Sabato 18 Maggio 2024

21.02.24 Discarica di Johor, Malaysia; plastica importata - CopiaL’Austria è sempre stata considerata un modello di tutela ambientale e di responsabile smaltimento dei rifiuti, attraverso il riciclo di ciò che può essere riciclato (molti supermercati si riprendono le bottiglie di plastica vuote, restituendo la cauzione), una raccolta differenziata spinta e la termovalorizzazione di ciò che resta. Anche l’Italia ha spesso approfittato dell’eccellente organizzazione austriaca per smaltire parte dei rifiuti di Roma, di Napoli e della Sicilia, facendo fare loro un viaggio di migliaia di chilometri in ferrovia.

Ora scopriamo che il modello austriaco non è proprio un modello e che anche l’Austria esporta parte dei propri rifiuti, trasportandoli via nave per decine di migliaia di miglia marittime fino alla lontana Malesia. Per la verità non siamo stati noi a scoprirlo, ma lo ha fatto Greenpeace, che ha denunciato questo traffico scandaloso e ingiustificato. Ingiustificato perché l’Austria questi rifiuti li avrebbe potuto smaltire in casa, ma ha preferito scaricarli altrove perché, anche facendo fare loro il giro del mondo, avrebbe comunque risparmiato un bel po’ di quattrini.

Greenpeace aveva sollevato il caso già nell’autunno scorso, ma da ieri è sulle pagine di tutti i giornali, perché perfino la Malesia, dove pure la vigilanza ambientale è quel che è, ha detto basta e ha rispedito indietro quattro container di rifiuti plastici, che risulterebbero contaminati da sostanze tossiche (e pertanto non riciclabili, come era stato falsamente attestato nei documenti di accompagnamento). Un viaggio di ritorno del genere dall’Asia all’Europa non si era mai visto finora. I container rispediti al mittente facevano parte di un carico di 28 container, per 700 tonnellate di rifiuti plastici, spediti dalla società Fcc Austria Abfall Service Ag di Amstetten, in Bassa Austria.

La ditta offre “soluzioni ambientali” sull’intero territorio nazionale, avendo come interlocutori comuni, aziende industriali e commerciali e privati. “I nostri rapporti – si legge nel sito web dell’azienda – si basano sulla partecipazione, sull’affidabilità, sulla trasparenza e sulla qualità. Ci sentiamo responsabili nei confronti dei committenti e dell’ambiente, perché l’economia e l’ecologia rappresentano per noi una inseparabile unità”.

Quanto sia responsabile la società di Amstetten lo accerteranno ora gli ispettori del Ministero per l’Ambiente, che hanno prelevato campioni dai quattro container parcheggiati alla stazione ferroviaria. Non sarà un compito facile. La Fcc, in una mail inviata all’Orf, ha dichiarato di non aver mai trattato materiale plastico contaminato. Ma le fasi per l’esportazione di rifiuti “sono molto complicate”, come ha fatto rilevare Florian Berger, funzionario del Ministero. E forse sono complicate proprio per sfuggire ai controlli. Lisa Panhuber, portavoce di Greenpeace Austria ha segnalato come vi siano coinvolte molte società della Bassa Austria e della Polonia e poi molti intermediari. “Tali esportazioni avvengono attraverso più società, in maniera da poter mascherare eventuali intrallazzi”.

Il caso della Fcc Austria Abfall Service Ag sarebbe soltanto “la punta di un iceberg”. Insomma, l’export di rifiuti, legali o illegali, verso Paesi con standard ambientali inferiori a quelli europei, sarebbe una prassi consolidata. Dall’inizio di quest’anno sono in vigore nell’Ue regole più rigorose per lo smaltimento di rifiuti plastici in Paesi in via di sviluppo. Possono essere esportati soltanto rifiuti “puliti”, idonei per il riciclaggio.

Quelli della ditta di Amstetten sono stati rimandati in Austria perché, secondo le autorità malesi, sarebbero risultati contaminati. Il Ministero per l’Ambiente austriaco verificherà ora se le cose stanno davvero così.

 

NELLA FOTO di Greenpeace, la discarica di Johor, in Malesia, cui erano destinate anche le 700 tonnellate di rifiuti plastici giunti dall’Austria.

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