La “Kleine Zeitung” pubblica oggi un’interessante intervista a Karl Schwarzenberg (nella foto), a firma del direttore Hubert Patterer e del caporedattore centrale Stefan Winkler. L’occasione per parlare con il “grande vecchio” è il traguardo dei suoi 85 anni, che cadrà sabato. Schwarzenberg è il discendente di una delle più antiche famiglie dell’aristocrazia austriaca. È un suo trisavolo il principe Karl Philip zu Schwarzenberg che nel 1813, alla guida degli eserciti coalizzati, sconfisse Napoleone a Lipsia, in quella che fu chiamata poi la “Völkerschlacht”, la “battaglia delle nazioni”.
Anche lo Schwarzenberg dell’intervista potrebbe definirsi “principe” e far precedere il nome del casato da un “zu”, se una legge promulgata dalla neonata Repubblica austriaca, subito dopo il crollo della monarchia, non avesse proibito l’uso dei titoli nobiliari.
Ma il nostro Schwarzenberg non vive sugli allori del passato. La sua voce – non da ex principe, ma da intellettuale di orientamento liberale, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa – ha contato negli anni ’60 nel processo di riforma dell’Övp (il Partito popolare austriaco), che a quel tempo aveva la maggioranza assoluta, per poi impegnarsi soprattutto sul fronte ceco (il casato degli Schwarzenberg era presente nei secoli soprattutto in Boemia e lo stesso principe è nato nel 1937 a Praga), a sostegno del movimento in lotta contro il comunismo e il giogo sovietico.
Fu a fianco e amico di Vaclav Havel e quando questi fu eletto presidente dell’allora Cecoslovacchia, ne divenne il capo di gabinetto. Nel decennio successivo fu eletto al Senato e poi anche alla Camera, assumendo per due volte la funzione di ministro degli Esteri, in una fase storica delicata, in cui la Cechia, ormai separatasi consensualmente dalla Slovacchia, stava transitando da un’economia socialista a un’economia liberale e creava le basi per un’adesione all’Unione Europea. Nel 2013 fu anche candidato alla presidenza della Repubblica ceca, qualificandosi secondo, ma uscendo sconfitto al ballottaggio.
Karl Schwarzenberg, dunque, anche senza quel “zu”, è un personaggio di spicco, con una visione europea della politica. La sua voce conta e l’intervista di oggi ne è la prova. Qui facciamo cenno soltanto a due passaggi. Il più interessante riguarda la guerra di Putin all’Ucraina. I giornalisti gli chiedono se sia giustificato paragonare Putin a Hitler.
“No – risponde Schwarzenberg – Hitler nella sua pazzia era irrazionale, mentre Putin è del tutto razionale nella sua logica. Ha trascorso la sua gioventù a Dresda. A quel tempo l’impero sovietico si estendeva dall’Asia centrale fino a Erfurt e a Eger (rispettivamente città della Turingia e della Cechia, nda). Poi improvvisamente è crollato tutto. Per Putin la fine dell’Unione Sovietica è stata la più grande catastrofe geopolitica del 20. Secolo. Così come era stata Versailles per i tedeschi. Ma queste sono circostanze normali. Nella vita si vince e si perde. Per alcuni tuttavia la situazione di prima deve essere ricostituita ad ogni costo. I tedeschi lo hanno sperimentato con Hitler. Questo sta tentando di fare ora Putin. Ma non gli riuscirà”.
Gli intervistatori della “Kleine” gli chiedono perché ne sia così sicuro. “Perché la Russia è militarmente debole. Per quelli come me, che hanno visto l’Armata Rossa a Vienna, le sue condizioni miserabili di oggi hanno qualcosa di irreale”.
Inevitabile una domanda su quanti chiedono la pace e la cessazione degli aiuti militari all’Ucraina. “Gli ucraini dovrebbero rimetterci la pelle? Perché gli europei possano stare in pace? Questo è un atteggiamento egoistico e privo di scrupoli, che per di più indossa ipocritamente l’abito del pacifismo”.
Un altro tema dell’intervista è stato l’Övp di Sebastian Kurz. “Stiamo pagando un alto prezzo a causa di Kurz (Schwarzenberg parla in prima persona plurale, perché si sente ancora parte dell’Övp, pur non svolgendo attività politica in Austria, nda). Io lo avevo detto da tempo al Partito popolare. L’intero partito è stato vittima di lui. Un abbindolatore. Lo è stato fin dall’inizio. Ciò che ha detto e ciò che ha fatto è stata un’unica contraddizione. Pensiamo soltanto alla politica sull’immigrazione! Era chiaro che sarebbe stata una catastrofe”.