Sabato 18 Maggio 2024

16.06.25 Bandiera Ue con croce di divieto - Copia“Questo non è un buon giorno per la Gran Bretagna, non lo è per l’Europa e non è un buon giorno per il nostro Paese”. Sono le prime parole di una dichiarazione rilasciata alla stampa ieri mattina dal cancelliere socialdemocratico austriaco Christian Kern sulla decisione del popolo britannico di uscire dall’Ue. Il capo del governo austriaco è tra i politici che credono nell’Europa e che fino all’ultimo ha sperato che la Brexit non prevalesse. Le cose sono andate invece come sappiamo e “l’Europa in questo modo – ha commentato con amarezza Kern – ora perde il suo ruolo e la sua importanza nel mondo”.

Poco dopo anche il vicecancelliere popolare, Reinhold Mitterlehner, ha fatto sentire la sua voce. Ha parlato di “un giorno funesto per l’Europa” e ha letto nel voto britannico “un segno di profonda sfiducia” nell’Europa, non più percepita come un progetto di pace e di benessere, ma come una sommatoria di crisi, di paure, di nazionalismi.

A mezzogiorno anche il Capo dello Stato, Heinz Fischer, ha diffuso una nota sull’esito referendum britannico. Il presidente – il cui mandato scadrà esattamente tra due settimane, anche se il suo successore non è ancora certo, dato il ricorso contro il risultato elettorale – ritiene che l’Austria sia in grado di far fronte alle conseguenze della Brexit, nonostante lo choc che essa ha provocato. L’”evento storico”, che “fa trattenere il respiro all’Europa”, rappresenta – a suo dire – una “sveglia”, non “per quelli che sono contro l’Ue, ma per quelli che hanno a cuore l’Europa. Nel mondo di oggi non contano i nazionalismi, ma una stretta collaborazione di tutti i Paesi d’Europa”.

Di tenore diverso, ovviamente, le reazioni nell’Fpö, il Partito liberalnazionale da sempre euroscettico e che soltanto due settimane fa aveva invitato a Vösendorf, poco fuori Vienna, Marine Le Pen e i rappresentanti di tutti i partiti della destra populista europea, compresa la Lega Nord. Si doveva festeggiare l’anniversario della costituzione del gruppo dei partiti nazionalisti nel Parlamento europeo.

Ieri, invece, l’Fpö ha festeggiato con i suoi partner il risultato del referendum britannico. “Noi ci congratuliamo con i britannici – ha dichiarato il leader austriaco Heinz-Christian Strache – per la loro riacquistata sovranità. Il risultato del referendum di ieri è un segnale per la democrazia e contro il centralismo politico, ma anche contro l’incessante follia migratoria”. E ancora: “Abbiamo rispetto per la decisione dei britannici e comprendiamo questo voto maggioritario. Se l’Ue non avvia subito un ampio e profondo processo di rinnovamento, allora sarà la sua fine”.

Fin qui parole analoghe a quelle pronunciate dagli altri partner europei. Ma poi la musica cambia. Mentre i Salvini, i Le Pen, i Wilder e gli altri leader della destra populista europea hanno chiesto un referendum sull’Europa anche a casa loro e anzi lo hanno sollecitato entro l’anno, i liberalnazionali austriaci su questo punto sono più prudenti. Non parlano di uscita dall’Ue, ma di riforma dell’Ue che, secondo loro, dovrebbe prevedere un massiccio ridimensionamento delle istituzioni europee, un’ampia restituzione delle competenze decisionali agli Stati nazionali, una sospensione di Schengen “in questa caotica situazione internazionale”.

Per attuare riforme del genere persone come Martin Schulz e Jean-Claude Juncker non sarebbero adatte e l’Fpö ne sollecita le dimissioni immediate. Soltanto se un simile processo di riforme non fosse attuato allora si prospetterebbe anche per l’Austria l’ipotesi di un referendum di uscita dall’Ue.

In questo senso si può dire che il referendum britannico è riuscito a fare un po’ di chiarezza in Europa tra chi vuole seguirne l’esempio e chi no. L’Austria appartiene al secondo gruppo, perché anche la sua destra populista ed euroscettica sa che i vantaggi dell’Ue sono superiori agli svantaggi. Si può dir male di Bruxelles a pranzo e a cena, per solleticare il proprio elettorato, ma senza arrivare alla decisione estrema di uscirne, per non trovarsi nelle condizioni di quel marito che voleva fare del male alla propria moglie…

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