Lunedì 17 Marzo 2025

Le aziende nascono e muoiono, ma in tempi di pandemia muoiono di più. Una verifica nei maggiori Paesi dell’Eurozona e in Norvegia, Gran Bretagna e Svizzera ha rilevato nel 2022 una crescita dei fallimenti di un quarto rispetto al 2021 (+24,12%). Negli anni precedenti avevano retto, grazie ai consistenti aiuti deliberati dai vari governi. Ma i nodi sono venuti al pettine lo scorso anno, quando le stampelle dello Stato sono venute meno, mentre alla crisi pandemica è subentrata quella energetica dovuta alla guerra in Ucraina.

Il fenomeno si è manifestato in forme più virulente soprattutto in Austria, dove il numero dei fallimenti è aumentato del 59,7%, quasi il triplo rispetto alla media europea. Seguono Gran Bretagna (55,9%) e Francia (50,0%). I casi di insolvenza, invece, sono sensibilmente calati nei Paesi del Sud Europa, in particolare in Grecia, Italia e Portogallo.

La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha pubblicato qualche giorno fa un servizio in cui si cerca una spiegazione al record di fallimenti registratisi in Austria. E la trova nell’abnorme mole di aiuti pubblici ricevuti dalle aziende nel corso della pandemia, che non ha eguali negli altri Paesi europei. Attingendo ai dati di Eurostat, risulta che nel 2020 in Austria ogni cittadino ha contribuito con 1.475 euro a sostenere le aziende in difficoltà, a fronte di una media europea di 325 euro. Questo poderoso intervento dello Stato ha drogato il mercato, mantenendo artificialmente in vita anche aziende che altrimenti avrebbero cessato l’attività.

Nel 2022 si sono registrati 4.750 fallimenti (fonte: Statistik Austria), un numero che secondo gli esperti quest’anno crescerà sensibilmente per l’aumento dei costi dell’energia e dei materiali.

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