Domenica 19 Maggio 2024

hypo141209nr3726La strada che Hypo Group Alpe Adria dovrà percorrere per uscire dalle sabbie mobili in cui si trova è ancora lunga e incerta, ma la strategia che intende seguire – almeno in questa fase del percorso – sembra chiara. Ce l’ha spiegata qualche giorno fa (si veda il blog del 19 dicembre) Nikola Donig, nuovo responsabile della comunicazione della holding. Donig ha soltanto 40 anni, ma un passato di giornalista di tutto rispetto (nelle redazioni dell’Orf a Vienna e a Bruxelles e poi quale portavoce di un cancelliere e di due ministri) e conosce le esigenze degli organi di informazione e l’opportunità di dir loro la verità, magari non tutta, ma comunque soltanto la verità.

 

La strategia annunciata da Donig si può riassumere così: lo Stato austriaco ha salvato Hypo Group dal fallimento nazionalizzandola, ma intende liberarsene al più presto, trovando chi la voglia acquistare. Il traguardo finale, dunque, è la vendita di Hypo Bank, di tutta Hypo Bank, anche in parti separate (prima le controllate italiana e austriaca, poi il resto). Per far questo occorre separare il grano dal loglio. Fuor di metafora, occorre separare le voci non appetibili del gruppo (leasing, public financing, operazioni immobiliari) dal core business bancario, perché ciò che resta diventi interessante e possa trovare compratori.

 

Questa riorganizzazione del gruppo – che significa riorganizzazione delle banche esistenti in ciascuno dei Paesi in cui il gruppo è presente – comporterà trasferimenti patrimoniali e trasferimenti di personale. Interrogato in proposito, con riferimento a Hypo Bank Italia, Donig non ha voluto rispondere, “per non interferire nella discussione in corso tra direzione e sindacati”. Parole sante o profetiche, verrebbe da dire, perché proprio in quello stesso giorno è avvenuto un importante incontro tra le quattro organizzazioni sindacali che rappresentano il personale di Hypo Italia e la direzione generale della banca, come si evince da un “comunicato ai lavoratori” diramato successivamente.

 

Si è trattato di uno dei passaggi contrattuali previsti quando vi sia un conferimento di un ramo d’azienda: nel caso particolare, il conferimento dei “no performing loans”, delle operazioni di leasing in corso e di tutto il patrimonio immobiliare alla Hypo Alpe Adria Leasing Srl, società controllata direttamente dalla holding di Klagenfurt. Significa il trasferimento di un patrimonio valutato in bilancio 800 milioni e di circa 80 dipendenti.

 

L’incontro, a quanto si evince dal comunicato, ha avuto un carattere interlocutorio. Le informazioni ricevute dall’azienda sono state definite insufficienti dai sindacati per poter valutare le ricadute sul personale. Che siano circa 80 i dipendenti destinati a transitare nella Hypo Alpe Adria Leasing è ormai pacifico, ma i sindacati non si accontentano di un numero, chiedono che le persone coinvolte siano distinte per grado, genere, mansione; chiedono di sapere quali sono i loro attuali compiti in Hypo e quali saranno domani quelli nella nuova società; chiedono inoltre di poter verificare i tempi di attuazione del progetto.

 

E proprio sui tempi sorgono i principali interrogativi. Donig aveva detto che non c’era urgenza, che il tutto sarebbe avvenuto nell’arco del primo semestre 2012. I sindacati, invece, sospettano che ci sia fretta e che si voglia concludere l’operazione entro il 31 dicembre. In questo modo – sgravato dalla zavorra del leasing e dei “no performing loans” – il bilancio 2011 potrebbe chiudersi in bellezza, con risultati di gran lunga migliori, e rendere Hypo Bank Italia più “maritabile” sul mercato.

 

Si tratta soltanto di un’ipotesi, ma i sindacati vogliono andare sul sicuro. Vorrebbero l’applicazione dell’articolo 19 del contratto, che coinvolge nella trattativa l’intero gruppo. E, in ogni caso, dichiarano che “non firmeranno alcun tipo di accordo che non preveda una clausola di salvaguardia”, che consenta agli 80 destinati alla società di leasing di rientrare in Hypo Bank, quando la missione di quest’ultima sarà compiuta e quando non ci sarà più bisogno di loro.

 

Insomma, la soluzione non sembra vicina, mentre al 31 dicembre mancano ancora soltanto 7 giorni. Troppo pochi per effettuare il conferimento del ramo di azienda, se non altro perché l’operazione presuppone una perizia dei beni che andrebbero trasferiti (valutati, come si è detto, in 800 milioni) e poi la certificazione della Banca d’Italia. Ci vorranno settimane, se non mesi, proprio come aveva detto Donig. La verità, non tutta, ma comunque soltanto la verità.

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