Sabato 18 Maggio 2024

11.08.31 krsko_12377Si riaccende in Carinzia la discussione sull’energia nucleare. Non esiste qui un partito a favore e un partito contro, come in Italia. In Austria praticamente tutti sono contro. La discussione, quindi, ha una controparte esterna, la Slovenia, che proprio in questi giorni ha annunciato il suo nuovo/vecchio Programma nazionale energetico. Stabilisce le linee guida per la produzione di energia da qui al 2030. Tutto fa perno sullo sfruttamento dell’energia nucleare che esce dalla centrale di Krsko. Non solo non ne è previsto lo smantellamento, come hanno deciso di fare invece i tedeschi, dopo Fukushima, ma si pensa addirittura di potenziarne la produzione.

Le varianti proposte nel piano non sono tra energia nucleare e fonti alternative, magari rinnovabili, ma riguardano esclusivamente la variabile quantità. Una ipotesi prevede la realizzazione di un secondo blocco in grado di produrre 1000 megawatt; un’altra, invece, considera una nuova centrale più potente, fino a 1.600 megawatt. Entro il 2023, inoltre, dovrà essere realizzato in sito per lo smaltimento delle scorie a bassa o media radioattività. Un altro sito dovrà essere individuato entro il 2030.

Contro questi propositi del governo sloveno la Camera del lavoro ha già raccolto 50.000 firme. Con esse si chiede che il progetto di ampliamento di Krsko sia accantonato e che l’impianto esistente sia gradualmente dismesso, alla stregua di quanto ha deciso in Germania il governo Merkel.

A livello politico si è registrata in Carinzia una prima presa di posizione dell’assessora regionale all’ambiente Beate Prettner, del Partito socialdemocratico. “Che nel programma energetico della Slovenia – ha detto – l’energia nucleare abbia un ruolo centrale è una scelta irresponsabile sotto ogni punto di vista dopo quel che è successo a Fukushima”. Su incarico della Prettner il dipartimento per l’ambiente del Land sta elaborando un documento per chiedere al ministro degli esteri Michael Spindelegger (Övp) e a quello dell’ambiente Nikolaus Berlakovich di lanciare un chiaro segnale alla Slovenia.

“L’energia atomica – ha affermato la Prettner – non può avere un futuro. Gli uomini si attendono a ragione che la politica non si limiti ad annunci roboanti dopo una catastrofe come quella del Giappone, ma intraprenda iniziative concrete per proteggerli da possibili conseguenze devastanti”. “La migliore protezione per l’umanità – ha concluso – è il graduale spegnimento dei reattori atomici esistenti e non di certo il loro potenziamento, voluto da una lobby spudoratamente orientata al profitto”.

Parole pesanti nei confronti dei programmi atomici sloveni sono venute anche dal vicegovernatore della Carinzia e assessore all’energia Uwe Scheuch (Bzö). Egli ha definito una follia il potenziamento di Krsko, specie dopo che si è visto quel che è successo a Fukushima. Dal programma energetico sloveno si evince il proposito di allungare a non meno di 62 anni l’esercizio dell’impianto di Krsko, mentre normalmente – ha osservato Scheuch – simili impianti hanno una durata di circa 30, sia dal punto di vista edilizio che da quello tecnologico. Per questo, secondo Scheuch, il governo austriaco dovrebbe intraprendere tutti i passi necessari per dissuadere il governo di Lubiana dal potenziare Krsko e per sollevare a livello europeo una discussione in proposito.

È interessante notare come le prese di posizione della Prettner e di Scheuch siano soltanto le ultime di una serie. Il tema nucleare e in particolare la centrale di Krsko, considerata una minaccia diretta per l’Austria, sono spesso al centro di interventi molto critici di esponenti politici carinziani. Stranamente, però, dell’argomento non si parla mai, o quasi mai, negli incontri con i partner friulani e veneti, nell’ambito dell’Euroregione.

L’Italia è un Paese che ha rinunciato al nucleare, rinuncia ribadita dal recente referendum. Ciononostante il presidente del Friuli Venezia Giulia la pensa diversamente e anzi propone una partecipazione della sua Regione agli investimenti a Krsko. Il presidente del Veneto, a sua volta, pur essendosi dichiarato indisponibile a ospitare centrali nucleari sul proprio territorio, appartiene però a una coalizione politica nazionale che aveva nei suoi progetti la riapertura del capitolo nucleare in Italia. Forse per questa ragione la voce della Carinzia rischia di rimanere isolata. Se non si riesce a “cantare in coro” nemmeno nell’ambito dell’Euroregione, come ci si potrebbe riuscire a livello europeo, dove molti Paesi hanno fatto la scelta nucleare?

Nella foto, la centrale nucleare di Krsko, in Slovenia.

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