Sabato 18 Maggio 2024

burka images (2)Non sono soltanto i partiti dell’estrema destra austriaca a chiedere che alle donne islamiche immigrate nel Paese sia vietato l’uso del burka. Che una simile richiesta venga da quel fronte non sorprende. Sorprende invece che a farlo sia stata nei giorni scorsi anche Gabriele Heinisch-Hosek, ministra per le donne del governo austriaco, del partito socialdemocratico, cui si è aggiunta ieri la voce di monsignor Egon Kapellari, vescovo di Graz. L’uscita della ministra – come era inevitabile – ha scatenato una serie di reazioni, non tutte contrarie, anzi, in prevalenza di approvazione, sia pure con qualche distinguo. Tanto che la Heinisch-Hosek ha ritenuto necessario ritornare sul tema con alcune precisazioni che ha fatto mercoledì sera, ospite del telegiornale delle 22 di Orf 2. Soprattutto ha voluto chiarire che oggi, in Austria, l’uso del burka da parte delle donne provenienti da Paesi islamici è così limitato da non costituire un problema. Qualora lo diventasse, la sua proposta di vietare il velo, quando nasconde completamente il volto, andrebbe presa in seria considerazione.

Sul tema è intervenuto ieri – non si sa se in seguito alle dichiarazioni della ministra o per casuale coincidenza di tempi – anche il vescovo Kapellari, per molti anni già alla guida della diocesi di Klagenfurt, prima di passare a quella stiriana. Il prelato ha detto di considerare il mascheramento dell’intero corpo come “una minaccia per la pace sociale”, in quanto “potrebbe essere percepito come simbolo di rifiuto a comunicare”. Contrarietà al burka è stata manifestata anche dal suo collega Michael Bünker, vescovo della Chiesa evangelica. In un’intervista rilasciata al quotidiano “Der Standard” in distribuzione ieri, Bünker non si è schierato apertamente contro il burka, ma ha dichiarato: “Se il burka è un simbolo di oppressione, allora io sono assolutamente favorevole a un suo divieto”.

Non piace il burka nemmeno ai Verdi, che peraltro in Austria si sono sempre schierati in difesa dell’identità culturale e religiosa degli immigrati. “La copertura completa del viso – ha detto Alev Korun, responsabile per i problemi dell’integrazione dei Grünen – non è certo desiderabile”. Tuttavia, secondo il suo punto di vista, il divieto puro e semplice non sarebbe la soluzione ideale al problema. Problema che peraltro, a suo modo di vedere, per ora in Austria ancora non si pone, visto che le donne con burka si contano sulle dita di una mano.

E i rappresentanti della comunità musulmana presente in Austria (ormai seconda per numero di aderenti, dopo quella cattolica e prima di quella protestante) che dicono? La Islamische Glaubengemeinschaft (Comunità religiosa islamica) non è favorevole al nascondimento del volto nelle donne ed è del parere che l’uso nel burka non costituisca “una necessità teologica”. Ciononostante ritiene che le donne debbano essere lasciate libere di vestirsi come desiderano, con o senza burka. Decisamente più schierata contro il burka la Iniziative liberale Muslime, secondo la quale la copertura del volto andrebbe “contro la libertà delle donne”.

Scontato, ovviamente, il no al burka da parte dell’Fpö il partito liberalnazionale di estrema destra. Carmen Gartelgruber, portavoce per i problemi delle donne, vorrebbe vietare non solo il burka, ma anche il velo che copre il capo delle donne islamiche, almeno per quelle incaricate di un pubblico servizio, soprattutto se esercitato in ambienti chiusi.

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