Sabato 18 Maggio 2024

10.07.27 finanzminister-josef-proellSiamo costretti a occuparci di nuovo di finanza pubblica austriaca, per ragioni che non occorre spiegare, tanto assomigliano a quelle italiane. Le misure che i governi europei sono stati costretti ad adottare – prima per il salvataggio delle banche e poi per quello dell’euro – hanno scardinato i loro bilanci, che del resto anche prima non erano del tutto in regola. I conti dello Stato austriaco si trovano in condizioni migliori dei nostri, soprattutto per quanto riguarda il debito pubblico, che quest’anno supererà il 70% del Pil (il nostro si aggira sul 120). Ma i problemi che il governo di Vienna deve affrontare sono del tutto simili ai nostri: trovare soldi e trovarli al più presto, per ridurre il deficit e rientrare nei parametri di Maastricht.

La differenza tra Italia e Austria – se una differenza la vogliamo individuare – sta soltanto nei tempi. Il ministro Tremonti ha anticipato una manovra finanziaria, che comunque era prevista più avanti. Il governo austriaco invece l’ha soltanto annunciata, rinviando ogni decisione all’autunno, vale a dire a dopo le elezioni regionali in Stiria e a Vienna. Le democrazie devono fare i conti con l’elettorato e nessuno dei due partiti di governo, Spö e Övp, ha il coraggio di decidere oggi tagli alla spesa o aumenti di tasse che potrebbero scontentare i suoi elettori. I quali elettori, peraltro, forse sono già scontenti per le anticipazioni sulla manovra che inevitabilmente circolano.

Nelle righe che seguono ne diamo conto. Non per correre dietro a delle voci, ma perché le ipotesi che si fanno sulla manovra prossima ventura vengono da fonti autorevoli dei due partiti di governo e dai più importanti istituti di ricerca economica austriaca, come il Wifo, le cui indicazioni e previsioni vanno sempre prese sul serio. Sono, inoltre, ipotesi che meritano attenzione, anche per l’utile confronto con le scelte che si stanno facendo nel nostro Paese.

La prima misura correttiva del deficit può considerarsi acquisita, almeno a livello politico. È quella tassa sulle banche di cui abbiamo già scritto in un precedente blog. Da allora non è stato deciso nulla circa le modalità di applicazione (sul volume di bilancio, sugli utili? soltanto sulle banche o anche sulle società di gestione di fondi e sulle assicurazioni? e con quale aliquota?), ma è opinione unanime che darà un gettito intorno ai 500 milioni all’anno. Una bella cifra, del tutto insufficiente però per raggiungere i 6 miliardi di risparmi che il ministro delle Finanze Josef Pröll ha promesso all’Unione europea di attuare entro il 2013, per poter far scendere il deficit di bilancio dal previsto 4,7 al 2,7%.

Il prelievo sulle banche, dunque, sarà soltanto il primo passo di un percorso che poi inevitabilmente dovrà toccare la riforma dell’amministrazione pubblica, il sistema sanitario e le pensioni. A parere degli economisti del Wifo e della Corte dei conti austriaca, una razionalizzazione dell’apparato pubblico (leggi: eliminazione dei numerosi doppioni esistenti in uno Stato federale) dovrebbe comportare a lungo termine un risparmio di 11 miliardi; a breve termine (2 anni) un risparmio di 600 milioni.

Altro risparmio potrebbe venire da un aggiustamento dei meccanismi di collocamento in pensione: per esempio, aumentando la trattenuta dal 10 al 12% sull’importo della pensione, per ogni anno di anticipo del pensionamento rispetto all’età prevista per legge (60 anni le donne, 65 gli uomini). I ferrovieri fanno un caso a parte: loro vanno in pensione a 52,4 anni e il ministro competente intenderebbe aumentare la soglia dell’uscita dal lavoro di un anno all’anno.

Un elemento di conflitto all’interno del governo si registra nel campo sociale. L’Övp vorrebbe razionalizzare il settore introducendo un “Transferkonto”, vale a dire un “conto” personale dal quale risultino tutte le agevolazioni di cui un cittadino beneficia. Spesso capita che la mano destra non sappia ciò che fa la sinistra, che una famiglia riceva aiuti dallo Stato e contemporaneamente anche dal Land o dal Comune (contributi di maternità, rimborso spese ai pendolari, borse di studi, assistenza domiciliare ecc.) e che altre famiglie, di un altro Land, siano trattate diversamente. Stiamo parlando, ovviamente, di persone in situazioni di disagio economico e il “Transferkonto” dovrebbe rispondere a un’esigenza di equità. L’Spö, invece, teme che sia soltanto uno stratagemma per far cassa ai danni dei ceti più deboli.

Più che tagliare nel campo sociale, i socialdemocratici punterebbero a colpire i patrimoni. La reintroduzione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni, abolita nel 2007 anche con il loro voto, porterebbe all’erario 150 milioni, cui si potrebbero aggiungere altri 350 milioni dalla reintroduzione dell’imposta sugli utili di borsa, nonché 500 milioni da una revisione dei redditi catastali.

E, poiché in Austria nessun politico ha ancora detto di “non voler mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, il discorso sul piano fiscale si allarga ad altre possibili imposte: sulla benzina (che ora costa meno che in Italia), sulla birra, sul vino, sulle sigarette. Soltanto l’imposta sul reddito delle persone fisiche non verrebbe toccata, anche perché è già ora altissima (più alta dell’Irpef in Italia) e perché un suo aumento avrebbe come conseguenza immediata una riduzione del potere di acquisto, un calo della domanda interna e, dunque, un ristagno dell’economia.

Quali di questi strumenti saranno impiegati e in che misura lo si saprà con certezza in autunno. Per ora il governo si è limitato a costituire un gruppo di lavoro, che, come si sa, è un modo elegante per rinviare le scelte. Il gruppo avrà tempo in tutti questi mesi di elaborare un piano di intervento che scontenti meno persone possibili e soprattutto che possa piacere a entrambi i partiti di governo.

Nella foto, il vicecancelliere e ministro delle finanze austriaco Josef Pröll.

Questo articolo è già stato pubblicato nella rivista mensile “Realtà industriale” di Udine.

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