Domenica 2 Giugno 2024

14.03.18 Gavrilo Princip - CopiaA cento anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale si moltiplicano le uscite di nuovi libri dedicati a quell’evento. Ciò accade soprattutto in Austria, che entrò in guerra già nel 1914 (e con lei anche i cittadini di Trento, Trieste, Gorizia che allora facevano ancora parte dell’impero absburgico). Un po’ meno in Italia, coinvolta nella guerra soltanto l’anno dopo, quando decise di punto in bianco e senza preavviso di schierarsi contro i suoi alleati, a fianco di Francia e Gran Bretagna.

 

I nuovi libri indagano sulle cause, sullo svolgimento del conflitto e su quel che accadde dopo, trascurando quasi sempre una curiosa circostanza: fino all’ultimatum dell’Austria alla Serbia e fino alla dichiarazione di guerra, quasi nessuno a Vienna e nelle province dell’impero ebbe l’impressione di trovarsi alla vigilia di un conflitto catastrofico che avrebbe portato al crollo di un impero secolare. Questa circostanza la si avverte invece con chiarezza dalla lettura del settimanale “Profil”, che da qualche tempo dedica in ogni suo numero una pagina alla vita quotidiana dei sudditi di Francesco Giuseppe, attingendo ai fatti di cronaca della stampa di allora.

 

La pagina ha un’intestazione: “Il conto alla rovescia fino alla guerra”. Ed è effettivamente un conto alla rovescia, perché in calce alla pagina viene indicato il numero delle settimane che mancano fino al 28 luglio, primo giorno di combattimenti. Ogni settimana una unità in meno. A raccogliere questi frammenti di inconsapevole vigilia è Herbert Lackner, firma storica di “Profil”, che attinge a giornali e a documenti dell’epoca.

 

Nella pagina apparsa nell’ultimo numero, per esempio, si dà notizia dell’entusiasmo con cui il pubblico segue lo sviluppo della nascente aviazione. Il centro di sperimentazione e di esibizione è il campo di volo di Aspern, alla periferia di Vienna, dove oggi sta sorgendo il nuovo quartiere chiamato “Seestadt”. Cento anni fa quell’area allora in aperta campagna è teatro di una tragedia che scuote gli abitanti della capitale. Il tenente colonnello Elsner e un certo Scherer (definito macchinista di treno) sono in volo su un aereo biposto. Raggiunta un’altezza di 300 metri un’ala si spezza e l’apparecchio precipita al suolo. Muoiono entrambi sul colpo.

 

Tragedie dovute a inconvenienti dei nuovi prodigi della tecnica aviatoria e tragedie dovute alla miseria. A Sollenau, in Bassa Austria, la fabbrica chimica Fritz & Sachse licenzia il suo operaio Josef Stipnowski. Alla disoccupazione si aggiunge lo sfratto dall’abitazione, dove viveva con la moglie gravemente ammalata e con cinque figli, uno dei quali cieco. All’arrivo dell’ufficiale giudiziario per l’esecuzione dello sfratto, l’operaio disperato si pianta un coltello nel cuore e muore all’istante.

 

Un’altra storia di disperazione nelle settimane che precedono la guerra, questa volta al Prater di Vienna. Una mamma di 25 anni avvelena la figlioletta di 4 e poi si toglie la vita con lo stesso veleno.

 

Cento anni fa, come anche oggi, una delle conseguenze della miseria è l’emigrazione, ma i flussi sono diversi. Gli Usa pubblicano le statistiche degli stranieri sbarcati nel “nuovo mondo” nel 1913. Complessivamente sono 1 milione 973 mila 893 (un milione novecentosettantatremila ottocentonavantatrè). Circa 291.000 provengono dalla Russia, 265.000 dall’Italia, 255.000 dall’Austria-Ungheria. Hanno intrapreso un viaggio periglioso verso l’ignoto, come tanti disperati che oggi, in numero infinitamente minore, approdano a Lampedusa, e non sanno che proprio quell’avventura oltre l’Atlantico ha risparmiato loro l’inutile strage che di lì a poche settimane avrebbe sconvolto il “vecchio mondo”.

 

Un’ultima notizia di cento anni fa ci giunge da Belgrado. Lo studente Gavrilo Princip ha preso alloggio in una modesta pensione. È giunto lì dalla Bosnia perché vuole sostenere gli esami per l’ammissione alla sesta classe ginnasiale. In una birreria incontra l’amico Nedeljko Cabrinovic, studente come Princip, ma anche lavorante in una tipografia. Cabrinovic mostra a Princip una busta che ha appena ricevuto per posta da Saraievo, contiene un ritaglio di giornale con la notizia che in giugno l’erede al trono Francesco Ferdinando assisterà in Bosnia alle manovre militari.

 

Fino a quel giorno Gabrilo Princip sa poco o nulla di Francesco Ferdinando, ma il 28 giugno lo attenderà al varco per le vie di Saraievo, uccidendo lui e la moglie con un colpo di pistola, offrendo così il pretesto, senza ben rendersene conto, per accendere la miccia sotto la polveriera dell’Europa.

 

Nella foto, Gavrilo Princip, l’attentatore di Saraievo.

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