I Verdi austriaci hanno una particolare vocazione al suicidio. Suicidio politico, ovviamente. La stessa denominazione del partito la dice lunga in proposito: Die Grünen-Die Grüne Alternative. Un partito con due nomi associati, che rivelano un passato di lotte intestine, fin dall’inizio, nel 1983, quando per la prima volta si presentarono separatamente e in concorrenza tra loro alle elezioni politiche, senza che nessuna delle due liste riuscisse a superare la soglia d’ingresso in Parlamento.
Sfidando il senso del ridicolo, una delle due liste aveva scelto per sé il nome di “Vereinigten Grünen Österreichs” (Verdi riuniti d’Austria), svelando in tal modo che non solo le liste erano due, ma una delle due era nata ricucendo insieme frammenti del mondo ambientalista che fino ad allora erano stati litigiosamente separati.
Poi le cose cominciarono ad andar meglio, finché nel 2017 si registra un nuovo intoppo. Alle elezioni di quell’anno il Verdi vanno al voto senza una “ruota”, quella di Peter Pilz, un loro esponente di spicco, che se ne va sbattendo la porta e forma un nuovo partito personale, la “Liste Pilz”, che supera la soglia del 4% ed entra in Parlamento, mentre i Verdi, per quanto “riuniti” se ne restano fuori. Un suicidio annunciato.
Oggi, vigilia delle elezioni europee (e di quelle politiche che si terranno in settembre), assistiamo a un nuovo tentato suicidio. I Verdi austriaci, che continuano a presentarsi con quel nome complicato che abbiamo menzionato sopra, devono scegliere lo “Spitzenkandidat”, il candidato che sarà in testa alla lista e che, ad elezione avvenuta, diventerà capogruppo all’Europarlamento. E che fanno? Scelgono un “Quereinsteiger”, ovvero una persona al di fuori del partito, che però dovrebbe costituire un forte richiamo di voti. Un po’ come ha fatto la Lega con il generale Roberto Vannacci, candidato da Salvini non come capolista, ma comunque in una posizione in lista che ne assicuri l’elezione.
La scelta cade su Lena Schilling (nella foto), una ambientalista di soli 22 anni, che da qualche tempo si era fatta notare nel movimento “Fridays for Future”, chiamata a parlare accanto al Capo dello Stato e al cancelliere a un’assemblea della lega dei Comuni, battagliera nell’occupazione del cantiere del Lobautunnel (una galleria di 8 chilometri, che dovrebbe alleggerire il traffico alla periferia di Vienna) e di molte altre iniziative, autrice di una rubrica settimanale sul diffusissimo quotidiano popolare “Kronen Zeitung”.
Schilling è giovane, bella, simpatica, oratrice di talento. Non è iscritta al partito dei Verdi, ma ne condivide gli obiettivi. Potrebbe diventare una calamita di voti tra i giovani, per una forza politica che era giovane alle origini, ma che ora è composta da dirigenti in prevalenza canuti. Nei Verdi le designazioni non cadono dall’alto, come in altri partiti. Qui vige la democrazia sostanziale: la formazione delle liste elettorali vengono votate dall’assemblea degli iscritti, candidato per candidato, con una sola regola: se il primo è donna, il secondo sarà uomo, il terzo donna e via alternando. La candidatura a capolista di Lena Schilling viene approvata dal 96,6% dei votanti.
Fatta la lista, si affacciano subito impreviste complicazioni. Ai primi di questo mese il quotidiano Der Standard rivela che Schilling avrebbe falsamente sparso la voce che l’ex amica Veronika Bohrn Mena, moglie del giornalista Sebastian Bohrn Mena, avrebbe abortito in seguito a violenze domestiche. La calunnia si diffonde al punto che i coniugi Bohrn Mena si vedono costretti a rivolgersi al giudice per costringere Schilling a sottoscrivere un impegno a non spargere più in giro false voci. Non basta, promuovono anche un’azione civile, per obbligare la ragazza a ritrattare pubblicamente le insinuazioni.
Per i Verdi, che avevano puntato su Lena Schilling, sicuri che fosse un cavallo vincente, il peggio però deve ancora venire. Si scopre poco dopo che la giovane aveva sparlato di un giornalista, da cui, a suo dire, avrebbe subito molestie. L’uomo si trova nei guai e l’azienda per cui lavora dispone un’inchiesta interna, da cui risulta che la storia è completamente inventata. Come risultano completamente inventate le storie di una relazione che Schilling dichiara di aver avuto con un altro giornalista televisivo e quelle che lo stesso giornalista avrebbe avuto con altre esponenti dei Verdi.
Questi episodi rientrano nella sfera privata e non dovrebbero avere rilevanza politica, ma rivelano una singolare propensione della candidata di punta dei Verdi alla menzogna. Quando la stampa austriaca ha incominciato a riferirne, è tornato alla memoria un episodio dell’ottobre scorso. Il deputato verde Clemens Stammler era stato costretto a dimettersi, dopo che, in stato di ubriachezza, aveva quasi strangolato un giornalista, che era venuto in soccorso di una giovane donna, ritenendo che il parlamentare la stesse molestando. Stammler si era dimesso, ma non aveva risparmiato critiche al suo partito, che non si era preoccupato di chiarire se quell’accusa di molestie fosse fondata. L’unica preoccupazione era stata di tacere il nome della presunta “molestata”, che era stata semplicemente definita come una “lavoratrice di una ong”. Ora sappiamo che la donna in questione era Lena Schilling.
Da qui al giorno delle elezioni ne vedremo delle belle, perché le nuove “rivelazioni” sono ormai quotidiane. Una di queste, pubblicata tre giorni fa da Der Standard e da Der Spiegel, riferisce di dichiarazioni rilasciate da Schilling ad alcune persone della sua cerchia, secondo le quali sarebbe stata sua intenzione, una volta eletta a Bruxelles, di lasciare i Verdi e di passare al gruppo della sinistra. Schilling ha immediatamente smentito i due giornali, ma come credere a una persona che ha una propensione, come dire, naturale a mentire? Per essere convincente, la capolista del Verdi, ma non iscritta ai verdi, ha annunciato di voler prendere la tessera del partito.
È evidente che di fronte a una situazione del genere, che rischia di compromettere il voto di giugno, i Verdi sono in stato confusionale e non sanno come porvi rimedio. Per ora lo stato maggiore del partito ha reagito facendo quadrato attorno alla loro giovane candidata. Ha convocato più conferenze stampa per dire sempre le stesse cose e accusare di un complotto, ordito non si sa bene da chi, per danneggiare i Verdi. D’altronde non ci sono altre vie d’uscita, perché la legge elettorale non consente di cambiare i candidati in corsa.
I sondaggi danno in lieve calo i Verdi (dal 14% di marzo all’11% di maggio), ma c’è ancora tempo per peggiorare.
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