Sabato 18 Maggio 2024

Hygiene Austria, la società produttrice di mascherine anti-Covid “made in Austria”, che però non erano “made in Austria”, è fallita. Il buco ammonta a 5 milioni di euro, i creditori sono una trentina. Sono stati loro a promuovere la procedura fallimentare. La società – controllata al 100% da Palmers, storica azienda nel campo dell’intimo femminile e maschile – è ora in amministrazione controllata e tenta di salvare il salvabile, offrendo ai creditori un rimborso del 20% di quanto loro dovuto.

Il dissesto finanziario è stato causato dalla fine della pandemia. Niente più pandemia, niente più bisogno di indossare mascherine. Un bene per la salute pubblica, ma un male per l’azienda. I guai per Hygiene Austria in realtà erano cominciati molto prima. Erano incominciati il giorno in cui il quotidiano “Oe24” aveva scoperto che le mascherine “Made in Austria” arrivavano in realtà dalla Cina.

Hygiene Austria le acquistava a prezzi stracciati nella “terra di mezzo”, per poi rivenderle in patria a prezzi “austriaci”, millantando qualità che in realtà non possedevano. Anche il certificato CE (la marcatura che garantisce che il prodotto è conforme ai requisiti di sicurezza e salute previsti dalle direttive e dai regolamenti europei), veniva acquisito tramite un’acrobatica triangolazione con il Lichtenstein, la Svizzera e in seguito con l’Ungheria.

Dopo le rivelazioni di “Oe24” la Procura anticorruzione aveva avviato un’indagine, che aveva portato a un’accusa nei confronti della società austriaca per due ipotesi di reato: quello di truffa (ovvero la contraffazione di mascherine cinesi, spacciate per austriache) e quello di lavoro nero (molti dei lavoratori impiegati non sarebbero risultati assunti regolarmente e iscritti agli istituti previdenziali).

La vicenda giudiziaria aveva avuto immediate ripercussioni sulle vendite delle mascherine. Molti supermercati e centri commerciali, che le avevano acquistate per offrirle gratis o a un prezzo simbolico alla propria clientela, avevano disdetto i contratti, rispedendo al mittente gli scatoloni già ricevuti.

Erano saltati anche i contratti di fornitura con enti sanitari pubblici, che l’Hygiene Austria aveva potuto stipulare grazie ai suoi contatti a livello politico. La società, alla sua nascita, era controllata al 51% dalla Lenzig Ag e per il resto dalla Palmers Textil Ag. Lisa Wieser, una assistente dell’allora cancelliere Sebastian Kurz, era risultata imparentata con l’amministratore di Hygiene Austria, Tino Wieser, e sposata a Luca Matteo Wieser, consigliere di amministrazione di Palmers.

Lisa Wieser non era un’assistente qualsiasi di Kurz, ma “l’assistente” per antonomasia del cancelliere, al suo fianco fin da quando era stato sottosegretario per l’Integrazione. La vicinanza al cancelliere era tale che Kurz già pochi giorni dopo la nascita della società aveva fatto visita allo stabilimento di Wiener Neudorf, un’area industriale a sud di Vienna, dove venivano prodotte – o si diceva che venissero prodotte – le mascherine cinesi “Made in Österreich”, con certificato CE rilasciato in Ungheria. E nelle settimane e nei mesi successivi altri esponenti dell’Övp avevano fatto visita all’azienda, tra questi la governatrice della Bassa Austria, Johanna Mikl-Leitner.

Allo scandalo dovuto alla provenienza delle mascherine, spacciate per un prodotto austriaco, si è aggiunto di recente un ulteriore scandalo di natura fiscale. Hygiene Austria è accusata di aver evaso 693 mila euro di imposte doganali nell’importazione di mascherine dalla Cina attraverso la controllata Palmers Deutschland.

Nelle prossime settimane si saprà se la proposta di amministrazione controllata sarà accettata dai creditori e potrà reggere.

NELLA FOTO, l’allora ministra per l’Economia Margarete Schramböck (a sinistra) con la governatrice della Bassa Austria Johanna Mikl-Leitner in visita allo stabilimento di Hygiene Austria, in cui venivano “fabbricate” le mascherine cinesi.

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