Walter Rothensteiner si è dimesso dalla presidenza del consiglio di sorveglianza di Casinos Austria, la società partecipata dallo Stato che gestisce i 12 casinò storici del Paese. Il suo nome dice poco in Italia, ma in Austria è un pezzo da novanta, con un passato ai vertici del Reiffeisenverband (la potente federazione delle Casse rurali), di cui ora è “Generalanwalt”.
Lascia la comoda presidenza delle case da gioco, perché quella poltrona era diventata ormai scottante, dopo il video-scandalo di Ibiza. In quelle immagini furtivamente registrate non si sente soltanto Heinz-Christian Strache, ex leader dell’estrema destra, promettere appalti a una sedicente miliardaria russa in cambio di tangenti. Lo si sente anche affermare – e questa è la parte del video più interessante dal punto di vista politico e giudiziario – che in Austria “così fan tutti”: tutte le grandi società foraggiano sottobanco i partiti per avere in cambio favori e tutti i partiti accettano volentieri i loro soldi, senza incassarli direttamente, ma attraverso associazioni e fondazioni collaterali, per salvare le apparenze.
La candida dichiarazione di Strache, rilasciata senza sapere che le sue parole venivano registrate da una “candid camera”, hanno sollevato un velo su quelle apparenze e ora ne vogliono sapere di più sia la Procura federale anticorruzione, sia una commissione d’inchiesta parlamentare. Rothensteiner si sarebbe dimesso per sottrarsi alle due inchieste, anche se appare improbabile che si possa così facilmente tagliare la corda. È come se Attilio Fontana si dimettesse da presidente della Lombardia per non dover rispondere alle domande sull’affare dei camici “donati” del cognato.
Sui lavori della commissione parlamentare (che da poco ha sospeso i lavori ed è andata in ferie) e sulle indagini della magistratura avremo modo di ritornare. Qui ora ci incuriosisce riferire sull’ordine di grandezza degli emolumenti che uomini come Rothensteiner percepivano e percepiscono ai vertici della Casinos Austria.
Per capire meglio di che cosa stiamo parlando occorre precisare che la società è partecipata al 33,2% dallo Stato e che un tempo aveva il monopolio del gioco d’azzardo in Austria. Ora gestisce sempre i suoi 12 casinò (quello di Vienna si trova nella centralissima Kärntner Strasse), ma deve sostenere la concorrenza di privati, in particolare di Novomatic, colosso internazionale delle slot-machine, che peraltro fino al giugno scorso aveva anche il 17,2% del capitale di Casinos Austria. Anche in una situazione di mercato così modificata, Casinos Austria resta sempre una potente macchina mangiasoldi, ma anche produttrice di sontuosi utili per i suoi azionisti (112 milioni nel bilancio 2019). Per questo tutti i partiti politici hanno sempre cercato di infilare i loro uomini nelle stanze di comando, per poter partecipare al taglio della torta. Ci sembra di poter escludere soltanto i Verdi e la Neos, ma forse perché finora non erano mai stati al governo.
Quest’anno, però, le cose si sono messe male per la società, tanto che la direzione del personale ha deciso il licenziamento di 500 dei 1700 dipendenti. Le ragioni della crisi sono da ricercare nell’epidemia da Covid-19, che ha imposto un lungo periodo di inattività, ma anche nelle prebende distribuite a piene mani ad amministratori e dirigenti della società.
Il settimanale viennese “Falter” ne ha fatto recentemente il conto, cominciando dal nome di Bettina Glatz-Klemsner, esponente dell’Övp (Partito popolare), dal quale ha sempre avuto incarichi amministrativi in settori legati al gioco, dalle lotterie ai casinò. Ultimamente era direttrice finanziaria di Casinos Austria, ma aveva dovuto lasciare la poltrona, per far posto a un uomo dell’Fpö, Peter Sidlo, designato su forti pressioni del partito, benché giudicato dal consulente per il personale del tutto incompetente a svolgere la nuova funzione (nel suo curriculum si legge soltanto che prima era stato consigliere di circoscrizione in un quartiere di Vienna).
Come premio di consolazione la rimossa Bettina ha incassato 1,6 milioni di liquidazione, perché nel nuovo incarico che le è stato affidato all’interno di Casinos Austria avrebbe ricevuto un compenso inferiore. Da dirigente finanziaria, infatti, aveva uno stipendio lordo annuo di 400.000 euro e un bonus che era un multiplo dello stipendio e che nel 2017 le aveva consentito di portare a casa 1,8 milioni. Ora dovrà accontentarsi invece di solo 700.000 euro all’anno, più un bonus corrispondente allo stipendio di un anno.
Un altro dirigente di Casinos Austria menzionato da “Falter” è Dietmar Hoscher, già deputato dell’Spö (Partito socialdemocratico) e membro del gabinetto dell’ex ministro delle Finanze Rudolf Edlinger. Anche lui ha dovuto passare dal ruolo di dirigente ad altro incarico. Non è rimasto disoccupato, ma come “trattamento di fine rapporto” Casinos Austria gli ha versato 4 milioni. Di questi, 600.000 euro gli erano stati computati a titolo di indennizzo per ferie non godute. Come detto, Hoscher non resterà senza lavoro, ma qualora gli fosse andata così, non sarebbe morto di fame, perché per prestazioni precedentemente svolte alla Banca nazionale austriaca gode di una pensione di 50.000 euro all’anno.
Va detto che Casinos Austria e una società per azioni e, ancorché partecipata dallo Stato austriaco, il suo maggiore azionista è una società privata ceca, il gruppo Sazka, che detiene oltre il 55% del capitale. Di conseguenza con i soldi che incassa può fare ciò che vuole. Ma poiché le concessioni per il gioco vengono dallo Stato, ecco che allora la nomenklatura politica presente ai suoi vertici suscita molti interrogativi. Quali doti manageriali avevano Glatz-Klemsner e Hoscher per avere incarichi così lautamente remunerati? E il consigliere rionale Sidlo?
Lasciamo lavorare la Procura anticorruzione e la commissione parlamentare (quando rientrerà dalle ferie) e forse avremo la risposta. Anche se Walter Rothensteiner farà il possibile per sottrarsi all’interrogatorio.
NELLA FOTO, Bettina Glatz-Kremsner che ha ricevuto dal suo datore di lavoro, Casinos Austria, una liquidazione di 1,6 milioni di euro, solo per aver cambiato ufficio.
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