Sabato 18 Maggio 2024

12.03.30 arbeiterCome funziona il mercato del lavoro in Austria? A quali condizioni può essere licenziato un dipendente? Era inevitabile che fossero poste domande come queste nell’incontro organizzato l’altra sera a Fiume Veneto da due agenzie austriache che promuovono gli investimenti industriali nel loro Paese, l’Austrian Business Agency (Aba) di Vienna e l’Entwicklungsagentur Kärnten (Eak) di Klagenfurt. Sorprendentemente numerosi gli imprenditori intervenuti, sintomo forse delle difficoltà del momento in Italia e della voglia di andarsene.

 

Ma perché proprio in Austria? Perché in un Paese che non è del terzo mondo, dove il Pil pro capite è più alto di quello italiano, la manodopera costa di più, le norme sulla sicurezza del lavoro e ambientali sono più rigorose? Beh, quello che si è sentito l’altra sera basta e avanza per convincere più di qualcuno a fare le valigie.

 

Marion Biber dell’Aba e Natascha Zmerzlikar dell’Eak hanno presentato il contesto socio-economico dell’Austria e in particolare della Carinzia. Ma è stata soprattutto l’avvocata Enrica Maggi – italiana trapiantata in Austria – a fornire ai presenti le informazioni che stavano loro più a cuore, perché riguardano più da vicino l’avvio di un’impresa oltre confine: una settimana soltanto per costituire una società, tre mesi al massimo per avviare la produzione, completa assistenza negli adempimenti burocratici senza pagare un euro, una sola imposta sul reddito delle società al 25% (l’Irap non esiste), ma calcolata su un imponibile mediamente dimezzato rispetto a quello italiano per la possibilità di dedurre tutti i costi legati alla produzione, rimborso dell’Iva entro 6 mesi con accredito automatico sul proprio conto.

 

Ma, come dicevamo all’inizio, era inevitabile che in una serata del genere fosse affrontato anche il tema del lavoro o, per essere più precisi, dell’uscita dal lavoro, per vedere se anche in Austria esiste qualcosa di simile all’articolo 18. Nel dibattito in Italia sulla riforma Fornero si è spesso osservato che soltanto nel nostro Paese sono posti vincoli ai licenziamenti individuali, mentre in tutto il resto d’Europa l’imprenditore ha mano libera. In Austria, per esempio, è così.

 

Il licenziamento può avvenire “ad nutum”, vale a dire anche senza giusta casa. Il datore di lavoro non deve darne alcuna spiegazione. Non esiste alcuna deroga che tenga conto, per esempio, dell’età o delle condizioni di salute del lavoratore. Il meccanismo in questo senso è spietato. La Maggi ha citato il caso di un operaio carinziano licenziato dall’azienda perché afflitto da un tumore.

 

Il sistema non tutela il lavoratore, ma privilegia la produttività, che evidentemente risentirebbe di una manodopera esuberante o non efficiente per ragioni di salute o di età. Non è l’imprenditore che deve farsi carico dei dipendenti licenziati, ma l’assistenza pubblica.

 

Il licenziamento va dato con almeno 6 settimane di preavviso, che possono essere di più, se l’anzianità aziendale è maggiore. Il lavoratore disoccupato riceve un’indennità che varia tra il 60 e l’80% del suo ultimo stipendio, per un periodo da 20 a 52 settimane, anche in questo caso a seconda dell’anzianità aziendale.

 

Allo scadere dell’indennità lo Stato versa al disoccupato un salario minimo (la cosiddetta “Mindestsicherung”) di circa 700 euro al mese, finché questi non trova un’altra occupazione. Condizione per beneficiare del sussidio è che il disoccupato si rechi periodicamente all’Arbeitsmarkt Service (Ams), una sorta di agenzia di collocamento, e accetti eventuali lavori che gli vengano proposti o frequenti corsi di aggiornamento professionale.

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