Sabato 18 Maggio 2024

21.08.16 Kabul, talebani nel palazzo del governoIn Afghanistan la situazione sta precipitando o è già precipitata. Da ieri anche la capitale Kabul è nelle mani dei talebani. Per il Paese significa un ritorno al Medioevo, non sappiamo ancora se con o senza spargimento di sangue. Quale sarà la sorte dei civili che hanno collaborato con gli occidentali presenti sul territorio? E quale sarà la sorte degli afghani che nel recente passato avevano cercato rifugio in Europa, qualora fossero costretti a tornare nel loro Paese?

Molti Stati europei hanno deciso di sospendere i rimpatri degli afghani a cui non era stato riconosciuto lo status di rifugiati. Sospendere i rimpatri, in attesa di capire meglio quale sarà la situazione nel loro martoriato Paese, affinché il rimpatrio non equivalga a una condanna a morte. L’Austria non è tra questi. Ancora ieri (oggi forse potrebbe cambiare idea) il ministro degli Interni, Karl Nehammer, aveva confermato la volontà di proseguire con i rimpatri, “per non dare alla popolazione afghana un segnale sbagliato”.

Quello del “segnale sbagliato” è un refrain ripetuto spesso da Nehammer e dal cancelliere Sebastian Kurz. I due temono, infatti, che un rallentamento o addirittura una sospensione dei rimpatri, faccia credere a chi vive in Afghanistan che le porte dell’Austria sono aperte. Le migliaia di persone in fuga, che i telegiornali ci hanno mostrato, probabilmente non hanno avuto modo di tener conto dei “segnali” inviati da Vienna. Per esse era importante salvare la pelle cercando rifugio in territori non controllati dai talebani.

Al di là di ogni considerazione di tipo umanitario, l’atteggiamento del ministro Nehammer stupisce perché, come gli contesta il vicecancelliere Werner Kogler (Verdi), di fatto in questo momento i rimpatri sono impossibili. Finora l’Austria aveva provveduto per conto proprio a riportare a casa loro immigrati giunti dal Pakistan o dalla Georgia, ma per il rimpatrio degli afghani si era sempre appoggiata a viaggi organizzati da altri, anche perché a Kabul non esiste una rappresentanza diplomatica austriaca.

Con l’Afghanistan i rimpatri erano diventati possibili soltanto dal 2017, grazie a un accordo raggiunto l’anno prima a livello di Unione Europea. Il coordinamento dei trasporti era effettuato attraverso una piattaforma creata allo scopo dall’agenzia Frontex. L’Austria si era sempre appoggiata a voli organizzati da altri, soprattutto dalla Svezia, i cui aerei facevano tappa a Vienna, per prendere a bordo gli afghani respinti da questo Paese.

Dal 2017 a oggi sono stati effettuati 26 di questi voli, di cui 4 quest’anno. Complessivamente sono stati rispediti al loro Paese, contro la loro volontà, 121 uomini; altri 45 hanno accettato di farvi ritorno volontariamente. L’ultimo volo risale al 16 giugno scorso: trasportava 31 persone, di cui 6 allontanate dall’Austria. Come si vede, sono numeri risibili, ove si consideri che gli afghani presenti in Austria sono circa 45.000.

Ma ora che anche la Svezia – come la Francia, la Danimarca e la Germania – ha deciso di sospendere i rimpatri, a chi affiderà l’Austria i suoi profughi da riportare in Afghanistan? Lo farà per proprio conto, con propri aerei, per “non dare un segnale sbagliato”? Il ministro Nehammer ipotizza voli charter diretti a Islamabad, capitale del Pakistan, dove l’Austria è presente con una propria ambasciata. Da là i profughi verrebbero trasferiti via terra a Kabul, che dista 8 ore di viaggio. Ma da ieri Kabul è in mano ai talebani, a cui forse non interessa l’accordo stipulato nel 2016 con l’Europa.

Come si vede, siamo nel campo dei vaneggiamenti, utili alla propaganda populista, ma completamente disancorati dalla realtà.

 

NELLA FOTO, i capi talebani nel palazzo del governo, dopo la conquista di Kabul. L’Austria consegnerà nelle loro mani gli afghani che avevano chiesto asilo?

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