Sabato 18 Maggio 2024

22.02.16 Harald Maherer, WirtschaftskammerL’economia austriaca è in difficoltà. Ne sono colpiti tutti i settori, da quelli produttivi a quelli dei servizi. Non perché la domanda del mercato sia stagnante e non ci sia lavoro, Al contrario: c’è domanda e c’è lavoro. Ciò che manca sono i lavoratori.

Non trovano personale le grandi aziende, ma non lo trovano nemmeno quelle piccole. Ci sono panifici che non riescono a soddisfare i loro clienti. Non trovano cuochi e camerieri i ristoranti, costretti a ridurre i giorni di apertura o a chiudere del tutto. Non trovano collaboratori le aziende dei poli turistici invernali, in particolare nei Länder occidentali.

È questo uno degli “effetti collaterali” dell’epidemia da Covid-19. Nel secondo trimestre del 2020 il virus aveva praticamente paralizzato ogni attività, risparmiando soltanto le filiere dell’alimentazione, della farmaceutica, dei servizi digitali, le sole che avevano potuto continuare a lavorare anche nei giorni del primo lockdown. La conseguenza era stata l’esplosione della disoccupazione, che in Austria aveva raggiunto livelli mai visti prima nel dopoguerra (563.000 disoccupati il numero record comunicato dall’Ams, Arbeitsmarktservice, il 20 marzo).

Certo, il governo era intervenuto con ristori, per non lasciare nessuno a terra. Ma le forze lavoro straniere, che di quei ristori non avrebbero beneficiato o avrebbero beneficiato in misura insufficiente, avevano fatto i bagagli e se n’erano tornate nei loro Paesi di provenienza. E da quei Paesi non erano più rientrate a causa del lockdown o perché vi avevano trovato un’altra occupazione.

Si era capito solo allora quanto il loro contributo fosse importante. Al punto che il governo aveva dovuto allestire in tutta fretta un ponte aereo dalla Romania e dalla Bulgaria per riportare in Austria a sue spese almeno l’esercito delle badanti (erano 60.000 prima della pandemia), dato che il Ministero degli Esteri non era riuscito ad aprire un “corridoio” via terra attraverso l’Ungheria di Orban, che aveva sigillato i confini.

Ma la pandemia ha accelerato un fenomeno che esisteva ben prima. Da anni le aziende austriache soffrivano per mancanza di personale, che il mercato del lavoro nazionale non era in grado di offrire. Si parlava allora di “Fachkräftemängel”, ovvero “mancanza di personale qualificato”. Non soltanto ingegneri, chimici, tecnici informatici, ma anche operai specializzati.

Ora la situazione è cambiata in peggio. Mancano forze lavoro “di ogni genere”, denuncia il presidente della Camera dell’economia, Harald Mahrer (nella foto). I settori maggiormente scoperti vanno dall’assistenza alla gastronomia, all’edilizia, ai trasporti.

Del problema si è occupato l’ultimo numero della rivista economica “Trend”, individuandone la causa soprattutto, se non esclusivamente, nell’evoluzione demografica. In Austria le nascite sono in caduta libera. Quest’anno la popolazione supererà i 9 milioni di abitanti – la previsione è stata fatta proprio ieri da Statistik Austria – ma solo grazie agli immigrati; senza di essi verrebbero a mancare 1,6 milioni di abitanti. E nel prossimo anno – avverte l’Ams – il numero dei lavoratori che andranno in pensione sarà superiore a quello dei giovani che prenderanno il loro posto.

La digitalizzazione di molti settori produttivi potrà colmare il vuoto rimasto, ma sono in parte modesta. La mancanza di manodopera è destinata a frenare la crescita dell’economia, trascinando il Paese verso la stagnazione e l’impoverimento.

L’analisi che ne fa “Trend” porta alla conclusione che l’immigrazione non solo non va ostacolata, ma al contrario favorita. Sulla chiusura della cosiddetta “rotta balcanica” Sebastian Kurz, già da ministro degli Esteri, aveva costruito il suo successo. Ma un’operazione del genere ormai può servire soltanto alla propaganda, non alle aziende del Paese, che rischiano di morire per “anemia” di personale.

Il problema, pertanto, non è chiudere i confini agli stranieri, ma fare in modo che il loro arrivo in Austria avvenga in forma ordinata, favorendo un’immigrazione regolare, eventualmente curando anche la formazione professionale già nei Paesi di provenienza.

“Che i politici non si azzuffino per realizzare un progetto del genere – osserva Andreas Lampl, direttore di “Trend” – appare evidente. Ma sarebbe ben peggio dover dichiarare bancarotta, per l’involuzione dell’economia, solo perché le imprese non hanno sufficiente personale”.

__________________________

Austria vicina è anche su Facebook. Clicca “mi piace” alla pagina https://www.facebook.com/austriavicina.

 

 

 

 

Lascia un commento