Sabato 18 Maggio 2024

16.05.22 Norbert Hofer e Alexander Van der BellenNon esiste più una sola Austria, ce ne sono due: quella della destra di Heinz-Christian Strache, che ha candidato Hofer alla presidenza della Repubblica, e quella di tutti gli altri, che hanno affidato il loro destino all’anziano professore di economia, Alexander Van der Bellen. Nei commenti a caldo di ieri, nella sala stampa allestita in un’ala della Hofburg, molti giornalisti austriaci prefiguravano giorni caldi, con manifestazioni di protesta davanti al palazzo presidenziale, simili a quelle che si erano svolte per settimane nel 2000 nella Ballhausplatz (dove ha sede la cancelleria federale), quando si era insediato il primo governo di centro-destra, frutto dell’accordo di Haider con il Partito popolare.

Ma, come gli elettori di Van der Bellen ovviamente non sono tutti Verdi, così sarebbe improprio ritenere che gli elettori di Hofer siano tutti estremisti di destra. Non soltanto quel 50% che ieri gli ha dato fiducia, ma anche quel 35% del primo turno non sono tutti voti che vengono dall’estrema destra. Sono voti di chi non sa nemmeno che cosa sia la destra o la sinistra e non ha nostalgie nazionaliste (ma Hofer, Strache e lo stato maggiore dell’Fpö invece le hanno). Sono semplicemente elettori stanchi di una classe politica che in passato ha svolto una importante funzione storica in Austria, ma che ormai era atrofizzata e incapace di dare al Paese le risposte che chiede.

È questo il senso della bocciatura di Spö e di Övp, fino agli anni ’80 partiti egemoni, e l’emergere di figure nuove, indipendenti come Van der Bellen e Griss (che non ha superato il primo turno) o appartenenti all’Fpö, considerato un partito al di fuori del sistema consociativo che per 70 anni ha governato il Paese. Indipendentemente da chi stasera risulterà il vincitore, queste elezioni segnano una cesura nella storia politica austriaca, la fine di quella che era stata definita la “Konkordanzdemokratie”, che vedeva socialdemocratici e popolari mettersi d’accordo su tutte le scelte di governo e di sottogoverno, quando erano uniti come ora nella “Grosse Koalition”, ma anche quando uno dei due stava all’opposizione.

Si apre un futuro più rissoso, che avrà risvolti differenti a seconda di quale delle due parti avrà la meglio, in tema di migranti, ma prima ancora di rapporti con l’Unione Europea e con le regioni contermini. Sopravvivrà l’Euroregione senza confini di Alpe Adria? Forse sì. Ma che ne sarà dell’Euregio tirolese, che vede il partito di Hofer chiedere un referendum per il ritorno del Sud Tirolo all’Austria? Che ne diranno le destre italiane, che pure esultano per il successo dell’Fpö?

Sono tutti interrogativi, per così dire, a lungo termine, che riguardano la svolta che avrà l’Austria alle elezioni politiche del 2018, da cui uscirà un Parlamento e un nuovo governo che vedrà la destra liberalnazionale al primo posto. Ieri si è votato per il presidente della Repubblica, i cui compiti non contemplano le scelte politiche del governo. Non sarà dunque Hofer o Van der Bellen a decidere sui profughi o sull’Ue. Le turbolenze che potrebbero derivare dalla nuova presidenza dipenderanno soprattutto dalle funzioni che vorrà assumere il futuro inquilino della Hofburg.

Van der Bellen, per esempio, si era sbilanciato all’inizio della sua campagna elettorale annunciando che non avrebbe conferito l’incarico di governo a Strache, quand’anche l’Fpö alle prossime elezioni risultasse il partito più votato. Hofer, a sua volta, si era dichiarato pronto a mandare a casa un Parlamento o un governo non in grado di svolgere adeguatamente i loro compiti. Sono decisioni che la Costituzione austriaca in linea teorica consente, ma che non erano mai state esercitate finora. Anche perché il capo dello Stato finora proveniva sempre da uno dei due partiti al governo e maggioritari nel Parlamento, con cui non poteva essere in disaccordo.

Tuttavia c’è sempre una prima volta, anche se nessuno riesce a immaginare che ciò possa accadere. Non con Van der Bellen e, almeno per il momento, nemmeno con Hofer. Tra due anni si va alle elezioni politiche e l’Fpö, che vuole vincerle pescando voti nei ceti moderati, si è imposto una linea politica prudente, che non spaventi gli elettori. È una regola di condotta voluta da Strache, a cui si atterrà sicuramente anche Hofer, se dovesse diventare capo dello Stato. Non scioglierà il Parlamento, non manderà a casa il governo e non farà altri colpi di testa. Avrà invece un bel da fare per evitare l’isolamento internazionale dell’Austria, com’era già accaduto ai tempi di Haider e prima ancora con la presidenza Waldheim.

Se, invece, vincerà il professore, sarà tutta un’altra musica.

 

NELLA FOTO, Norbert Hofer e Alexander Van del Bellen durante l’ultimo confronto televisivo.

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