Domenica 2 Giugno 2024

15.06.09 Inge Rauscher, promotrice petizione anti UE - CopiaL’Austria sta per chiedere di uscire dall’Europa, come forse la Gran Bretagna (per scelta propria) o forse la Grecia (perché costretta). La notizia è talmente clamorosa, da non sembrare neppure vera. E infatti non lo è. Finché compare nel sito web di “imolaoggi.it” – con tutto il rispetto per chi ci lavora – pazienza. Ma quando poi viene ripresa anche da importanti quotidiani nazionali, allora viene il sospetto che il sistema del “copia e incolla” abbia preso il posto di quello che un tempo era un principio basilare del giornalismo: la verifica delle notizie.

Se quel principio fosse stato rispettato, allora si sarebbe scoperto che non è l’Austria a voler uscire dall’Unione Europea, ma solo un gruppo di austriaci, che ha promosso una consultazione popolare, con cui chiederanno ai loro concittadini di firmare una petizione in tal senso. In Austria è facile farlo, perché la Costituzione consente di indire una consultazione (la definizione in tedesco è “Volksbegehren”) anche se viene richiesta da un numero modesto di elettori: ne basta uno su mille, il che significa attualmente circa 8.400 persone.

Il comitato promotore del referendum ha raccolto oltre 10.000 firme, per cui la Corte costituzionale e il Ministero degli interni hanno indetto la consultazione, fissando le date da mercoledì 24 giugno a mercoledì 1. luglio. In quell’arco di 10 giorni tutti i cittadini austriaci con diritto di voto (quindi maggiori di 16 anni) potranno recarsi nel loro comune e apporre la firma sotto il documento, in cui si chiede l’uscita dell’Austria dall’Ue.

Il “Volksbegehren”, in sostanza, non è un referendum, ma una petizione. E, in quanto tale, non è vincolante. La Costituzione prevede che, se nell’arco di quei dieci giorni saranno raccolte oltre 100.000 firme, il contenuto della petizione debba essere posto all’ordine del giorno del Parlamento, che dovrà discuterne, ma non sarà obbligato a tenerne conto.

Nel dopoguerra si sono svolti in Austria 37 “Volksbegehren” (quello sull’uscita dall’Ue è dunque il 38.mo), ma soltanto di uno si è tenuto conto: ebbe luogo nel 1964 e riguardava la riforma del sistema radiotelevisivo pubblico (Orf), all’epoca completamente asservito al governo. La consultazione popolare fu proposta dall’allora direttore del “Kurier”, Hugo Portisch, uno dei più autorevoli giornalisti austriaci, tuttora vivente, con il sostegno di gran parte degli altri giornali. La petizione raccolse 832.353 firme (oltre il 17% degli aventi diritto al voto). Il Parlamento, di fronte a una simile risposta e incalzato da gran parte della stampa, fu costretto a riformare l’Orf.

Ma fu un caso unico. Altri “Volksbegehren”, che pure avevano raccolto adesioni maggiori, addirittura oltre il milione (per esempio, contro la costruzione di un centro congressi a Vienna e contro i prodotti geneticamente modificati), rimasero nel cassetto.

Che accadrà dunque con la richiesta di uscire dall’Ue? Supererà le l00.000 firme e di quanto? L’euroscetticismo in Austria è molto forte, ma non tale da voler abbandonare la nave Europa. Soltanto un quarto degli austriaci, secondo un sondaggio dello scorso anno, era di questo parere, ma il 57% riteneva che l’adesione all’Ue di 20 anni fa fosse stato un passo giusto e il 67%, pur criticando l’Unione, dichiarava di volervi restare. Significativo inoltre il fatto che nessun partito politico, nemmeno l’Fpö che è quello più eurocritico (come la Lega in Italia), abbia offerto il suo sostegno ai promotori del referendum.

Restiamo calmi, dunque. L’uscita dell’Austria dall’Unione Europea per ora è solo un abbaglio del copia e incolla.

 

NELLA FOTO, Inge Rauscher, una rappresentante del comitato promotore della consultazione anti-Ue.

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