Domenica 19 Maggio 2024

21.08.05 Günther Platter e Sebastian KurzIschgl è una delle più importanti stazioni sciistiche austriache, ma dallo scorso anno non gode di buona fama. Tra la fine di febbraio e i primi di marzo, mentre la stagione turistica era al top, nella Paznauntal (la valle di cui Ischgl è il centro più importante) si era sviluppato un insidioso focolaio di Coronavirus. Lo stesso era accaduto anche nella vicina St. Anton am Arlberg.

Che in tempi di Coronavirus si formino dei focolai qua e là non deve sorprendere. È nella natura delle cose. Ma il caso Ischgl fece scandalo perché per più di una settimana gli operatori turistici della zona, gli amministratori pubblici, persino i responsabili sanitari fecero finta di nulla, tacquero o minimizzarono la gravità della situazione, per non danneggiare o, peggio, per non rendere necessaria una chiusura anticipata della stagione sciistica.

Le conseguenze sono note. Migliaia di ospiti di Ischgl e dintorni se ne tornarono a casa, portando con sé il virus e diffondendolo nel Centro e nel Nord Europa. A metà aprile circa 4.500 “reduci” dal polo sciistico tirolese avevano aderito alla class action promossa dal Verbraucherschutzverein (l’associazione dei consumatori austriaca) contro le autorità amministrative del Land e contro gli operatori turistici della zona, per ottenere un risarcimento delle sofferenze patite (meglio se in via extragiudiziale, per evitare le lungaggini di interminabili processi).

Parallelamente all’azione risarcitoria sul piano civile era stata avviata anche un’inchiesta penale, che ora è giunta a conclusione, con un rapporto provvisorio della Procura di Stato di Innsbruck, in cui si chiede il rinvio a giudizio di cinque persone. Tra queste, il direttore generale del Land Tirolo, Herbert Forster, e il “capitano” del mandamento di Landeck (è la regione più occidentale del Tirolo, nella cui giurisdizione ricadono Ischgl e St. Anton), Markus Maaß. Gli altri imputati sono due funzionari del mandamento e il sindaco di Ischgl, Werner Kurz.

Nelle 15.000 pagine del rapporto, che contengono perizie e deposizioni di decine e decine di testimoni, vengono ricostruite le varie fasi della vicenda, per mettere a fuoco che cosa andò storto. Perché non furono ascoltati gli allarmi che già a fine febbraio erano giunti da tutta Europa? Perché non si provvide subito a chiudere l’apres-ski bar, che era stato il primo focolaio di diffusione dei contagi? Perché la stagione sciistica fu prolungata fino alla domenica compresa, per non perdere gli incassi del weekend? Perché soprattutto le partenze degli ospiti (ma sarebbe il caso di parlare di “fuga degli ospiti”) avvennero il 13 marzo nel caos più completo, senza alcun controllo e senza che nessuno avesse provveduto con la quarantena ad arginare il diffondersi dell’epidemia?

La risposta a quest’ultima domanda potrebbe avere singolari risvolti politici a livello nazionale. Dal rapporto della Procura di Stato – di cui il settimanale “Profil” riferisce nel suo ultimo numero – emergono infatti le parole del governatore del Tirolo, Günther Platter, che mettono sotto accusa il cancelliere Sebastian Kurz, entrambi dell’Övp.

Platter fa riferimento alla drammatica giornata del 13 marzo 2020, quando fu dichiarato lo stato di quarantena per la Paznauntal e per St. Anton. Quella mattina, alle 9, c’era stata una riunione di emergenza dei membri del governo, collegati on-line con i governatori dei nove Länder: si doveva discutere dei provvedimenti da prendere contro l’epidemia da Covid-19, che ormai aveva colpito anche l’Austria.

In quella sede non si era parlato di quarantene. Ma subito dopo il cancelliere e Platter si erano sentiti al telefono e il primo aveva comunicato al secondo che, d’intesa con il ministro della Salute, Rudolf Anschober, sarebbe stato necessario mettere in quarantena le due aree sciistiche del Tirolo. Platter aveva preso atto di questa esigenza e aveva dato incarico al suo staff di prendere i provvedimenti necessari. Riteneva che la quarantena sarebbe stata annunciata in serata o il giorno dopo, per dare il tempo ai funzionari del Land e alla polizia di organizzarsi.

Alle 14, invece, Kurz, affiancato da Anschober e dal ministro degli Interni, Karl Nehammer, annuncia in una conferenza stampa che “la Paznauntal e St. Anton am Arlberg sono posti in quarantena e che queste aree vengono immediatamente isolate”.

Kurz non si rende conto di aver fatto esplodere una bomba. Appena la notizia si diffonde a Ischgl migliaia di turisti si danno alla fuga, chi in auto, chi addirittura a piedi (quelli venuti da Paesi lontani erano giunti in Tirolo in aereo e non avevano un’auto propria). In quelle poche ore non era stato possibile allertare la polizia, facendo giungere uomini in rinforzo da Innsbruck e da altre località del Paese, e non c’era stato il tempo di predisporre gli strumenti per registrare i partenti o costringerli a fermarsi in attesa di accertamenti sulla loro salute. Era scoppiato il caos più completo, con gente disperata all’assalto dei pochi mezzi pubblici di trasporto disponibili o alla ricerca di un alloggio di fortuna a Innsbruck, in attesa di prendere l’aereo il giorno dopo. A tarda sera la polizia aveva provveduto a organizzare pullman per soccorrere turisti che vagavano a piedi nel buio lungo la statale della valle dell’Inn, portando con sé zaini e valigie. A Innsbruck alcuni hotel avevano chiuso le porte in faccia ai presunti “appestati”, costretti così a trascorrere la notte all’addiaccio.

La Procura di Stato, tuttavia, non sembra aver tenuto conto del dito d’accusa indirizzato dal governatore Platter contro Kurz e il suo governo. Le accuse sono circoscritte a persone del Tirolo: quattro funzionari pubblici e un sindaco. Prima che si arrivi a un rinvio a giudizio o a un’archiviazione ci vorrà ancora del tempo.

La Procura ha inviato il suo rapporto alla Procura generale presso la Corte d’appello di Innsbruck, che a sua volta l’ha trasmessa al Ministero della Giustizia. La decisione sarà presa qui: non da un organo giudiziario, ma da un organo dell’esecutivo. In Austria funziona così, quando i casi penali sono di rilevante interesse pubblico o riguardano persone “importanti”. A decidere se procedere o fermarsi è un “Weisungsrat”, ovvero un organo consultivo del Ministero, che agisce non solo in base a criteri strettamente giuridici, ma anche a valutazioni di tipo politico. Una volta, almeno era così. Da molti anni ormai il “Weisungsrat” fa ciò che si fa in tutti gli Stati di diritto: restituisce gli atti alla Procura che li ha inviati, ordinando di procedere. Resta soltanto una inutile perdita di tempo.

 

NELLA FOTO, il cancelliere Sebastian Kurz, a destra, con il governatore del Tirolo, Günther Platter, entrambi dell’Övp.

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