Lunedì 7 Ottobre 2024

22.06.25 Anna Netrebko, Vladimir PutinIn Austria ci sono immigrati di serie A e immigrati di serie B. La maggior parte dei profughi appartengono alla seconda categoria e devono affrontare mille peripezie per ottenere il permesso di soggiorno e poi, eventualmente, la cittadinanza, dopo aver dimostrato di padroneggiare la lingua tedesca e di conoscere la storia dell’Austria meglio di quanto la conoscano gli stessi austriaci.

I cittadini di serie A, al contrario, sono dei privilegiati e ricevono la cittadinanza su un piatto d’argento. Uno di questi, per esempio, è una “cittadina”: Anna Netrebko, celebre soprano russa. Nel marzo 2006 aveva chiesto la cittadinanza e in luglio dello stesso anno ce l’aveva già in tasca. Era bastato uno schiocco delle dita, senza necessità di conoscere la storia del Paese che l’aveva accolta e probabilmente senza nemmeno conoscerne la lingua (nelle interviste risponde sempre in inglese, un po’ come faceva Michael Schumacher, che dopo quasi 15 anni a Maranello non sapeva mettere due parole insieme in italiano).

La povera Netrebko, fan di Vladimir Putin, non sapeva che pesci pigliare quando il suo amico aveva deciso di invadere l’Ucraina e così si era trovata nei guai. Era stata una delle 500 personalità che nel 2012 avevano sottoscritto una petizione per la rielezione di Vladimir. Nel 2014 si era fatta fotografare assieme a uno dei leader delle autoproclamatesi Repubbliche del Donbass, posando accanto alla bandiera di quella regione, e nell’occasione aveva staccato un assegno di 15.000 euro in favore dei separatisti (meno di una mancia per una cantante che guadagna quella somma ogni volta che sul palcoscenico apre la bocca per 6 minuti). Nel 2021 aveva addirittura festeggiato i suoi 50 anni con un concerto di gala al Cremlino durato 4 ore.

Ovvio che a fine febbraio, con Kiev, Mariupol, Odessa sotto i bombardamenti, le fosse stato chiesto da che parte stava. Lei aveva candidamente risposto di non poter dare una risposta, non intendendosi di politica, dimenticando che solo l’anno prima era stata una “testimonial” di Putin e dei separatisti del Donbass. Una dopo l’altra erano fioccate le disdette dai principali teatri d’opera del mondo, per i quali avrebbe dovuto cantare, da quello della Baviera alla Staatsoper di Berlino, dal Festival di Baden Baden al Metropolitan di New York.

In quest’ultimo tempio della lirica Netrebko avrebbe dovuto interpretare la Turandot, ma il direttore Peter Gelb per farla cantare aveva preteso che prima prendesse le distanze da Putin. Lei si era rifiutata di farlo e il Met aveva cancellato il suo nome dal cartellone, sostituendolo con quello di Liudmyla Monastyrska, scelta di proposito, in quanto ucraina.

Nel frattempo l’agenzia che curava i suoi ingaggi, il Centre Stage Artist, aveva deciso di interrompere la collaborazione. Per Netrebko, abituata ormai a vivere nel lusso, le cose incominciavano a mettersi male. Per non rimanere disoccupata, il 30 marzo aveva finalmente rilasciato una dichiarazione, attraverso il suo avvocato di Berlino, nella quale “condanna esplicitamente la guerra all’Ucraina” e si dispiace che i suoi comportamenti o le sue dichiarazioni in passato possano essere state male interpretate (ovviamente la colpa è sempre degli altri che non hanno capito).

Sono parole che devono esserle costate molto, ma sono parole magiche che le riaprono immediatamente le porte dei teatri. Già a fine aprile è Manon Lescaut all’Opéra de Monaco (nel Principato omonimo, non nel capoluogo della Baviera), in sostituzione di una collega provvidenzialmente ammalatasi. Tiene poi concerti a Parigi e a Milano. L’8, il 16 e il 28 luglio la vedremo nelle vesti di Aida all’Arena di Verona. In Russia non la prendono bene. Un suo concerto in programma il 2 giugno a Novosibirsk viene annullato dal Teatro dell’Opera di quella città (uno dei più importanti teatri della Siberia e più grande addirittura del Bolshoi di Mosca), che la accusa di “aver tradito la madrepatria”.

Perché ne parliamo oggi? Perché Anna Netrebko, dopo essersi “riabilitata” condannando l’aggressione in Ucraina, ha deciso di fare causa al Metropolitan, che l’aveva messa alla porta, sostituendola con la collega ucraina. Ne dà notizia il New York Times, precisando che si tratta di una causa di lavoro. La soprano chiede di incassare il cachet di 350.000 dollari concordato per l’interpretazione di Turandot, poi annullata. Il direttore del Met, Peter Gelb, ovviamente l’ha presa male. Ha valutato l’ipotesi di bandire definitivamente Netrebko dal suo teatro, almeno finché lui ne sarà alla guida. Una minaccia non da poco: Netrebko finora si è esibita circa 150 volte al Metropolitan, più del doppio delle volte in cui ha cantato alla Saatsoper di Vienna. Ma sono parole che si dicono in un momento di stizza. Lo stesso Gelb ha poi ammesso che lo scenario potrebbe cambiare, qualora Putin non fosse più al potere e Netrebko, pentita, accettasse di esibirsi in concerti di beneficenza per l’Ucraina.

 

NELLA FOTO, una giovane Anna Netrebko ricevuta dall’amico Vladimir Putin al Cremlino. L’aggressione della Russia all’Ucraina ha posto fine a quell’amicizia: dovendo scegliere tra lo zar di Mosca e i teatri lirici del mondo occidentale, la soprano austriaca (che non parla tedesco) ha preferito i secondi.

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