Sabato 18 Maggio 2024

12.11.26 Ernst Strasser, processo Tribunale ViennaCapita di rado che un ex ministro degli interni sieda sul banco degli imputati per rispondere di corruzione. E ancora più di rado capita – o forse non è mai capitato – che quel tal ex ministro, per evitare la galera, tenti di scaricare la colpa sulla polizia, di cui fino a pochi anni prima era stato a capo.

 

Nemmeno ai tempi della prima tangentopoli italiana c’era stato qualche politico di casa nostra che avesse osato tanto. Lo ha fatto invece Ernst Strasser, già ministro degli interni austriaco ai tempi dei due governi di centro-destra guidati dal cancelliere Wolfgang Schüssel e poi capogruppo dei popolari austriaci al Parlamento di Strasburgo. Lo ha fatto ieri mattina, quando è stato interrogato dal presidente del Tribunale penale di Vienna, nel corso della prima udienza del processo che lo vede accusato di corruzione.

 

La vicenda, di cui avevamo riferito in questo blog il 24 marzo dello scorso anno, risale alla fine del 2010. Strasser era caduto nella trappola che gli avevano teso due giornalisti del “Sunday Times” di Londra, Claire Newell e Jonathan Calvert. Questi, spacciandosi per intermediari di una società britannica, gli avevano chiesto di intervenire nell’Europarlamento, per “aggiustare” una direttiva riguardante lo smaltimento di materiale elettrico ed elettronico, in modo da favorire il loro committente. Il “favore” sarebbe stato ricambiato con un compenso annuo di 100.000 euro. Pare che l’ex ministro austriaco avesse accettato la proposta e si fosse subito dato da fare, intervenendo nei confronti del relatore della direttiva, il tedesco Karl-Heinz Florenz (appartenente come Strasser al gruppo dei popolari europei) e dei suoi colleghi di partito austriaci Othmar Karas ed Hella Ranner.

 

Purtroppo per lui, tutti gli otto colloqui avuti in un bar con i giornalisti del “Sunday Times”, erano stati videoregistrati e poi resi pubblici nell’ambito dell’inchiesta svolta dal settimanale austriaco sulla corruzione nell’Unione Europea. Celebre la frase pronunciata da Strasser in risposta alla domanda se lui fosse disponibile a dare una mano alla società britannica: “Of course, I’m a lobbyst”.

 

Allo scoppio dello scandalo l’Övp, il Partito popolare austriaco, che lo aveva candidato alle elezioni europee, non aveva atteso che intervenisse la magistratura con una sentenza passata in giudicato per intervenire, ma, come ogni partito serio dovrebbe fare, aveva prima costretto Strasser a dimettersi dal seggio di Strasburgo e poi lo aveva cacciato. Una scelta drastica e immediata, che ora per lo meno risparmia all’Övp di finire sulla graticola, mentre il suo ex ministro deve rispondere ai giudici. I quali giudici sono intenzionati a rivedere in aula l’intera registrazione fatta di nascosto dai giornalisti inglesi.

 

Saranno minuti penosi, come sono stati penosi quelli vissuti ieri nel corso della prima udienza del processo, quando Strasser si è letteralmente arrampicato sugli specchi per giustificare il suo comportamento. Ha incominciato con il dire che non i due inviati del “Sunday Times” gli avevano teso una trappola, ma lui aveva teso una trappola a loro, perché gli era stato chiaro fin dall’inizio che “quei due erano dei furfanti, che agivano per conto dei servizi segreti”. E lui aveva aderito alle loro proposte soltanto per stanarli e poi denunciarli.

 

Alla domanda perché, anziché agire da solo, non si fosse rivolto al “Büro für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung” (letteralmente “Ufficio per la difesa della Costituzione e la lotta al terrorismo”), un organo della Polizia austriaca che si occupa di antiterrorismo e affari politici, Strasser ha risposto che ne diffidava. Se avesse loro esposto i suoi sospetti, quelli non se ne sarebbero curati e anzi lo avrebbero preso in giro. Perché le sue parole fossero prese sul serio era necessario che lui presentasse al Büro il “piatto pronto”. Parole sconcertanti, dette da un ex ministro degli interni, dinanzi alle quali il presidente del Tribunale Georg Olschak non è stato capace di celare un’espressione di allibita incredulità. Il processo proseguirà ancora con altre sette udienze, per concludersi il 13 dicembre con la sentenza.

 

Ernst Strasser è il primo deputato, nella storia dell’Unione Europea, processato in un Tribunale per corruzione. I due giornalisti non avevano teso la trappola soltanto a lui, ma anche ad altri 59 europarlamentari, cui avevano offerto denaro in cambio di favori. Tre soli avevano abboccato: oltre a Strasser, anche un deputato sloveno e uno romeno, al momento indagati in attesa di processo. La notizia positiva nella vicenda è questa: nessuno dei tre era italiano.

 

Nella foto, l’ex ministro austriaco Ernst Strasser, ieri sul banco degli imputati del Tribunale di Vienna.

Lascia un commento