Sabato 18 Maggio 2024

IVDISKUSSION1L’”Economic Survey 2013” dell’Ocse, nelle pagine riferite all’Austria, osserva che anche durante la crisi il Paese ”ha goduto di performance” economiche di alto livello, ”mantenendo bassa la disoccupazione e il Pil in crescita, bassi livelli di disuguaglianza e alti standard di vita”. In tutti questi anni – sono dati che riprendiamo da altre fonti – la disoccupazione è stata la più bassa in Europa (quest’anno salirà di 4 decimi di punto al 4,7%), mentre per quanto riguarda il Prodotto interno lordo pro capite l’Austria si colloca fra il secondo e terzo posto nella classifica dei Paesi più ricchi. Il Pil quest’anno scenderà rispetto al 2012, ma sarà comunque positivo (+0,6%). Visti dall’Italia questi dati fanno impressione, ai limiti dell’invidia. La nostra disoccupazione è salita al 12,2%, mentre il Pil sta precipitando sotto lo zero, per non parlare delle aziende che chiudono, del debito pubblico che sale e di altro ancora.

 

Gli austriaci dovrebbero essere più che soddisfatti della loro condizione, ma non lo sono. Evidentemente, tutto è relativo. Nel lessico politico la parola “crisi” ritorna spesso. Il nuovo governo della Carinzia si è posto l’obiettivo di combattere la “tripla A”, che non è la patente di affidabilità finanziaria conferita dalle agenzie di rating, ma l’iniziale di Arbeitlosigkeit (disoccupazione), Armut (povertà) Abwanderung (emigrazione). Heinz-Christian Strache, leader del partito liberalnazionale, propone addirittura l’uscita dall’Unione Europea e l’abbandono dell’euro, da sostituire al più presto con il vecchio scellino o eventualmente con una moneta comune a Germania e Olanda. Populismo puro. Siamo nella ricca Austria e si parla come se ci trovassimo in Grecia.

 

Non sempre il dibattito sull’economia austriaca è a questi livelli. Se n’è avuto prova in una recente tavola rotonda indetta dall’Industrielle Vereinigung (l’associazione degli industriali della Carinzia) nella sede della Philips di Klagenfurt. Anche qui il tema è stato la crisi e gli strumenti per uscirne, ma senza vaneggiamenti in chiave populista e antieuropea.

 

 Alla “tripla A” del governo Kaiser è stata contrapposta la “tripla I”, che ripropone obiettivi sempre cari agli industriali carinziani, sia sotto la nuova presidenza di Christopf Kulterer, che sotto la precedente di Otmar Petschnig: “I” come Investition (in strutture e capitale umano), come Innovation e come Internationalität. Le parole della lingua tedesca non hanno bisogno di traduzione e conservano la “I” iniziale anche nella nostra lingua. Dobbiamo investire – ha affermato Kulterer – là dove ci si aspetta la crescita maggiore e dove si possono rafforzare le risorse messe a disposizione dal Land, dal governo federale e dall’Ue.

 

Sono necessarie inoltre misure a costo zero, come la riforma della normativa edilizia o la maggiore efficienza dell’amministrazione pubblica. Pensate un po’! Le nostre aziende guardano con interesse all’Austria, invidiandone la burocrazia che funziona, mentre gli industriali austriaci se ne lamentano, perché la vorrebbero ancor più efficiente.

 

Ugualmente importanti per l’associazione degli industriale sono gli investimenti nel capitale umano, nella formazione, nell’innovazione. Kulterer ha proposto un monitoraggio delle imprese, che consenta una valutazione oggettiva del loro successo. I parametri dei livelli di occupazione e le curve di crescita del fatturato e degli utili non bastano più. Andrebbero prese in considerazione le aziende che producono più brevetti o quelle che esportano di più, perché il futuro della produzione e dell’economia è legato a questi fattori.

 

Birgit Rumpf-Pukelsheim, giornalista dell’Orf, ha chiesto ai partecipanti quale fosse la chiave per uscire dalla crisi. Le risposte sono state differenti. Monika Kircher, la donna che guida l’Infineon di Villach, leader mondiale nella produzione di semiconduttori, ha menzionato gli investimenti fatti dalle imprese già operanti in Carinzia. La sua, per esempio, negli ultimi due anni ha investito 500 milioni, creando fra i 400 e i 500 nuovi posti di lavoro. Ne hanno beneficiato soprattutto imprese locali.

 

 Ma per investire – ha osservato Hans Schönegger, direttore della holding del Land – occorre un nuovo clima culturale, che stimoli lo spirito imprenditoriale. Bisogna cambiare le teste della gente, a cominciare da quelle dei genitori, che dovrebbero stimolare nei figli il rischio d’impresa, anziché abituarli a vivere in una “società dove tutto è garantito”. Schönegger ha menzionato le risorse del Wirtschaftsförderungsfonds (organismo pubblico che interviene finanziariamente nel capitale delle imprese, simile alla nostra Friulia). “Quest’anno – ha osservato – abbiamo a disposizione 43 milioni di euro, ma dove sono i buoni progetti?”.

 

Gli aspetti della formazione sono stati messi in luce da Erich Schwarz, preside della facoltà di economia dell’Università di Klagenfurt. Il suo corso di studi sulla creazione di imprese ha un largo seguito. Inoltre il Build-Gründerzentrum, una sorta di incubatore di imprese istituito in ambito universitario, ha creato 70 nuove aziende con oltre 300 posti di lavoro. Il rammarico di Schwarz è che molti, troppi carinziani vadano a studiare in altri Länder e vi rimangano dopo la laurea. Insomma, una “fuga di cervelli” interna all’Austria. La strategia da seguire per arginare il fenomeno, a suo avviso, sarebbe quella di predisporre a Klagenfurt corsi di laurea che prevedano un terzo del tempo di studio in patria e gli altri due terzi all’estero. In questo modo gli studenti acquisirebbero un’esperienza internazionale, rimanendo però sempre legati ai centri di ricerca carinziani da cui erano partiti. 

 

Nella foto, i partecipanti al dibattito organizzato dagli industriali della Carinzia.

 

   [Questo articolo è stato pubblicato anche nel mensile “Realtà Industriale” di Confindustria Udine]

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