Sabato 14 Dicembre 2024

20.03.24 IschglTra la fine febbraio e i primi di marzo Ischgl, paradiso dello sci e dell’”après-ski” del Tirolo, è diventato il principale focolaio del Coronavirus in Austria. Il Tirolo ha il numero più alto di persone infettate di tutto il Paese (oltre 1100 ieri sera). Nonostante i segnali di allarme che giungevano da ogni parte, per una decina di giorni le autorità sanitarie del Land – ispirate probabilmente da quelle politiche – hanno chiuso gli occhi, negando l’evidenza. Così il virus si è diffuso tra gli ospiti che, tornati a casa a fine vacanza, hanno portato con sé il contagio, diffondendolo a loro volta tra i loro connazionali. Tra Germania, Svezia, Danimarca, Gran Bretagna, Norvegia e persino Islanda, le persone infettate da amici o conoscenti rincasati da Ischgl si contano a centinaia o forse a qualche migliaio. Casualmente in quella cruciale settimana si trovavano nella Paznauntal (la valle di Ischgl) anche alcuni friulani, che al loro ritorno a casa si sono messi spontaneamente in quarantena a casa loro, dove per fortuna non hanno manifestato sintomi di contagio.

Sulla vicenda da ieri mattina ha aperto un’inchiesta anche la Procura di Stato di Innsbruck, capoluogo del Tirolo. Finalmente, verrebbe da dire! E invece no. Di fronte allo scandalo senza precedenti che ha messo a repentaglio la salute di migliaia di persone, la Procura di Innsbruck non ha ritenuto di intervenire d’ufficio, ma si è mossa soltanto in seguito a un esposto e per un episodio tutto sommato marginale, che anche penalmente ha scarsa rilevanza.

Riprendiamo il discorso dal principio, perché possa essere ben compreso. Bisogna ritornare agli ultimi giorni di febbraio, quando una dipendente di un’azienda di Ischgl si ammala. Non si sa se si tratti di Coronavirus, perché non viene sottoposta a test, ma, date le circostanze, è alquanto probabile che sia così. La fonte della notizia è la Zdf, il principale canale televisivo pubblico tedesco, che però non se ne serve per un servizio giornalistico, ma la trasmette domenica sera al Comune di Ischgl. Nella segnalazione si parla genericamente di azienda (Betrieb), per cui non si sa se sia un bar, un hotel, una pensione. Potrebbe trattarsi anche di un negozio.

Di fronte alla comunicazione formale, l’amministrazione di Ischgl non può far altro che trasmetterla all’Ufficio distrettuale di Landeck (è un organo amministrativo intermedio, non elettivo, tra il Land e i Comuni). L’Ufficio distrettuale, a sua volta, presenta un esposto alla Procura di Stato di Innsbruck. E così ieri mattina parte l’inchiesta.

L’oggetto non è dunque la sconsiderata gestione dell’emergenza Ischgl, che ha messo a letto (e forse nella bara) qualche migliaio di persone in tutto il centro e il nord Europa, ma la mancata denuncia dell’indisposizione (che forse poteva derivare dal Coronavirus) di una lavoratrice dipendente. Il titolare dell’azienda, in base alla legge sulle epidemie, avrebbe avuto l’obbligo di segnalare immediatamente il caso all’autorità sanitaria. Nessuno può ora dire se quella donna fosse effettivamente contagiata, ma il comportamento illecito, penalmente sanzionabile, consiste nel semplice fatto di non aver disposto o richiesto un test, per valutare la gravità della patologia. La fattispecie penale è così lieve che la sanzione pecuniaria è prevista nel massimo in 2.810 euro, che solo in caso di inesigibilità potrebbe essere commutata in un arresto di 6 settimane. Ovviamente con sospensione condizionale della pena.

L’inerzia della Direzione sanitaria del Land, invece, non è oggetto di alcuna inchiesta giudiziaria. Anche dopo che tre o quattro Stati esteri avevano dichiarato Ischgl “zona a rischio”, i responsabili della sanità tirolese avevano ostinatamente negato che il contagio fosse avvenuto nel loro polo sciistico. Il governatore del Land e l’assessore alla Sanità perseverano ancor oggi a sostenere di aver agito nel modo migliore e di non sentirsi responsabili di nulla. Forse potrebbero cambiare idea se qualcuna delle vittime – e ce ne sono tante – si costituisse parte civile nel processo a carico dell’azienda che non aveva segnalato l’infermità sospetta della sua dipendente.

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CORONAVIRUS CON IL SENNO DI PRIMA

Il 24 gennaio scorso, oggi due mesi fa, nei giornali austriaci non si parla quasi più del Coronavirus. Dalla Cina arrivano notizie di “già 18 decessi dimostrati” e di 600 persone contagiate, mentre altre 5.000 sarebbero sotto osservazione. Ma secondo il London Imperial College i contagiati sarebbero ormai 4.000. Epidemiologi tedeschi temono che il virus possa presto fare la sua comparsa anche in Europa, ma non c’è motivo di preoccuparsi. L’importante è sensibilizzare i medici negli ospedali e negli ambulatori a individuare subito casi sospetti.

E in Austria qual è la situazione? Fino a questo momento non si fa nulla. Ci si limita a controllare gli arrivi all’aeroporto internazionale di Vienna Schwechat, ma si tratta di un controllo per modo di dire, senza nemmeno strumenti per la misurazione della temperatura. Fino a questo momento si è convinti che il virus possa arrivare dalla Cina o portato dai profughi richiedenti asilo. Nessuno ancora si immagina che i focolai si svilupperanno all’interno dell’Europa e che i portatori del contagio saranno europei.

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