Sabato 18 Maggio 2024

10.07.25 tasse_50814Lo chiamano il “tax freedom day”, il giorno della liberazione dalle tasse, quel momento dell’anno solare in cui si smette finalmente di lavorare per il fisco e si incomincia a lavorare per sé, per pagare l’affitto della casa, il mutuo, l’auto nuova, la vacanza e, naturalmente, tutto ciò che serve per vivere. Gli italiani, per esempio, hanno lavorato i primi 173 giorni di quest’anno per pagare tasse e contributi. La “liberazione” è arrivata il 23 giugno. Dal giorno successivo e fino al 31 dicembre tutto ciò che guadagneranno resterà nelle loro tasche.

Il “tax freedom day”, ovviamente, ha un valore soltanto simbolico: tutti i giorni il contribuente lavora e guadagna un po’ per sé e un altro po’ per l’Agenzia delle entrate. Ma dividere l’anno in due parti e simulare che nella prima tutto il reddito debba servire per pagare le tasse, aiuta a capire meglio quale sia la pressione fiscale. Che in Italia supera ormai il 47% e fa sì che “il giorno della liberazione dalle tasse” sia arrivato quest’anno il 23 giugno (mentre nel 1990 arrivava già l’8 giugno).

L’occasione per parlarne è data dal fatto che anche gli austriaci tra poco saranno “liberi” dalle tasse. Per loro il “tax freedom day” arriverà mercoledì 28 luglio, esattamente alle ore 16.53. Il calcolo lo ha fatto ieri l’Austrian economics center. Insomma, 37 giorni dopo gli italiani. Da non crederci! Non eravamo noi i più tassati in Europa e forse nel mondo? Non era l’Austria il Paese dove conviene andare a lavorare e trasferirvi la propria azienda perché l’erario è meno esoso?

Non è così. Siamo stati ingannati da un pregiudizio o dalla martellante campagna di qualche partito politico italiano che ha voluto farci credere di essere i più tartassati dal fisco. Gli austriaci lo sono di più. Lavorano i primi 210 giorni dell’anno soltanto per pagare le tasse: un mese e una settimana più dei contribuenti italiani. E anche per gli austriaci la situazione peggiora nel tempo. Anche senza che siano introdotte nuove tasse, il semplice meccanismo della progressività dell’imposizione fa sì che a ogni aumento di reddito aumenti in misura più che proporzionale il carico fiscale.

Sarà ben vero che l’imposta sul reddito delle imprese (la nostra Ires) in Austria è soltanto del 25% e che l’Irap non esiste, ma con le imposte sul reddito delle persone fisiche non si scherza: si parte dall’aliquota minima del 38,33% per i redditi fino a 25.000 euro (quelli fino a 10.000 sono esentasse), per salire al 43,59% fino a 51.000 euro. I redditi superiori sono tassati al 50%. In Italia l’aliquota massima è del 43% e viene applicata allo scaglione di reddito che supera i 75.000 euro.

È dunque questa la ragione per cui per gli austriaci il “tax freedom day” arriva più tardi che da noi. Ed è sempre stato così. L’Austrian economics center ricorda i “bei tempi”, quando il numero dei giorni destinati al fisco erano di meno e cita come esempio il 1976: allora “bastavano” 174 giorni per arrivare al “giorno della liberazione”, vale a dire un giorno in più di quanti servono agli italiani oggi. E sono passati 34 anni!

Dall’analisi della condizione fiscale, la presidentessa dell’Austrian economics center, Barbara Kolm, trae la conclusione che un aggravio della pressione tributaria (il governo sta preparando per l’autunno una finanziaria per risanare i conti in rosso dello Stato) non sarebbe sostenibile. “Colpirebbe non soltanto le persone – ha dichiarato – ma anche le imprese, e ciò avrebbe come conseguenza non soltanto una riduzione degli investimenti, ma anche effetti negativi sul mercato del lavoro”.

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