Sabato 18 Maggio 2024

15.06.22 Villach; Uli Vonbank-Schedler, Günther Albel,  Werner Koroschitz, Edith Kapeller - CopiaNon sono molti a ricordare l’affresco che fino a 15 anni fa ricopriva la parete di fondo dell’aula del Landtag, il consiglio regionale della Carinzia, a Klagenfurt. Si intitolava “Il ritorno della Carinzia nel Reich” e quale motivo dominante aveva il cosiddetto “giuramento di fedeltà”. La scena, raffigurata al centro della parete in uno stile pittorico retrodatato al romanticismo ottocentesco, presentava uomini e donne con il “Tracht”, l’abito folcloristico della Carinzia, che alzando il braccio nel saluto hitleriano rendevano omaggio a uno stendardo con la croce uncinata e celebravano l’Anschluss del Land alla Germania nazista.

Non sono molti a ricordare quell’affresco, perché dopo il 1945 non fu più possibile vederlo. Non fu tolto dalla parete della massima assemblea politica carinziana, ma, con una soluzione tipicamente austriaca, fu semplicemente ricoperto con pannelli di legno. Non era più politicamente corretto continuare a celebrare il Reich millenario, specie in una Carinzia occupata per dieci anni dai vincitori inglesi, ma non si volle nemmeno rimuovere il “capolavoro”, che forse in seguito, non si sa mai, sarebbe potuto tornare utile. Così rimase al suo posto, nascosto sotto lo schermo di legno – come si nasconde la polvere sotto il tappeto – per 55 anni, finché non arrivò Jörg Haider – pensate un po’, proprio Jörg Haider – che lo fece distaccare dalla parete, ritenendo che un’opera del genere, che esaltava un regime totalitario e criminale, non fosse compatibile con i valori della democrazia.

L’affresco portava la firma di Switbert Lobisser, pittore e monaco benedettino carinziano vissuto tra il 1878 e il 1943. Negli anni ’20 aveva lasciato l’ordine religioso, per dedicarsi interamente alla pittura. In quel tempo si era avvicinato sempre più al nazismo, celebrandone l’ideologia nelle sue opere, dedicate alla nuova coscienza di sé della nazione tedesca, ai miti della terra nutrice, alla linfa vitale e alla forza della sana vita contadina, all’omaggio reso alla maternità.

Switbert Lobisser fu dunque e può essere considerato ancor oggi un pittore di regime, per convenienza o probabilmente anche per intima convinzione. Non fu l’unico. Ce ne furono tanti altri che si comportarono come lui, ma della cui connivenza e/o complicità con il regime di Hitler si è perso tutto d’un colpo il ricordo, nel giorno stesso della caduta del nazismo. Un vuoto di memoria durato fino ai giorni nostri e colmato da una mostra, che definire coraggiosa è dir poco, aperta ora nella galleria “Freihausgasse” di Villach. Si intitola “Kunst des Vergessen”, “L’arte della dimenticanza”, ed è dedicata proprio agli artisti che durante il nazismo si schierarono a fianco dei detentori del potere o che già prima avevano manifestato simpatie per essi.

È una mostra coraggiosa, perché non si limita a ricostruire una mappa dei rapporti tra operatori culturali del periodo nazista e prenazista, ma ne menziona anche nomi e cognomi. Ne emerge un quadro sconfortante, dal quale si evince che grande parte dell’élite artistico-culturale carinziana aderì volontariamente al nazismo e si adeguò compiacente alla battaglia del regime contro le nuove tendenze artistiche, giudicate degenerate.

Nella mostra sono illustrate le biografie di questi artisti di regime e anche i meccanismi della politica culturale del nazismo. “Alcuni di essi – osserva Günther Albel, da poco eletto sindaco di Villach, che ha riservato per sé il settore della cultura – parteciparono alle ruberie di opere d’arte di proprietà di famiglie ebree”. Il curatore della mostra, Werner Koroschitz, osserva che in Carinzia la restituzione delle opere confiscate non è stata ancora affrontata, mentre opere di artisti notoriamente vicini al nazismo sono ancor oggi spesso esposte al pubblico. L’obiettivo della mostra è riassunto dal sindaco in questa frase: “Noi siamo ciò che ricordiamo e soltanto chi sa da dove viene sa dove va”.

Le biografie illustrate nella mostra sono quasi sempre sorprendenti, proprio perché svelano aspetti che per oltre mezzo secolo erano stati rimossi dalla memoria. Per esempio il ruolo di Walter Frodl, conservatore dei beni culturali del “Gau” carinziano nazista, ruolo che non gli impedì dopo la guerra, dal 1965 al 1970, di diventare presidente della Soprintendenza federale ai beni artistici; o quello di Bruno Grimschitz, storico dell’arte carinziano e dal 1939 al 1945 direttore dell’Österreichische Galerie. Entrambi parteciparono ai furti di opere d’arte dei nazisti e all’arianizzazione dei beni di famiglie ebree e divennero poi tra i fautori del modernismo carinziano, in particolare di Alois Kolig e Franz Wiegele.

Tra i personaggi di questa singolare galleria figura Sepp Donner, autore di un mostruoso monumento al defunto Gauleiter carinziano Hubert Klausner e di innumerevoli busti di Hitler e Mussolini. Proprio lui fu incaricato di realizzare un monumento per le vittime del nazismo nel cimitero di Darmstadt. Un altro protagonista degli anni del nazismo è Heinrich Ebner, direttore della Camera della cultura del Reich in Carinzia: assieme a Karl Bauer e a Utho Christi fu incaricato dell’allestimento della stazione ferroviaria di Villach.

Come non menzionare poi Gustinus Ambrosi, artista di Vienna aderente al nazismo. Fu tra i più feroci critici di Giselbert Hoke (appartenente alla corrente modernista), per i suoi affreschi alla stazione centrale di Klagenfurt. Dopo la guerra la città di Villach lo incaricò di realizzare un busto di Adolf Schärf, socialdemocratico, presidente della Repubblica dal 1957 al 1965.

Non mancarono artisti che scelsero di opporsi al nazismo e nella mostra c’è traccia anche di essi. Tra questi, Othmar Jaindl e Ludwig Jungnickel, perseguitati dal regime per le loro idee politiche, o Erich Loewe, costretto a espatriare perché ebreo.

Il già citato Hoke e Maria Lassnig, che all’epoca appartenevamo a quella che potremmo definire un’avanguardia in germoglio, furono bersaglio dei critici d’arte nazionalsocialisti, critici d’arte che anche dopo la guerra – come i materiali esposti alla mostra documentano – dominarono la scena artistica, continuando a svolgere il loro lavoro di critici.

La mostra “Kunst des Vergessen” può essere visitata fino al 22 agosto, nella galleria Freihausgasse, aperta al lunedì, al giovedì e al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18; al sabato, dalle 9 alle 15. Tra fine luglio e i primi di agosto il Kirchtag richiamerà a Villach migliaia di italiani. Certo, l’interesse maggiore sarà per le parate folcloristiche, per i concerti delle bande, per i chioschi gastronomici. Ma perché non approfittare dell’occasione per fare prima una breve visita anche alla galleria Freihausgasse? Così, tanto per non dimenticare un capitolo della storia della Carinzia che non è molto differente dalla nostra storia. Perché – come ha detto il sindaco Albel – noi siamo ciò che ricordiamo. E poi che la festa del Kirchtag cominci!

 

NELLA FOTO, il sindaco di Villach Günther Albel, in giacca verde, e il curatore della mostra Werner Koroschitz in visita alla mostra “Kunst des Vergessen”.

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