Domenica 19 Maggio 2024

11.07.22 Kelag726apaeggiDopo Fukushima nulla è più come una volta. La Germania ha deciso di chiudere entro il 2022 tutte le sue centrali nucleari. Il governo italiano ha messo in quarantena il suo programma in questo settore, mentre a metà giugno si è tenuto un referendum con il risultato che conosciamo.

E in Austria? In Austria apparentemente non dovrebbe essere cambiato nulla. Anche questo Paese, come l’Italia, aveva rinunciato al nucleare, dopo un referendum nel 1987 vinto di stretta misura (50,47%) dai contrari, ma, a differenza dell’Italia, qui nel tempo la diffidenza nei confronti dell’atomo è cresciuta, al punto che oggi ormai nessuna forza politica, né di destra, né di sinistra, si sognerebbe di riaccendere la centrale di Zwentendorf spenta 33 anni fa o di costruirne di nuove. Semmai periodicamente si levano proteste nei confronti dei Paesi confinanti che possiedono centrali nucleari, come la Cechia o la Slovenia (per la Croazia la Carinzia chiede addirittura che l’ingresso nell’Ue sia subordinato allo spegnimento della centrale di Krsko, di cui è comproprietaria a metà), o che vorrebbero installarle.

Eppure anche l’Austria è un consumatore di energia elettrica prodotta da centrali nucleari, benché non se ne parli volentieri. Questa dipendenza dall’atomo è venuta alla luce proprio in seguito all’incidente di Fukushima, che ha stimolato la stampa a verificare la provenienza della corrente elettrica che permette al Paese di funzionare e di illuminarsi. Il risultato è sorprendente: il 17,5% per cento dell’energia consumata in Austria viene importata e un terzo di essa è prodotto da centrali nucleari.

Questi dati emergono dal rapporto annuale pubblicato da Energie Control, società di diritto pubblico costituita appositamente per fare chiarezza in un mercato dell’energia diventato sempre più opaco dopo le liberalizzazioni. Dal documento appena pubblicato, riferito al 2010, risultano consumati in Austria complessivamente 53.302 gigawattora di corrente o, per usare un linguaggio più familiare, 53 miliardi di kilowattora. Quasi due terzi (62,1%) risulta provenire da fonti rinnovabili (acqua, vento, sole); il 20,1% è prodotto dalla combustione di materiali fossili (petrolio, gas, carbone, biomasse). Alla voce “Atomstrom” (energia nucleare) il rapporto di Energie Control scrive: zero.

E allora, dove sta il problema? Sta nella voce “Importierte Mix-Strom” (corrente mista importata), che indica l’energia non prodotta in casa, ma importata dal altri Paesi. È qui che appare il valore 17,5 che abbiamo indicato sopra e che deriva da un “mix” di fonti energetiche: quelle derivanti dalla combustione di materie fossili fa la parte del leone (50%), centrali idroelettriche 12%, energie rinnovabili 6,8, mentre dalle centrali nucleari proviene il 29%. In altre parole, l’Austria non produce energia nucleare, avendo bocciato le centrali, ma ne consuma.

Ne consuma peraltro molto di più di quanto appaia dal documento ufficiale di Energie Control appena citato, che, nel rispetto di una direttiva dell’Unione Europea, non dice da dove provenga tutta l’energia elettrica importata, ma solo quella destinata all’utente finale. Qui il meccanismo si fa complicato, ma, per spiegare come mai l’Austria importi più energia nucleare di quanta poi risulti dai rapporti ufficiali può essere utile un esempio.

Prendiamo i bacini idroelettrici: producono energia attraverso la caduta dell’acqua che muove le turbine. Ma di notte, quando il consumo degli utenti (soprattutto dell’industria) cala, l’energia può essere utilizzata per riportare l’acqua nei bacini (quindi un percorso in salita), perché il giorno dopo sia fatta ricadere una seconda volta verso le turbine. L’energia spesa per questo fatica di Sisifo non è destinata dunque all’utente finale, ma alla stessa società che produce l’energia elettrica e quindi non appare nel conto finale pubblicato da Energie Control. È in questa fase del processo di produzione che si cela un import ben maggiore di energia prodotta da centrali nucleari: le centrali idroelettriche austriache, che assicurano al Paese il 62,1% del suo fabbisogno energetico, si servono di notte di energia nucleare, meno costosa, per “ricaricare” i loro bacini. Se teniamo conto anche di essa allora risulta che ben il 15% dell’energia elettrica consumata in Austria proviene dall’atomo.

Il fenomeno riguarda tutte le società che operano in Austria, a cominciare dalla MyElectric di Vienna, che produce in proprio solo il 16% di elettricità e tutto il resto lo importa (con il risultato finale che un quarto del suo fatturato di vendita ha origini nucleari), per finire con la Kelag della Carinzia, che importa metà dell’energia. Questo significa che un sesto dell’elettricità venduta da Kelag è prodotta in centrali nucleari. Nessuna meraviglia: un tempo la società apparteneva al Land; poi Haider, per riempire le casse che lui aveva svuotato, decise di vendere il 49% del capitale alla Rwe tedesca. La quale, si sa, è produttrice di energia nucleare.

[Questo articolo è apparso anche nella rivista mensile “Realtà industriale”]

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