Sabato 18 Maggio 2024

Si aggiunge un nuovo capitolo al drammatico romanzo fallimentare di Signa Holding, dell’immobiliarista René Benko. La Repubblica austriaca ha presentato istanza di insolvenza nei suoi confronti. In realtà lo ha fatto la Finanzprokuratur, organo del Ministero delle Finanze, con funzioni di consulenza e rappresentanza legale degli interessi dello Stato. Ma dire che l’istanza è stata presentata dalla Repubblica austriaca – come hanno fatto quest’oggi tutti i giornali nelle loro pagine online – fa un diverso effetto.

Finora il procedimento concorsuale – in quello che si profila come il più grande fallimento di una società austriaca nel dopoguerra, con un passivo di 10,8 miliardi – era stato avviato nei confronti della holding e poi di alcune delle società controllate, con un effetto domino che ormai ci riesce difficile da seguire. Questa volta, invece, l’azione è diretta contro Benko in persona.

Di che si tratta? Nell’avvio del piano di risanamento del gruppo (proposto in origine per ottenere un’amministrazione autogestita del patrimonio, senza arrivare subito al fallimento), Benko avrebbe dovuto versare a titolo di garanzia 3 milioni e non lo ha fatto. Lo stesso Benko, inoltre, non sembra in grado di saldare i debiti pregressi che ha con il fisco, tanto che i suoi commercialisti avrebbero chiesto agli Uffici finanziari una dilazione. Sono tutti segnali che fanno insorgere il timore che il giovane imprenditore tirolese non sia più in grado di pagare. L’istanza di insolvenza si spiegherebbe così.

Ora il giudice per le cause di insolvenza del Tribunale di Innsbruck dovrà esaminare l’istanza e verificare se sia fondata. Convocherà le parti e lo stesso Benko, per esaminare le circostanze di fatto e la sua situazione patrimoniale. Se in quella sede il convenuto non risulterà in grado di assolvere alle sue obbligazioni, il giudice dichiarerà lo stato di insolvenza.

Sui creditori coinvolti – il più importante è appunto la Repubblica austriaca, che ha presentato l’istanza – non si sa molto, perché questo procedimento è di natura civile e non si celebra in udienze pubbliche. Sicuramente c’entrano in qualche modo le lunghe e complicate ispezioni fiscali, che, come alcuni ricorderanno, erano state anche argomento di conversazione negli ormai leggendari scambi di messaggi tra Benko e l’allora segretario generale del Ministero delle Finanze, Thomas Schmid (Schmid è a sua volta protagonista di una storia a parte, che non stiamo qui a ripetere; chi volesse leggere ciò che avevamo scritto a suo tempo su di lui potrà digitare il nome “Schmid” nella finestra di ricerca del blog).

Per quanto concerne i 3 milioni di garanzia che Benko avrebbe dovuto versare e che sono stati versati solo in parte, ne abbiamo notizia soltanto indirettamente dalla comunicazione fatta dall’amministratore del procedimento concorsuale in autogestione Christof Stapf all’inizio di questa settimana. Stapf ha riferito che una prima rata dei 3 milioni l’aveva versata lui stesso. Una seconda rata di 850.000 euro era stata versata l’8 gennaio con soldi di terze persone non identificate. La terza rata sarà pagata questa settimana e anch’essa con soldi di terzi sconosciuti.

Tre milioni di euro non sono bruscolini per un comune mortale, ma lo dovrebbero essere per chi ha giostrato finora con somme miliardarie. Il fatto che Benko non sia ora in grado di far fronte da solo a questo pagamento suscita molte illazioni. Soprattutto considerando che la holding in questo momento ha in cassa soltanto 6 milioni.

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