Sabato 18 Maggio 2024

13.09.29 17 Vienna, manifesti elettoraliEppur si muove. Lo scenario politico austriaco, dopo le elezioni di ieri per il rinnovo del Parlamento, sembra immobile, ma l’apparenza inganna. I risultati dei primi exit poll sono stati accolti con giubilo dal pubblico riunito sotto i tendoni che ciascuno dei due maggiori partiti – l’Spö (socialdemocratici) e l’Övp (popolari) – avevano eretto davanti alle loro sedi, a qualche centinaio di metri l’uno dall’altro. Eppure non ci sarebbe stato nulla per cui gioire. L’Spö è rimasto, è vero, il primo partito e l’Övp gli viene al seguito, al secondo posto. Insieme probabilmente ricostituiranno la “Grosse Koalition”, ma entrambi hanno perso oltre due punti percentuali, scendendo così al loro minimo storico dal dopoguerra. Più che per gioire ci sarebbero buone ragioni per piangere.

 

I tempi in cui socialdemocratici e popolari monopolizzavano il quadro politico austriaco, superando insieme l’80% dei consensi, sono ormai acqua passata. Forse per questo l’ingresso sotto il tendone dell’Övp del vecchio Alois Mock – l’uomo che da ministro degli esteri aveva portato convintamente l’Austria nell’Unione Europea e che ora è costretto alla sedia a rotelle semiparalizzato dal Parkinson – è stato accolto con un applauso di una decina di minuti: un omaggio al vecchio leader ammalato, ma anche tanta nostalgia per altri tempi, quando l’Övp era ancora un grande partito.

 

La riedizione della coalizione Spö-Övp, del resto, è legata a un filo. Insieme i due partiti superano di un pelo la metà dei seggi in Parlamento e potrebbero bastare pochi voti (per esempio quelli inviati per posta che saranno conteggiati oggi e domani), per non farcela e rendere necessaria un’altra soluzione. A rubare loro i consensi non sono stati solo i tradizionali avversari liberalnazionali e verdi, ma anche i nuovi movimenti affacciatisi in queste elezioni sulla scena e che faranno salire a sei il numero dei gruppi presenti nel futuro Parlamento. Una frammentazione partitica che spaventa un po’ i cittadini austriaci e che qualche giornale di qui ha definito come “itialienische Verhältnisse” (“proporzioni italiane”), con riferimento alla proliferazione delle liste. Chi paragona le sei liste del nuovo Parlamento austriaco con quelle del Parlamento italiano non sa evidentemente di che cosa parla.

 

Vediamole, dunque, queste liste, cominciando dai già citati Spö con il 27,1% (-2,2, 53 seggi dei 183 del Parlamento) e Övp con il 23,8% (-2,2%,46 seggi). Seguono Fpö con il 21,4% (+3,9%, 42 seggi), i Verdi con l’11,5% (+1,0, 22 seggi) e le due liste che si sono presentate per la prima volta a queste elezioni: il Team Stronach del miliardario austro-canadese Frank Stronach con il 5,8% (11 seggi) e Neos (“das neue Österreich”) con il 4,8 (9 seggi). Non ha superato lo sbarramento del 4%, fermandosi al 3,6% (-7,1) il Bzö, partito fondato da Jörg Haider nel 2005, che dopo la morte del suo leader e soprattutto dopo gli scandali che hanno coinvolto i suoi successori in Carinzia era predestinato a scomparire.

 

Il successo maggiore, come si vede, lo ha ottenuto l’Fpö, il partito liberalnazionale della destra austriaca, che ha guadagnato quasi 4 punti percentuali, con risultati ancora più sorprendenti in alcune circoscrizioni elettorali (a Graz, per esempio, è da ieri il primo partito, cosa mai accaduta finora in nessuna grande città austriaca). L’ingresso del suo leader Heinz-Christian Strache sotto il tendone del partito (anche questo montato a pochi metri di distanza da quelli dell’Övp e dell’Spö) è stato salutato con un ovazione, ma si è trattato di un entusiasmo contenuto. Un anno fa i sondaggi davano l’Fpö al secondo posto e in rapido avvicinamento all’Spö, tanto da far ritenere che all’appuntamento di ieri potesse diventare addirittura il primo partito e pretendere la poltrona di cancelliere.

 

A rompere le uova nel paniere è stato l’ingresso sulla scena di Frank Stronach, che ha condotto la sua campagna contro l’Ue, contro l’euro, contro gli apparati partitici, pescando così nello stesso bacino di elettori dell’Fpö. Per uno che ha speso di suo nella campagna elettorale 25 milioni di euro un risultato del 5,8 può considerarsi modesto, ma sono voti sottratti tutti all’Fpö.

 

Da segnalare infine la novità dei Neos, movimento costituito soltanto pochi mesi fa, per aggregare le forze liberali e moderate, che non si ritrovavano né nell’Fpö, inquinato da frange nazionaliste o addirittura neonaziste, e neppure nell’Övp, paralizzato dai suoi conflitti interni. Per una forza politica appena nata, priva dei mezzi finanziari di uno Stronach e mai comparsa nelle tribune in tv (riservate ai partiti già presenti in Parlamento), il 4,8% ottenuto costituisce un indubbio successo. Se sono rose, fioriranno.

 

Nella foto, manifesti elettorali affissi nel centro di Vienna. In basso i cassonetti dei rifiuti in cui finiranno tra poco.

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