Sabato 18 Maggio 2024

21.08.30 Doris BuresCresce il numero dei contagi da Covid-19 in Austria. La situazione non desta ancora allarme, ma preoccupa la velocità con cui aumentano le nuove infezioni, persino ieri, ovvero in un giorno festivo in cui vengono effettuati meno tamponi. In Carinzia i ricoverati per Covid-19 in ospedale erano ieri 27: non sono tanti, ma il loro numero si è triplicato in un mese. Sei sono i ricoverati in terapia intensiva. Quasi tutti non avevano ricevuto e avevano rifiutato il vaccino. Fino a questo momento soltanto il 57% della popolazione ha ricevuto la seconda dose del vaccino; la percentuale dei vaccinati con la sola prima dose è ferma da settimane al 61%.

C’è un terzo della popolazione che si rifiuta tenacemente di porgere il braccio e che tende a sottovalutare la gravità del virus. Tra questi anche moltissimi giovani che “da grandi” vorrebbero fare il medico. La collega Elisabeth Zankel, della “Kleine Zeitung” di Graz, ci riferisce quel che era accaduto sotto i suoi occhi in luglio.

Di fronte alla sede del giornale si trova la Fiera di Graz, con la sua “Messehalle”, in grado di ospitare eventi con migliaia di partecipanti. Quello spazio era stato utilizzato dall’Università per il test di ammissione alla facoltà di Medicina. Vi avevano partecipato 2.242 candidati a uno dei 360 posti disponibili.

Le autorità sanitarie avevano colto l’occasione per allestire nella “Messehalle” un punto di vaccinazione, a cui i candidati si sarebbero potuti rivolgere senza prenotazione e senza formalità subito dopo aver terminato la prova. Era stato messo a loro disposizione il vaccino Johnson & Johnson, che non richiede (almeno per ora) una seconda dose. Si riteneva che gli aspiranti medici avrebbero approfittato volentieri dell’opportunità loro offerta, ma non è andata così. Dei 2.242 candidati, soltanto 37 (trentasette) hanno ricevuto il vaccino.

Evidentemente anch’essi non temono il virus e probabilmente ritengono che il contagio non sia molto più pericoloso di una normale influenza. In realtà non è così, come dovrebbe apparire evidente dal numero dei decessi.

Ma anche chi ha avuto la fortuna di uscire vivo dalla terapia intensiva, riporta talvolta disturbi alla salute che possono protrarsi per mesi o forse non finire mai. Proprio in questi giorni Doris Bures (nella foto), esponente dell’Spö (Partito socialdemocratico) e seconda presidente del Parlamento, ha fatto sapere sulla sua pagina Facebook di doversi assentare dall’attività pubblica per tre settimane, per sottoporsi a cure in un centro di riabilitazione.

Bures in marzo era risultata positiva a un test e subito dopo era stata costretta al ricovero in ospedale per infiammazione ai polmoni. A fine mese era stata dimessa, ma da allora non si è più ripresa. Confidava che con il tempo i disturbi respiratori sarebbero gradualmente scomparsi. Invece la sua situazione continua ad essere grave, benché siano passati ormai cinque mesi.

Da ciò la decisione di tentare le cure di un centro di riabilitazione. Forse tre settimane non basteranno, ma la politica ha indicato per il momento questa scadenza temporale, perché il 22 settembre il Parlamento riprenderà le sue sedute, dopo la pausa estiva. Per quella data Bures confida di essere in grado di svolgere di nuovo il suo ruolo di presidente, ma, visti altri casi analoghi, non esiste alcuna certezza.

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