Domenica 2 Giugno 2024

20.04.05 Sebastian Kurz e Werner KoglerIl cancelliere austriaco Sebastian Kurz e i suoi ministri non perdono occasione per raccomandare ai loro connazionali di rimanere a casa, di limitare gli spostamenti al necessario e di portare pazienza, perché la fine dell’emergenza è ancora lontana. Lo stesso capo dello Stato, Alexander Van der Bellen, si è affacciato alla tv l’altra sera, per rivolgere alla nazione un accorato appello a non mollare e a rispettare i vincoli imposti ai cittadini per contenere la diffusione del virus. Eppure si pensa già al dopo, quando bisognerà rimettere in moto l’economia.

Il governo austriaco aveva già varato nei giorni scorsi due pacchetti di provvedimenti, con interventi per 38 miliardi, che sono una somma enorme per un Paese sette volte più piccolo dell’Italia. Venerdì è stato portato al voto del Parlamento un terzo pacchetto, che dispone l’erogazione di 15 miliardi (compresi nei 38 già deliberati), in soccorso a tutte le aziende che hanno dovuto interrompere l’attività e che ora rischiano di fallire.

Abbiamo detto che questa serie di nuovi provvedimenti è stata portata al voto e non all’esame del Parlamento, perché i deputati si sono trovati di fronte a una scatola chiusa. Prendere o lasciare, senza possibilità di parlarne. L’emergenza a volte giustifica modalità legislative di questa natura, dovute all’urgenza. È la ragione per cui i primi due pacchetti erano stati approvati senza discutere e all’unanimità.

Questa volta è andata in modo diverso. In presenza un’epidemia che continua a mietere vittime l’urgenza c’è sempre, ma la natura dei provvedimenti da adottare avrebbe giustificato un confronto con i gruppi parlamentari. L’atteggiamento responsabile finora manifestato dai partiti di opposizione avrebbe garantito un dibattito serio, senza ostruzionismi e senza diluvi di emendamenti.

Il governo Kurz, invece, ha preferito andare per le spicce, preferendo un pacchetto chiavi in mano. Così per la prima volta in questa emergenza lo spirito unitario è venuto meno. Dei tre partiti di opposizione, quello socialdemocratico (Spö) ha votato a favore, mentre l’Fpö (estrema destra sovranista) e Neos (partito conservatore-liberale) hanno votato contro. Né potevano fare diversamente, perché, se avessero votato a favore, non avrebbero più potuto muovere obiezioni, quando tra qualche mese sarà finita l’emergenza e si giudicheranno le misure economiche decise oggi.

Stiamo parlando di finanziamenti alle imprese in difficoltà, in forma di garanzie sui loro crediti, ma anche di contributi a fondo perduto, che potranno essere richiesti fin dal prossimo 8 aprile. Vediamole più in dettaglio, incominciando dai crediti di esercizio. Le aziende che a causa della sospensione o riduzione dell’attività hanno subito perdite superiori al 40% del loro fatturato potranno ottenere crediti quinquennali (rinnovabili per ulteriori 5 anni), con garanzia dello Stato per il 90% del loro importo. La banca di riferimento si assumerà il rischio per il restante 10%. Il tasso di interesse sarà dell’1%, più una commissione variabile dallo 0,25 al 2,0%. Il finanziamento garantito non potrà superare il fatturato di tre mensilità o i 120 milioni di euro.

Il pacchetto prevede anche contributi a fondo perduto, per coprire costi fissi e merce di magazzino il cui valore si è azzerato. Rientrano in questo intervento canoni di affitto, luce, gas, internet, interessi passivi, rate di leasing, così come merce invendibile o deperibile. Anche una parte dei crediti potranno essere trasformati in contributi. Ne possono beneficiare anche imprenditori che non necessitano di crediti. La registrazione delle richieste potrà essere fatta dopo il 15 aprile e sino alla fine dell’anno.

La dimensione dei contributi dipende dall’ammontare delle perdite, ancora difficile da calcolare, perché si sa da quando si comincia (16 marzo), ma non si sa ancora quando si finisce. Tutto dipende da quando il venir meno dell’epidemia consentirà alle aziende la ripresa dell’attività. I criteri tuttavia sono già contenuti nel pacchetto: per perdite del fatturato dal 40 al 60% sarà rimborsato il 25% dei costi fissi; per perdite dal 60 all’80%, sarà rimborsato il 50%; per perdite superiori, il rimborso sarà del 90%. Tutto esente da imposta.

Questa forma di aiuto pubblico sarà erogata anche ad aziende costrette a licenziare i propri dipendenti. Ma a quelle con più di 250 lavoratori, che peraltro rappresentano una minoranza, i soldi arriveranno soltanto se non avranno licenziato nessuno e contenuto le perdite con l’adozione del part time.

Un’altra condizione riguarda i dividendi e i premi di produzione. Gli azionisti di aziende beneficiarie dell’aiuto pubblico dovranno rinunciare alla distribuzione di dividenti nell’intero periodo che va dal 16 marzo scorso al 16 marzo del prossimo anno. Anche i premi di produzione ai dirigenti dovranno essere inferiori almeno alla metà di quelli erogati lo scorso anno.

Ci sono poi i crediti al consumo o alle piccole aziende accesi prima del 15 marzo e in scadenza tra il 1. aprile e il 30 giugno. Il loro ammortamento, compreso il pagamento degli interessi, potrà essere ritardato di tre mesi, se per il debitore l’esborso, a causa del Coronavirus, comporterà un “non tollerabile abbassamento del tenore di vita suo e delle persone aventi diritto al suo mantenimento”.

Per le situazioni di disagio sociale causate dall’epidemia – riferite in questo caso alle singole persone, non ad aziende – già con i precedenti pacchetti d’emergenza erano stati stanziati 2 miliardi. Fino a venerdì erano stata presentate 112.000 domande, 90% delle quali sono state accolte, con erogazione di aiuti per 100 milioni di euro.

Non rientra nei provvedimenti già approvati, ma sarà inserito in un pacchetto in preparazione per la prossima settimana un programma di aiuti per le start-up. Sono aziende appena avviate, che potrebbero uscire decimate dall’emergenza virus. L’intervento dello Stato dovrebbe impedire una loro ecatombe.

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CORONAVIRUS CON IL SENNO DI PRIMA

Il 5 febbraio scorso – oggi, due mesi fa – l’Austria si trova a dover fare i conti con molti sospetti contagi, che poi risulteranno normali influenze. Si segnala un uomo di 31 anni ricoverato alla Clinica universitaria di Salisburgo, dopo il rientro dalla Thailandia attraverso la Nuova Zelanda. In Carinzia c’è un altro caso sospetto a Villaco e ci sono altri due nel mandamento di Klagenfurt. Cessato allarme a Kufstein, in Tirolo, per sei persone rientrate tutte dalla Cina con sintomi febbrili.

Intanto, però, le preoccupazioni maggiori vengono dal settore industriale. Anche in Austria molte aziende lavorano con la Cina, che ormai è la seconda potenza economica del mondo. Robert Kanduth, per esempio, produce pannelli fotovoltaici a St. Veit an der Glan, in Carinzia, ma gli elementi che la sua azienda assembla arrivavano dalla Cina. Ora non più. “Se va avanti così – osserva Meinrad Höfferer, della Camera dell’economia – avremo dei problemi”. Non lo sfiora nemmeno il timore che tra due settimane quello dei rifornimenti dalla Cina sarà il problema minore.

 

NELLA FOTO, il cancelliere Sebastian Kurz e il vicecancelliere Werner Kogler alla conferenza stampa di venerdì, in cui hanno presentato il terzo pacchetto di misure predisposte per l’economia austriaca. Va osservato che si tratta di una tele-conferenza, senza la presenza fisica di giornalisti, salvo alcuni tecnici e fotografi.

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