Sabato 18 Maggio 2024

21.02.07 Bawag Villaco Hauptpaltz - CopiaAveva consegnato i suoi risparmi a una banca austriaca, convinto a farlo dalla mitica affidabilità del sistema creditizio d’Oltralpe. Un bonifico di oltre 600.000 euro, messi al sicuro nel timore di giorni bui e soprattutto al riparo da eventuali “prelievi forzosi” da parte dello Stato italiano, come era già accaduto nel 1992 con il governo Amato. E invece un bel giorno – o un brutto giorno – il nostro risparmiatore scopre che dal suo conto il piccolo tesoro è scomparso. Qualcuno aveva prelevato quasi per intero la somma depositata, lasciando soltanto 10.000 euro.

È accaduto a un friulano, uno dei tanti che nel 2011 – quando l’Italia era sull’orlo della bancarotta, lo spread aveva raggiunto picchi mai visti e il Capo dello Stato aveva chiamato in soccorso Mario Monti – avevano portato i loro soldi oltreconfine. Alcuni lo avevano fatto di nascosto, riempiendo borsoni di banconote, probabilmente provenienti da affari non del tutto leciti. Altri invece, come il nostro risparmiatore, avevano 21.02.07 Bawag Villach, truffa conto italiano 2scelto la strada più semplice di un bonifico, non avendo nulla da nascondere. Insomma, tutto alla luce del sole. Si può stimare che da allora nei forzieri delle banche austriache vi siano depositi italiani per oltre 1,2 miliardi di euro (fonte Banca nazionale austriaca).

Quando si accantonano risparmi in questo modo, non vi si mette mano frequentemente. Il risparmiatore di cui stiamo parlando aveva scelto di aprire il conto alla filiale di Villaco della Bawag (la sigla significa “Banca del lavoro e dell’economia”), quella più vicina al confine e più facilmente raggiungibile dall’Italia. Li aveva lasciati lì in parcheggio per tutti questi anni. Dal 2011 in poi si era recato alla banca di persona soltanto quattro volte, per verificare le condizioni del conto e per qualche formalità, per esempio per lasciare copia della carta di identità rinnovata nel 2018.

In un fine settimana dell’ottobre 2019 il nostro uomo controlla da casa il conto austriaco, con un accesso e-banking, e non crede i suoi occhi: il deposito è stato svuotato. Telefona immediatamente a Villaco, ma è sabato e non risponde nessuno. Inoltra un reclamo in via telematica e una mail al suo referente, in cui annuncia una visita in filiale il lunedì mattina.

Lo accoglie il direttore in persona che lo informa che il mese prima una persona si era presentata allo sportello spacciandosi per lui e aveva effettuato il prelievo in contanti. Nessuno si era insospettito, perché lo sconosciuto si era fatto precedere da una mail in cui preannunciava la sua visita. Eppure motivi per dubitare dell’identità del “cliente” c’erano più d’uno, a cominciare dall’abbigliamento alquanto stravagante: cappotto pesante con bavero rialzato, sciarpa fino al mento, occhiali, cappello calato sulla fronte e tenuto in testa durante tutto il tempo trascorso in banca. Anche il voler prelevare l’ingente somma in contanti avrebbe dovuto mettere sull’avviso i funzionari della banca.

Invece non accade nulla di tutto questo. Non viene interpellato il referente del cliente friulano, quello cioè che aveva trattato con lui nelle precedenti visite e che sicuramente avrebbe smascherato l’impostore. Non viene controllato l’indirizzo della mail inviata dal truffatore la settimana prima, in tutto identica a quella autentica del cliente, ma con una cifra “1” aggiunta al nome. Soprattutto non viene confrontata la carta di identità esibita, datata 2012 e quindi scaduta, con quella lasciata l’anno prima dal cliente su richiesta della stessa Bawag: il confronto avrebbe reso evidente che la prima era un falso e che in ogni caso l’uomo incappottato non assomigliava per niente alla foto nel documento più recente. E poi, perché chiedere al cliente copia della carta di identità, per poi non servirsene in un momento così delicato come il prelievo di 600.000 euro?

Tutto chiaro dunque? Negligenza evidente della banca e risarcimento completo del cliente depredato? Niente affatto! Per quanto possa sembrare paradossale, i funzionari della Bawag hanno sostenuto di non essere responsabili della sparizione del denaro, perché erano state seguite alla lettera le verifiche richieste dall’operazione e tutto era risultato in regola. Non solo, subito dopo hanno sporto denuncia contro il cliente, accusandolo di essere non vittima, ma complice della truffa. Soltanto un sodale del cliente – questo il loro ragionamento – avrebbe potuto conoscere l’ammontare del deposito, il numero del conto, l’indirizzo di posta elettronica.

A questo punto il nostro uomo si è sentito accerchiato e ha chiesto assistenza all’avv. Werner Hochfellner, di Klagenfurt, che innanzitutto ha confutato in sede penale i sospetti della Bawag, fondati sul nulla. Il suo cliente non era l’unico a conoscere i dati bancari, c’erano anche tutti gli impiegati della banca, direttore compreso, che li conoscevano. Contestualmente ha fatto causa all’istituto, chiedendo di rimettere l’importo di 600.000 euro sul conto del cliente, sostenendo che non si trattava di un prelievo autorizzato e che la banca aveva agito in modo negligente.

Sono vicende processuali che di solito vanno per le lunghe. Questa volta, invece, nella sua sfortuna, il nostro risparmiatore è stato fortunato. La giudice del Tribunale civile di Klagenfurt, Barbara Baum, ha ascoltato in una sola udienza tutti i testimoni coinvolti e nei giorni successivi ha pronunciato una corposa sentenza (43 pagine), con la quale ha accolto la richiesta dell’avv. Hochfellner, ordinando di rimettere i 600.000 euro sul conto con effetto dal 26 settembre 2019. In altre parole, è quasi come se il prelievo non ci fosse mai stato.

In conclusione, delle banche austriache forse non ci si può fidare ciecamente, ma almeno la giustizia austriaca è rapida. Il caso è stato chiuso in soli 10 mesi, un tempo che nella giustizia civile italiana non è neppure concepibile.

 

NELLE FOTO, la filiale della Bawag, nella Hauptplatz di Villaco, e l’immagine del truffatore incappottato ripresa da una videocamera di sorveglianza mentre attende allo sportello della banca di incassare i soldi del conto non suo.

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UN AVVOCATO A “CINQUE STELLE”

21.01.07 Werner HochfellnerNella vertenza con la Bawag il risparmiatore friulano è stato assistito dall’avv. Werner Hochfellner, dello studio AHP Rechtsanwälte di Klagenfurt. Lo avevamo incontrato già due anni fa. Quella volta l’occasione era stata il tentativo di Heta Asset Resolution, la bad bank di Hypo Bank Alpe Adria, di vendere la sua quota della società degli impianti di Pramollo, la Nassfeld-Pramollo Bergbahnen Ag. Un’impresa niente affatto facile, per il contenzioso tra le due cordate interessate all’acquisto. Il legale era intervenuto per assistere Heta Asset Resolution, a cui non importava quale delle due cordate avrebbe concluso l’acquisto, purché l’operazione non durasse all’infinito.

In quell’occasione il nome dell’avv. Hochfellner ci aveva colpito perché proprio allora la rivista “Juve”, periodico bimestrale di diritto (la sigla Juve sta per “Jus Verlag”), lo aveva indicato al primo posto, con 5 stelle, nel “ranking” dei migliori avvocati della Carinzia.

Sarà un caso, ma proprio in questi giorni è uscito il numero di gennaio-febbraio di “Juve”, dove ritroviamo l’analisi dell’attività professionale degli studi legali carinziani nel 2020 e lo studio AHP Rechtsanwälte risulta di nuovo al primo posto con 5 stelle, assieme ad altri due studi di Klagenfurt, anch’essi fregiati con lo stesso numero di stelle. L’avv. Hochfellner, inoltre, compare nella rosa dei cinque “führende Namen”, ovvero dei cinque legali più importanti del Land.

Se dunque il risparmiatore friulano voleva mettersi in buone mani, ha fatto la scelta giusta. Nel processo civile la Bawag era assistita da un prestigioso studio legale di Vienna, che però ha perso la causa, avendo come controparte un avvocato “a cinque stelle”.

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