruzione/formazione. Il fenomeno va salutato con favore: rispetto a 60 anni fa ci sono più giovani che proseguono gli studi fino alle scuole superiori e alle università e questo è un bene. Ma inevitabilmente ritarda il loro ingresso nel mondo del lavoro e perciò accresce ulteriormente la mancanza di manodopera.

Quale sia il livello di sofferenza delle aziende è stato messo in rilievo dal Covid-19. Molti austriaci, durante la pandemia e i ripetuti lockdown, hanno cambiato stili di vita e comportamenti, hanno cercato nuove forme di lavoro. Quando con l’uscita dalla pandemia le restrizioni sono venute via via a cessare, la domanda di beni e servizi è rapidamente cresciuta e parallelamente è cresciuta da parte delle aziende la ricerca di personale, che però non è stato trovato. Con la conseguenza che la domanda di beni e servizi è rimasta inevasa.

La situazione è destinata a peggiorare a breve termine. Uno studio del Wifo, che è uno dei due principali istituti di studi economici in Austria (l’acronimo sta per Österreichisches Institut für Wirtschaftsforschung), ha rilevato che il 30% del personale delle aziende ha tra i 45 e i 54 anni. Negli anni ’60 questa percentuale era appena del 20%. Questo rivela un invecchiamento medio dei lavoratori. Significa che presto una fetta di essi se ne andrà in pensione e non ci sarà chi potrà sostituirli. Il fenomeno è presente soprattutto nell’amministrazione pubblica, nei prestatori di servizi, nella sanità, nel mondo della scuola. Il collasso quindi è annunciato e quando verrà nessuno potrà dirsi sorpreso.

La ricerca di manodopera fino a qualche anno fa non era in testa alla lista delle preoccupazioni delle imprese. Ora lo è. Per molte è una ricerca disperata. Due terzi delle aziende austriache vedono in questa carenza il pericolo più grave per la loro attività. L’83% di esse hanno già oggi difficoltà a reclutare il personale adatto (nel 2021 era il 76%). Il 63% ha sofferto addirittura un calo del fatturato. Per mancanza di personale all’altezza, metà delle aziende hanno dovuto ridurre l’attività di ricerca e sviluppo, il che avrà a medio termine ripercussioni sull’innovazione e sulla competitività.

Il settore più colpito – come emerge da tutte le indagini svolte – è quello del turismo. L’81% delle aziende del settore (alberghi, ristoranti, esercizi pubblici in genere) è alla ricerca di personale. Non si trovano soprattutto cuochi. La pandemia ha fatto la sua parte, perché molti occupati nel settore venivano dai Paesi confinanti, per lo più lavoratori stagionali. Il Covid-19 li ha bloccati a casa e ora non tornano più, perché nel frattempo hanno trovato altre occupazioni.

Le agenzie che si occupano di indagini nel settore del lavoro segnalano emergenze anche nei settori dell’edilizia, dell’economia forestale, nei settori tecnici, in quelli dei trasporti, dei servizi, dell’It. Ma anche in campi in cui non serve alcuna preparazione. In Alta Austria la scorsa estate mancavano 1500 lavoratori per la raccolta nei campi.

Qui entra in campo il fattore immigrazione. Chi si occupa di economia politica definisce “una risorsa” gli stranieri che arrivano in Austria. Senza di essi molte aziende dovrebbero cessare l’attività e l’Austria sarebbe più povera. Il Boston Consulting Group ha calcolato anche quanto sarebbe più povera: 1.386 euro in meno per persona nel 2021. Senza i versamenti previdenziali degli immigrati, inoltre, lo Stato dovrebbe destinare ancor più risorse per garantire il pagamento delle pensioni, sottraendole ad altri servizi, come la sanità o l’istruzione.

Ma molti non la vedono così, perché l’arrivo di tanti stranieri sta modificando il volto delle città. Nelle scuole di Vienna metà degli alunni viene da famiglie di immigrati e molti di essi non parlano neppure il tedesco. Impressionano, inoltre, i fatti di sangue che vedono coinvolti soprattutto giovani maschi provenienti da Afghanistan, Siria e Paesi balcanici. Al punto da far dire a un assessore di estrema destra della Bassa Austria, che si rivolgeva a una bambina straniera di una scuola di Vienna: “Senza di te Vienna sarebbe ancora Vienna”.

A parte l’insolenza di un’affermazione del genere, rivolta a una minore senza colpa, che ne porterà il ricordo per tutta la vita, l’affermazione è semplicemente falsa. Vienna non sarebbe quella di una volta, ma più povera, con una popolazione ridotta a quella che aveva mezzo secolo fa, soltanto drammaticamente invecchiata.

NELLA FOTO. In Carinzia la Camera dell’economia (Wirtschaftskammer) ha comunicato che vi sono attualmente 6.000 posti scoperti. Alcune aziende hanno stanziato incentivi per richiamare al lavoro i dipendenti in pensione.

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