Sabato 18 Maggio 2024

07.02.15 05 Museo ebraico di ViennaDa pochi mesi a Vienna è stato riaperto il Museo ebraico di palazzo Eskeles, con una esposizione permanente che mette a fuoco il ruolo della presenza ebraica nella capitale austriaca nel passato e nel presente. La rassegna è intitolata “La nostra città! La Vienna ebraica fino a oggi”.

 

È una mostra storica (la presenza ebraica a Vienna è documentata dal 12.mo secolo), ma significativamente il percorso espositivo non incomincia dalle origini, ma dal 1945, quando l’Olocausto c’è già stato, il Reich di Hitler è capitolato e l’Austria si sta avviando verso la democrazia. La comunità ebraica di Vienna, che prima dell’Anschluss dell’Austria alla Germania nazista contava 185.000 membri, è stata quasi completamente sterminata. I pochi sopravvissuti devono continuare a difendersi anche dalla “nuova” Austria democratica, che poi non sembra tanto nuova: non riconosce le proprie complicità con il nazismo, non risarcisce le vittime restituendo loro i beni di cui erano stati spogliati, non accoglie gli ebrei che dopo l’Anschluss del ’38 erano stati costretti ad andarsene.

 

Dopo la guerra Vienna era diventata un punto di approdo di ebrei provenienti dai vari lager sparsi nel centro e nell’est Europa e dai luoghi d’esilio. Nel 1946 avevano raggiunto addirittura il numero di 25.000, ma si erano ritrovati in un ambiente ostile, che non li considerava vittime, ma intrusi, addirittura dei “privilegiati”, perché non avevano sopportato i bombardamenti che avevano dovuto sopportare invece i viennesi. Molti così avevano preferito andarsene altrove. Dagli anni ’90 gli ebrei registrati a Vienna sono poco più di 7.000.

 

Dopo l’annientamento fisico, perpetrato dai nazisti, anche l’annientamento morale dell’Austria postbellica, rimasta antisemita e inconsapevolmente autolesionista. Se proviamo a chiudere gli occhi e a pensare ai grandi letterati, musicisti, artisti, scienziati, medici e psicanalisti austriaci del secolo scorso, i primi nomi che ci vengono in mente – avete fatto caso? – sono nomi di ebrei. Sterminando gli ebrei dopo il ’38 e ricacciandoli dopo il ’45, Vienna, che fino al primo ‘900 era stata uno dei centri culturali più importanti del mondo, si è privata dei suoi cervelli migliori e si è autoinflitta il ruolo di una città di provincia. Certo, una bella città, dove si può vivere magnificamente, ma permanentemente ripiegata sul proprio passato, perché il presente è arido di frutti.

 

La mostra del Museo ebraico racconta la storia della sua comunità dopo il 1945, una comunità piccola, ma complessa e variegata. È una storia tipicamente viennese sull’immigrazione: dapprima dall’est Europa, poi dall’ex Unione Sovietica e soprattutto dall’Asia centrale.

 

Il secondo piano di palazzo Eskeles riporta il visitatore alla storia ebraica di Vienna prima del 1945, dal Medioevo alla Shoa. Il periodo più importante va dalla rivoluzione liberale del 1848 al ‘900, quando la comunità ebraica viennese era la terza più grande al mondo e la prima nell’area di lingua tedesca.

 

Il titolo della mostra “Unsere Stadt!” contiene non a caso un punto esclamativo. Vuole essere un segno di autoaffermazione e di rivendicazione di un ruolo. Ma paradossalmente potrebbe essere sostituito anche da un punto interrogativo, per invitare a guardare la storia ebraica di Vienna in termini problematici e sotto una luce diversa, con l’aiuto che gli oggetti e i documenti esposti offrono: per esempio, l’immagine di Ludwig August Frankl, con la sciarpa nera-rossa-dorata, eroe della rivoluzione del 1848; la bicicletta su cui aveva pedalato nel 1896 di Theodor Herzl, padre del sionismo e per questo considerato allora un visionario; le foto delle campionesse di nuoto dell’Hakoah Fritzi Löwy, Lucie Goldner e Hedy Bienenfeld, con il loro allenatore Zsigo Wertheim; il dodicenne Maximilian Reich, ritratto in uno studio fotografico viennese, con alle spalle il duomo di Santo Stefano, pochi giorni prima della sua deportazione, nel 1941; l’insegna stradale “Dr. Karl Lueger Ring”, dedicata al sindaco antisemita di Vienna a cavallo del ‘900, insegna rimossa due anni fa.

 

Conosciamo discretamente la storia dell’Austria absburgica, ma poco o quasi nulla dell’Austria nata nel 1918 dalla frantumazione dell’impero. Per colmare questa lacuna, la visita al Museo ebraico di Vienna è un buon punto di partenza.

 

 

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Accanto all’esposizione permanen14.05.25 Soldati ebrei nella Prima guerra mondialete, il Museo ebraico di Vienna propone anche mostre temporanee. Quella in corso (aperta fino al 14 settembre) è dedicata alla Prima guerra mondiale e si intitola appunto “Fine del mondo. Vita e morte degli ebrei nella prima guerra mondiale”. Quel conflitto segnò la fine dell’impero absburgico, durato 600 anni, e con esso la fine di un mondo che ebbe conseguenze devastanti per gli ebrei presenti in Austria, considerati i sudditi più leali di Francesco Giuseppe, che aveva garantito loro i diritti civili e li aveva protetti dall’antisemitismo di matrice cristiana, che aveva trovato nel partito cristiano-sociale il suo paladino.

 

Alla Grande guerra avevano partecipato circa 350.000 ebrei. Le linee del fronte orientale avevano travolto e sconvolto il più grande insediamento ebraico in Galizia. Nel solo primo anno di guerra ben 80.000 componenti di quella comunità avevano trovato asilo a Vienna, modificando la struttura della presenza ebraica nella capitale.

 

La mostra propone al visitatore le storie di molti soldati, politici, rabbini, artisti, rivoluzionari e pacifisti, tra cui anche alcune donne. E poi molti oggetti e documenti che aiutano a comprendere quella fase storica, come l’atto di giuramento di fedeltà della comunità ebraica alla casa imperiale, i dipinti di alcune personalità significative dell’epoca, “memorabilia” di soldati ebrei, foto in bianco e nero di Vienna, della Galizia e di Gerusalemme.

 

Judisches Museum Wien, Dorotheengasse, aperto da domenica a venerdì, ore 10-18, chiuso al sabato.

 

Nella foto in alto, il Museo ebraico di Vienna dopo la riapertura. Nella seconda foto, soldati ebrei sul fronte della Prima guerra mondiale.

 

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