Sabato 18 Maggio 2024

20.03.23 Vigili del fuoco Graz, 'rimani a casa'È difficile immaginare un lato positivo nella diffusione del contagio da Coronavirus. Eppure almeno uno c’è: la drastica diminuzione della criminalità piccola e grande. Lo ha comunicato una portavoce del Ministero degli Interni, dando conto delle statistiche settimanali: rispetto alla settimana precedente, il numero complessivo dei reati è calato del 60 per cento. Più in particolare, gli episodi di violenza si sono dimezzati. Ancora più evidente il calo dei reati contro il patrimonio, dai furti d’auto alle effrazioni nelle case. L’unico ambito in cui la “crisi” non si è fatta sentire è quello della criminalità informatica. Evidentemente qui la minaccia del contagio non rappresenta un freno, perché i cyber-criminali possono fare tutto da casa.

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La curva dei contagi in Austria è sempre in salita, ma a una velocità che sembra in riduzione. Alle 15.00 di ieri il numero delle persone contagiate era 3.244, mentre sabato alla stessa ora erano 2.814. Certo 430 nuove infezioni è il numero più elevato che si sia registrato in sole 24 ore, ma ciò che più interessa agli epidemiologi è il tasso di crescita, sceso al 15,28%, che è il valore più basso da quando è scoppiata l’epidemia. Basti pensare che la media negli ultimi sette giorni era stata del 20,90%. Prima di poter tirare un sospiro di sollievo, tuttavia, si dovrà attendere ancora un po’, per capire se il ritmo ridotto di crescita sia dovuto effettivamente a una riduzione del ritmo dei contagi, come si spera, o non invece a una valutazione approssimativa dei casi clinici.

Il dubbio nasce dall’approssimazione con cui è stato comunicato il numero dei decessi, dovuta non a malafede, ma al fatto che di molte persone morte in casa o in istituti per anziani il decesso talvolta non è stato imputato al virus, ma ad altre patologie di cui erano affette, soltanto perché non erano state sottoposte a test.

Ieri mattina, per esempio, nel sito web del Ministero della Salute il numero ufficiale dei morti per Coronavirus era 9, mentre alle 15 è salito di botto a 16, benché nel corso della giornata da parte delle Direzioni regionali della sanità fossero stati annunciati soltanto 4 nuovi decessi: due a Vienna, uno in Alta Austria e uno in Carinzia.

In questo Land, il più vicino all’Italia, si tratta del primo decesso in assoluto. La Carinzia risulta da sempre in coda alla classifica per numero di contagi (secondo l’ultimo bollettino sono 110), dopo di lei viene soltanto il Burgenland, che peraltro ha meno della metà degli abitanti. La persona deceduta ieri è un uomo di 65 anni, da tempo sofferente di malattie polmonari. Il decesso è avvenuto al “Klinikum” di Klagenfurt, dov’era ricoverato da molti giorni in terapia intensiva.

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“Rimanere a casa” è l’esortazione più ripetuta in questi giorni anche in Austria, per evitare il diffondersi del contagio. I vigili del fuoco di Graz hanno voluto ribadire a loro modo questo concetto: hanno usato le loro manichette antincendio per tracciare sul piazzale della loro caserma la scritta “BLEIB DAHEIM”, che significa appunto “resta a casa” (nella foto).

Gli austriaci in genere sono molto ligi nel rispetto delle norme, ma anche qui, come in Italia, esistono gli indisciplinati, che fanno jogging nei parchi, vanno in giro in bicicletta, sfruttano queste belle giornate per ascensioni in montagna, convinti di non fare danni. C’è però anche chi, incurante della propria e dell’altrui salute, partecipa a feste più o meno affollate. Una di queste si è tenuta sabato pomeriggio nella sede di un club di Heiligenkreuz am Waasen (Stiria).

È intervenuta la polizia, informata da una telefonata anonima, e ha trovato nel locale uomini intorno ai trent’anni con i bicchieri in mano e la musica a tutto volume. Ciò che ha più sorpreso gli agenti è stata la scoperta che tra le persone identificate figurava anche Gerhard Hirschmann, consigliere regionale dell’Fpö, partito dell’estrema destra sovranista, uno insomma che avrebbe dovuto dare l’esempio, rispettando le prescrizioni del governo. Immediate le reazioni a livello politico, anche all’interno dell’Fpö stesso, che ha obbligato il consigliere Hirschmann a scusarsi pubblicamente per il suo comportamento sconsiderato.

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Ironia della sorte: l’Austria era stata tra i primi Paesi a sospendere i voli con la Cina e ora proprio dall’Austria sono decollati nello scorso weekend due aerei dell’Aua diretti in Cina. Serviranno per trasportare in patria circa 130 tonnellate di indumenti di protezione per il personale sanitario, in particolare mascherine e tute protettive. Il materiale è destinato in prevalenza agli ospedali del Tirolo, il Land più colpito dal Coronavirus, ma anche al Sud Tirolo. Negli scorsi giorni, infatti, il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, aveva chiesto aiuto all’Austria, non riuscendo a ottenere ascolto dal governo di Roma, troppo impegnato in Lombardia e su altri fronti.

Il trasporto è stato organizzato dal Ministero della Difesa. Il cancelliere Sebastian Kurz ha espresso la speranza che non si tratti di un iniziativa isolata, ma che possa costituirsi un ponte aereo permanente tra l’Austria e la Cina.

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IL CORONAVIRUS CON IL SENNO DI PRIMA. Se per un momento ci fermiamo e ci guardiamo alle spalle possiamo accorgerci di come con il Coronavirus il mondo si sia rapidamente modificato sotto i nostri occhi, costringendoci a cambiare più volte opinione. Avevamo incominciato considerando il virus poco più di un’influenza e invece ora sappiamo come è andata e non abbiamo ancora idea di come finirà. C’è chi qualche settimana fa si indignava per le limitazioni poste alle attività economiche e ludiche, mentre ora vorrebbe bloccare tutto. Per presbiopia geografica alcune forze politiche chiedevano la chiusura di porti e confini, per impedire ad altri di entrare, mentre oggi si indignano perché sono gli altri a chiudere i confini, per impedirci di uscire, se non con un certificato medico in mano.

Con il senno di poi è facile criticare gli errori di ieri, confidando nella scarsa memoria di chi ascolta. Ma per fortuna alcuni giornalisti hanno un archivio, che consente di rinfrescare quella memoria. Sarebbe interessante fare questo esercizio per l’Italia, ma è un compito che lasciamo ad altri. Qui noi ci occupiamo invece dell’Austria, per indagare come questo Paese ha affrontato il Coronavirus “con il senno di prima”. Incominciamo dal 23 gennaio, oggi due mesi fa.

Quel giorno la “Kleine Zeitung” dedicava due pagine al Coronavirus, che aveva appena incominciato a uscire dai confini cinesi. Nell’occasione aveva consultato un esperto di casa, il prof. Christoph Steininger, docente all’Università medica di Vienna. Al luminare viene chiesto, tra l’altro, se vi siano ragioni di panico. Lui risponde: “Non c’è alcuna ragione di panico”. Le istituzioni austriache avrebbero reagito celermente al virus e sarebbero state prese misure per il suo contenimento. Dello stesso parere il ministro della Salute, Rudolf Anschober: “Attualmente non c’è alcuna ragione di allarme”.

Ma il virus può arrivare in Austria? Steininger risponde che teoricamente è possibile, anche se da Vienna non ci sono più voli diretti dalla Cina. Ma quand’anche qualche singolo paziente sbarcasse in Austria non ci si dovrebbe preoccupare. Dal tempo della Sars gli ospedali austriaci dispongono di piani idonei per affrontare il diffondersi di tali virus.

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