Il primo governo Kurz aveva introdotto il divieto del velo islamico nelle scuole materne e poi nelle elementari. Il secondo governo Kurz intende ora estendere quel divieto anche alle scuole medie fino al 14. anno di età. È scritto nel programma. Si pensava che i Verdi, nuovi alleati dell’Övp, vi si sarebbero opposti. L’immigrazione e le politiche di accoglienza e di integrazione erano sempre stati temi sensibili per loro, ma su di essi stavolta hanno dovuto cedere.
Chi invece intende continuare ad opporsi alla crociata antislamica di Kurz è la Chiesa austriaca. Il cardinale Christoph Schönborn si era già espresso chiaramente contro il divieto del velo. “Se si incomincia a escludere tali simboli religiosi dai luoghi pubblici – aveva detto il prelato – allora questo finirebbe per riguardare tutte le religioni, tutte le Chiese o le croci di vetta”.
Alla sua voce si aggiunge ora quella del vescovo di Innsbruck, Hermann Glettler. Sono entrambi rappresentanti della Chiesa che contano. Schönborn voleva andare in pensione, avendo raggiunto l’età di 75 anni, ma il Papa gli ha chiesto di restare ancora in servizio attivo. Continuerà, dunque, ad essere ancora per un po’ alla guida della Chiesa austriaca. Glettler è soltanto il vescovo di una diocesi di montagna, ma quando sembrava imminente il congedo di Schönborn, era il suo nome quello indicato più spesso per la successione. Insomma sono entrambe voci che hanno un peso in Austria e Sebastian Kurz, il giovane cancelliere dal pugno di ferro nei confronti degli immigrati, non potrà farle tacere tanto facilmente come è riuscito a fare con i Verdi.
Intervistato da Anita Heubacher, per la “Tiroler Tageszeitung”, mons. Glettler ha detto chiaramente come la pensa. Considera insensato il divieto del velo e ha “il sospetto che dietro si nascondano altre intenzioni”. “Vogliamo davvero mettere alla gogna una religione? – si è chiesto – Questo non mi piace né nella scuola, né altrove”.
A parere del vescovo “il velo è un segno culturale, non religioso”. Gli vengono attribuiti connotati ideologici attraverso “la lettura tendenziosa” di un indumento visto come simbolo di un islam politicizzato. “Io non vorrei fare guerra contro un simbolo religioso – ha dichiarato il presule – tanto più che il velo non lo è”. “Questa croce – ha proseguito, indicando quella portata al petto – è chiaramente un simbolo religioso. È inoltre un simbolo di perdono e di amore. Attacchi contro il crocefisso nelle scuole non vengono dagli islamici, ma dagli atei. Accanto alla croce dovrebbero poter aver posto nelle aule anche altri simboli di fede, in proporzione al numero di alunni che vi appartengono”.
Alla domanda se il velo debba considerarsi un segno patriarcale o religioso, oppure entrambi, il vescovo di Innsbruck ha risposto: “Per me il velo non è né l’uno né l’altro. Anche mia nonna ha sempre portato il velo. Dubito che abbia senso che il dibattito continui ad accendersi su questo tema. Per molte donne musulmane il velo e l’emancipazione non sono in contraddizione, ma l’espressione di una identità culturale. La parità dei sessi è e rimane un diritto fondamentale”.
Ma il velo islamico rappresenta davvero un problema nelle scuole austriache? Forse a Vienna, dove la presenza di immigrati è maggiore, la risposta è positiva. Non in Tirolo e forse per questo il vescovo Glettler sospetta che il progetto del cancelliere Kurz sia strumentale. La “Tiroler Tageszeitung” ha esaminato la situazione nelle scuole elementari del Land, rilevando che tra Innsbruck e Telfs il velo islamico è indossato da una manciata di alunne. Il problema – affermano i direttori delle scuole – non è il velo, ma il divieto del velo.
Il velo non rappresenta un fenomeno di massa nemmeno nelle alunne di età superiore. “Nel mio istituto – riferisce Gerold Ennemoser, direttore della scuola media di Telfs – il problema riguarda solo poche ragazze. Abbiamo due o tre che portano il velo. Finché il rapporto resterà così basso il problema non si pone”. Il tema “velo” potrebbe diventare davvero un problema, qualora ne fosse vietato l’uso.
Nella scuola di Ennemoser ci sono un centinaio di alunni di fede islamica, di cui la metà femmine, la maggior parte delle quali non porta il velo. Il direttore non ha verificato quali siano le ragioni di questa scelta, ma ha la sensazione che molto dipenda dall’ambiente familiare. “Naturalmente sarebbe meglio se nessuna ragazza indossasse il velo, ma siccome noi come scuola teniamo in alta considerazione la diversità, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, il velo non è un problema”. Qualora entrasse in vigore il divieto fino a 14 anni, la scuola avrebbe nelle mani uno strumento per imporlo, ma ciò – avverte il direttore – non risolverebbe i problemi di integrazione.
“Sarebbe un’eresia affermare che con un divieto tutto si risolverebbe”, afferma categorica Hildegung Cernin, direttrice di una scuola media di Innsbruck, dove la metà degli alunni sono musulmani, provenienti da Paesi differenti. Soltanto quattro o cinque portano il velo. Cernin ha potuto verificare le ragioni di questa scelta. Spesso dietro c’è l’imposizione dei genitori, ma a volte è la ragazza a volerlo. “Ho visti casi di madri islamiche che non portano il velo e a cui non piace che le figlie improvvisamente abbiano deciso di indossarlo. Ma abbiamo anche ragazze che hanno portato il velo per un anno e poi non più, o che lo portano alcuni giorni sì e altri giorni no”. Secondo Cernin una maggiore integrazione si otterrebbe meglio favorendo la convivenza tra ragazze immigrate e ragazze del posto, che non vietando il velo. Imporre il divieto sarebbe difficile da spiegare ai genitori e questo sì rappresenterebbe un problema.
Sabine Rainer è direttrice di un’altra scuola media nella zona occidentale di Innsbruck, dove il 10 per cento degli alunni vengono da famiglie islamiche. Fino allo scorso anno c’era una sola ragazza che ha sempre portato il velo per 4 anni (in Austria la scuola elementare dura 4 anni e altrettanti la scuola media, a differenza dell’Italia, dove la scuola elementare è di 5 anni e la scuola media di 3) e anche nei mesi caldi indossava abiti con maniche lunghe, secondo la tradizione islamica. Da quest’anno non c’è più nessuna alunna con il velo.
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