Sabato 18 Maggio 2024

06.08.31 03 Villach, Infineon; Monika Kircher-KohlIn Austria il ministro della giustizia è donna. E sono pure donne al vertice dei ministeri della pubblica istruzione, della cultura, della ricerca scientifica e, occorre dirlo?, del ministero delle donne. Anche il ministero dei trasporti e delle infrastrutture – il più importante di tutti, perché gestisce il budget più alto, quello da cui dipendono le autostrade e le ferrovie austriache – è in mani femminili. È una donna anche a capo di Infineon, società di Villach, leader mondiale nella produzione di semiconduttori, con stabilimenti in tutti i continenti. E a presiedere la commissione incaricata a occuparsi dei casi di pedofilia la Chiesa austriaca ha scelto una donna, l’ex governatrice della Stiria. Andiamo a memoria, ma, se ci mettessimo d’impegno a tavolino a sfogliare giornali e annuari, ne troveremmo di rappresentanti del sesso cosiddetto debole in ruoli di primo piano nella politica, nell’economia, nella cultura della società austriaca!

Austria paradiso delle donne, dunque? L’apparenza inganna. A fronte di tanti esempi di successo, resta inconfutabile il dato statistico reso noto proprio ieri, secondo cui il divario di reddito fra maschi e femmine è sempre alto, a svantaggio delle seconde ovviamente. Come in Italia, anzi peggio che in Italia.

Conti alla mano, il reddito medio delle lavoratrici austriache è inferiore del 25,6% rispetto a quello degli uomini: 842 euro al mese. Se si prendono in considerazione anche le lavoratrici part time, il gap sale al 34,7%. In altre parole, gli uomini possono lavorare 94 giorni all’anno meno delle donne e avere lo stesso reddito. Questo traguardo si raggiunge proprio oggi, 29 settembre 2010, giornata definita “equal pay day”: significa che da oggi gli austriaci possono fare a meno di lavorare, mentre le austriache dovranno continuare a farlo fino al 31 dicembre, per avere lo stesso guadagno.

La forbice tra maschi e femmine si sta allargando sempre più, anziché rinchiudersi, e colloca l’Austria al penultimo posto della classifica europea, seguita soltanto dall’Estonia. Per invertire la tendenza la Camera del lavoro austriaca – che non è un’emanazione sindacale, come in Italia, ma una istituzione pubblica rappresentativa dei lavoratori dipendenti – propone: uguale stipendio per lo stesso lavoro, uguali opportunità di aggiornamento professionale, maggiore trasparenza nell’assegnazione dei posti, più asili nido e migliore orientamento nella formazione professionale (tra 200 tipi di formazione, la metà delle donne finisce ancora nei corsi per parrucchiera, commessa di negozio e segretaria d’azienda, mentre potrebbe fare ben altro).

Che all’origine della differenza di retribuzione vi sia il periodo di assenza dal lavoro dovuto alla maternità è un mito. “La metà delle donne – fa notare Beate Prettner, unico assessore donna nella giunta regionale carinziana – parte già svantaggiata: un apprendista meccanico guadagna fin dall’inizio il doppio di una parrucchiera, anche se questa non è ancora diventata mamma”.

Insomma, di strada da fare ce n’è tanta per spostare in avanti nel tempo quell’“equal pay day”, possibilmente fino al 31 dicembre. E le conseguenze riguardano non soltanto il reddito durante il periodo lavorativo, ma anche dopo: le donne austriache hanno una pensione mediamente inferiore di 9000 euro all’anno rispetto agli uomini.

Nella foto, Monika Kircher-Kohl, presidente dell’Infineon di Villach, leader mondiale nella produzione di semiconduttori.

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