Domenica 19 Maggio 2024

13.01.24 05 Karl SchwarzenbergKarl (o Karel) Schwarzenberg è un signore di 75 anni, dai capelli brizzolati, tagliati corti, e con un bel paio di baffetti molto curati. Porta sempre un papillon al collo della camicia e quasi sempre il gilet sotto la giacca. Noblesse oblige. E la “noblesse” di Karl (o Karel) Schwarzenberg è di lungo corso. Il nome di famiglia (o di casato, diremmo meglio) è tra i più antichi e prestigiosi dell’impero absburgico, tanto che il titolo nobiliare di Karl (o Karel) Schwarzenberg, nei Paesi d’Europa dove è consentito fregiarsene, sarebbe quello di principe.

 

Stiamo parlando, dunque, del principe Karl (o Karel) zu Schwarzenberg, per dirla tutta, pronipote di quel Karl Philipp zu Schwarzenberg che nel 1813, a Lipsia, sconfisse Napoleone (non da solo, ben s’intende, ma in una coalizione di più Stati, tant’è che quell’evento fu ed è ancora oggi ricordato pomposamente come “la battaglia delle nazioni”). Ai giorni nostri la statua dell’avo condottiero troneggia a cavallo al centro di una piazza, tra le più grandi di Vienna, che porta anch’essa il nome di Schwarzenberg, chiusa a sud, verso la collina del Belvedere, dal Palais omonimo.

 

La ragione del doppio nome è che il nostro uomo, pur appartenendo a un ceppo chiaramente austriaco e pur avendo fatto tutti gli studi e trascorso gran parte della sua vita in Austria, è un cittadino cecoslovacco, essendo nato nel 1937 in quel Paese (dove la famiglia possedeva palazzi e castelli, nonché 30.000 ettari di foreste), che a quel tempo non faceva più parte dell’impero austriaco, ma della neonata repubblica cecoslovacca di Tomaš Masarik, che lo priva del titolo nobiliare, ma non dell’immenso patrimonio immobiliare. Ci penserà a farlo il nazismo, dopo l’annessione della Cechia, perché gli Schwarzenberg anche allora si riconobbero cittadini della repubblica cecoslovacca e si rifiutarono di optare per il Terzo Reich, come avevano fatto quasi tutti i residenti nei Sudeti di ceppo tedesco.

 

Quel gesto, in quelle circostanze, costerà alla famiglia la confisca di tutti i beni. Ma proprio la scelta coraggiosa di allora consentirà agli Schwarzenberg nel 1989, dopo la “rivoluzione di velluto”, di rientrare a testa alta nella vita sociale della Cecoslovacchia e di riavere quasi tutti i loro beni. Karl (o Karel) Schwarzenberg, che già dopo la fine della “Primavera di Praga”, da presidente della Federazione internazionale di Helsinki per i diritti dell’uomo, si era molto impegnato a sostegno degli oppositori al regime comunista in Cecoslovacchia, diventa consigliere personale del nuovo presidente-scrittore Václav Havel, per poi essere eletto, in tempi diversi, al Senato e al Parlamento, fino a diventare, per due periodi distinti, ministro degli esteri, carica che ricopre tuttora.

 

Karl (o Karel) Schwarzenegger è ora candidato alla presidenza della Repubblica. Ha superato il primo turno di votazioni e oggi dovrà confrontarsi al ballottaggio con il suo competitore Miloš Zeman.  In questa veste di candidato alla massima carica della Cechia e al tempo stesso di esponente di primo piano di una delle più illustri famiglie della storia imperiale absburgica, lo ha intervistato il settimanale austriaco “Profil”. Le domande hanno riguardato temi di politica interna e internazionale. Una, in particolare, ci è parsa interessante, perché per certi versi può riguardare anche l’Italia e il secessionismo leghista, che vagheggia una macroregione del nord.

 

Anche la Cecoslovacchia, infatti, ha vissuto una sua secessione proprio vent’anni fa: da una parte la Cechia, con capitale Praga, dall’altra la Slovacchia, con capitale Bratislava. Due regioni differenti per cultura e persino per lingua, storicamente mai unite, ma associate artificialmente per ragioni geostrategiche dell’Europa seguita alla prima guerra mondiale. A Schwarzenberg “Profil” ha chiesto se la scissione pacifica tra Cechia e Slovacchia non possa costituire un modello per la scissione di altre regioni d’Europa, dalla Scozia alle Fiandre, dalla Catalogna ai Paesi Baschi. “Profil” non cita la Padania, ma lo facciamo noi.

 

Sentiamo la risposta del principe: “Si dovrebbero tenere d’occhio le conseguenze. Cerchi di ricordarsi: prima della divisione della Slovacchia e della Repubblica ceca non c’era in nessuna delle due parti una maggioranza che lo richiedesse. Il governo – quindi Vaclav Klaus e Vladimir Meciar – hanno deciso la separazione contro la volontà della popolazione. Il fatto positivo è che in questo modo entrambe le nazioni hanno perso i loro complessi. Gli slovacchi non credono più di vivere sotto la curatela dei cechi. E i cechi non credono più di dover pagare costantemente per gli slovacchi. Tuttavia devo prendere atto che uno Stato di media grandezza com’era la vecchia Cecoslovacchia avrebbe avuto un peso maggiore in Europa e sul piano internazionale di quello che hanno due piccoli Stati. Secessioni di tal genere, pertanto, meriterebbero prima una riflessione molto attenta”.

 

Nella foto, Karl (o Karel) Schwarzerberg candidato alla presidenza della Cechia.

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