Dal 1. gennaio la Croazia entra nello spazio Schengen. Ciò significa che dal prossimo anno cadranno i controlli di polizia alle frontiere tra la Croazia e i Paesi confinanti dell’Unione Europea. Scompariranno così le code chilometriche di auto e camion, come quelle che anche noi avevamo conosciuto ai confini con l’Austria e la Slovenia fino a una ventina di anni fa e di cui oggi non ci si ricorda quasi più.
Rimarranno invece le barriere con la Romania e la Bulgaria. Anche per esse la Commissione europea aveva proposto l’ammissione in area Schengen, perché avevano raggiunto tutte le condizioni necessarie, ma nella riunione dei ministri degli Interni dell’Ue, in cui si doveva prendere la decisione, l’Austria – unico Paese assieme all’Olanda – ha posto il veto.
Il ministro austriaco Gerhard Karner dell’Övp (Partito popolare) ha spiegato l’atteggiamento del suo Paese con il flusso dei migranti. “È sbagliato – ha detto – allargare in questo momento un sistema che in molti punti non funziona”. Non funziona o non funzionerebbe, a suo modo di vedere, perché solo quest’anno l’Austria ha registrato oltre 100.000 ingressi illegali di clandestini, di cui 75.000 sono risultati non registrati nel primo Paese d’ingresso nell’Ue.
Ha ragione o non ha ragione? I dubbi sono molti. Riguardano soprattutto la rotta seguita dei profughi. È ben vero che in Austria quest’anno ne sono entrati più di 100.000. È un numero superiore a quello degli sbarchi in Italia (che peraltro è otto volte più grande dell’Austria) e già questo dettaglio meriterebbe un approfondimento: è l’Austria che dovrebbe darci una mano, facendosi carico di una quota di chi approda a Lampedusa, o è invece l’Italia che dovrebbe dare una mano all’Austria, per i profughi che imbarca dall’Ungheria?
Ma quei 100.000 di cui parla Karner non hanno attraversato la Bulgaria e la Romania per mettere piede in Austria. Sono risaliti attraversando la Serbia e poi l’Ungheria, che da bravo Stato sovranista di proposito non registra i transiti, per scaricarne il peso sul resto dell’Europa. Sono circostanze che gli altri ministri degli Interni dell’Ue e in particolare quelli di Romania e Bulgaria hanno fatto presente al collega Karner.
Ma questi deve avere le idee un po’ confuse. Nei giorni che avevano preceduto il vertice di Bruxelles Karner aveva posto il veto anche per l’ammissione della Croazia, costretto poi a una precipitosa retromarcia dai suoi stessi colleghi di governo. Forse però le idee non sono confuse, sono troppo chiare, quando l’argomento profughi non viene affrontato per quello che è, ma brandito come strumento di politica interna, per recupere i consensi che l’Övp ha perso nell’ultimo anno, facendosi sorpassare nei sondaggi persino dell’estrema destra.
Insomma, poco importa che Romania e Bulgaria restino escluse dall’area Schengen, con tutte le conseguenze che conosciamo. Importa invece fare la faccia feroce verso i profughi, penalizzando due Paesi che erano in attesa da 15 anni e che non c’entrano con i profughi. Non la Croazia, però, troppo importante per i flussi turistici estivi da e per l’Austria. Dal 1. gennaio scompariranno le code al confine con quel Paese e gli austriaci potranno finalmente ridurre il tempo di viaggio per raggiungere le coste istriane e dalmate. La concorrenza sul mercato austriaco rispetto alle spiagge dell’Alto Adriatico aumenterà sensibilmente e lo si vedrà già dalla prossima estate.
Le reazioni non sono mancate. Il ministro degli Esteri romeno, Bogdan Aurescu, ha convocato l’ambasciatrice austriaca a Bucarest, Adelheid Folie, e ha richiamato in patria per consultazioni l’ambasciatore romeno a Vienna, Emil Hurezeanu. La posizione dell’Austria – ha osservato Aurescu – è “irrazionale e ipocrita”, perché solo il 3% dei richiedenti asilo in Austria passano per la Romania. Anche il ministro degli Interni bulgaro, Iwan Demerdschiew, ha contestato le parole del collega austriaco: “L’Austria non ha informazioni chiare sulla provenienza dei migranti”. Come a dire che non sa che i migranti non passano per la Bulgaria.
Alcuni politici romeni non escludono di denunciare l’Austria alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per discriminazione nei confronti del loro Paese. Lo avevano già fatto quando il governo di Vienna, all’epoca guidato ancora da Sebastian Kurz, aveva indicizzato gli assegni familiari ai lavoratori stranieri, per poi dover fare dietrofront, dopo la condanna per discriminazione da parte della Corte.
Anche in casa il comportamento di Karner è stato contestato. “Il veto all’ingresso di Romania e Bulgaria nello spazio Schengen – ha affermato l’europarlamentare Othmar Karas, che è anche vicepresidente del Parlamento europeo – non risolve alcun problema, al contrario. Sì, l’Austria sopporta attualmente un peso sproporzionato. Proprio per questo abbiamo bisogno di una comune politica per l’immigrazione. Ma questa nulla ha a che fare con l’allargamento di Schengen”.
Critiche anche da Neos. L’eurodeputata Claudia Gamon ha dichiarato: “Il governo in questo modo ci ha messi fuori dall’Europa. Le nostre imprese sul posto pagheranno il prezzo per il veto imposto a cuor leggero da Karner”.
Al vertice di Bruxelles ha partecipato anche il ministro degli Interni italiano, Matteo Piantadosi, deluso dal collega austriaco. “Oggi è stato un giorno triste per l’Unione Europea – ha dichiarato – Durante il consiglio a Bruxelles ho assistito all’umiliazione incomprensibile e ingiustificata di due Paesi come la Bulgaria e la Romania, che sono ancora tenuti fuori dallo spazio Schengen, pur avendo ogni caratteristica per entrarvi. Sono Paesi fratelli, hanno fatto il percorso che era stato loro richiesto, darebbero un contributo importante al controllo dei confini orientali dell’Ue”.