Mercoledì 4 Dicembre 2024

Domenica si vota in Alta Austria, il terzo Land del Paese per superficie e per numero di abitanti. L’appuntamento è importante per capire dove sta andando l’Austria, perché gli elettori che saranno chiamati alle urne rappresenteranno il 17% del totale. Un voto che conta, dunque, soprattutto dopo le elezioni politiche di settembre, quelle europee di giugno e quelle nel Vorarlberg di domenica scorsa. In tutti i tre precedenti casi erano emerse con chiarezza due linee di tendenza: il forte recupero dei partiti dell’estrema destra e il crollo dei socialdemocratici.
Per estrema destra intendiamo soprattutto l’Fpö, il Partito liberalnazionale, abbandonato da Haider nel 2005 e da allora guidato Heinz-Christian Strache, il leader viennese con cui Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine, ebbe un estemporaneo incontro a Tarvisio nel novembre scorso. Certo, esiste anche l’altro partito della destra populista austriaca, il Bzö (la sigla sta per Lega per il futuro dell’Austria), che però conta quasi nulla al di fuori della Carinzia (nessun eletto all’Europarlamento, nessun eletto domenica scorsa al Landtag del Vorarlberg) e sembra destinato a contare ancora di meno dopo la morte di Haider, che ne era stato il fondatore e il leader.
L’altra linea di tendenza da verificare è il progressivo disfacimento dell’Spö, il Partito socialdemocratico. Alle politiche di settembre era sceso al suo minimo storico del 28,7%, alle Europee era scivolato ancora più giù fino al 23,7%; domenica scorsa nel Vorarlberg ha quasi dimezzato i voti, scendendo al 10,1% e collocandosi così al quarto posto, dopo l’Övp (popolari), l’Fpö e addirittura i Verdi. Si tratta di un risultato traumatico, che forse dall’angolo visuale italiano si stenta a capire. Ma fino all’altro ieri – non cento anni fa, l’altro ieri – l’Spö era stato (con l’Övp) uno dei due grandi partiti storici dell’Austria, con un peso superiore al 40 e in alcuni anni addirittura al 50%.
Sarebbe improprio, tuttavia, interpretare la crisi della socialdemocrazia austriaca come quella delle altre socialdemocrazie europee. L’Spö non è vittima dell’estremismo di una sinistra radicale, tutt’altro: ha consentito l’abolizione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni, permette alla ministra degli interni di condurre una politica per l’immigrazione che assomiglia a quella della Lega Nord, non ha assunto che timide iniziative per affrontare in campo sociale la grave crisi, nei confronti dell’Unione Europea si è schierata con gli euroscettici dell’estrema destra. La crisi dell’Spö non è dunque la crisi di una partito di sinistra, ma di un partito che ha perso la propria identità e stenta a trovarsene un’altra, disorientando gli elettori.
Si vedrà, dunque, domenica quale effetto avrà questa crisi sul voto in Alta Austria. Alle precedenti elezioni del 2003 l’Spö aveva ottenuto il 38,3%. I commentatori politici sono concordi nel prevederne una nuova disfatta, che potrebbe avere ripercussioni, questa volta, anche sul governo nazionale. Per quanto riguarda gli altri partiti, l’Övp, che la volta precedente aveva ottenuto il 43,4%, dovrebbe mantenere o forse consolidare il proprio elettorato. L’Fpö (8,4% nel 2003) dovrebbe più che raddoppiare i voti a scapito dell’Spö e dei Verdi (9,1%).
Proprio questo travaso di voti potrebbe modificare il governo del Land. Quella uscente è una coalizione di popolari e verdi. Nel governo che verrà, il posto dei secondi potrebbe essere occupato dai liberalnazionali. Questo scambio di partner, completamente diversi politicamente, non deve stupire, ma è frequente in Austria. Ed è abbastanza comprensibile in Alta Austria dove i verdi non sono così radicali come i verdi italiani e i liberalnazionali non sono così liberalnazionali come nel resto del Paese.

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