Sabato 18 Maggio 2024

12.09.28 Il castello del principe von und zu LiechtensteinGli scandali politici, piccoli e grandi, che vengono quasi quotidianamente alla luce in Austria sono così frequenti, che si stenta a tenerne il conto. Chi si ricorda ormai più della vicenda Buwog? Oltre 60 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica venduti nel 2003 dallo Stato per ripianare il deficit di bilancio. L’operazione fruttò 830,58 milioni di euro e la cosa sarebbe finita lì, se nel 2009 non fosse venuto alla luce che due stretti collaboratori dell’allora ministro delle finanze Karl-Heinz Grasser avevano intascato una tangente di 9,6 milioni di euro. Era il compenso per aver fatto sapere riservatamente a una delle società in gara per l’acquisizione degli alloggi il prezzo offerto dai concorrenti. La società “amica”, così, aveva potuto fare un rialzo di soli 1,19 milioni e aggiudicarsi l’immenso patrimonio immobiliare. Furono indagati i collaboratori di Grasser ed è indagato lo stesso ministro, cui sarebbe andata parte della tangente, messa al sicuro in una banca del Liechtenstein.

 

Le indagini della magistratura sembravano ormai giunte a una svolta e l’ex ministro tremava per l’eventuale processo, quando improvvisamente la macchina della giustizia si è inceppata. Le autorità del Liechtenstein, infatti, si sono rifiutate di consegnare agli inquirenti austriaci la documentazione in loro possesso, che inchioderebbe Grasser.

 

Il principato del Liechtenstein, come è noto, è uno degli ultimi paradisi fiscali sul continente e protegge con le unghie e con i denti i clienti delle sue banche. Ma è anche uno Stato di diritto e quindi ha lasciato che a decidere sulla consegna dei documenti all’Austria fosse la sua Corte di giustizia. Ebbene, l’alta magistratura principesca ha deciso per il no: quei documenti non potevano essere trasmessi.

 

Una sentenza o, in questo caso, un decreto della magistratura – si dice dalle nostre parti – può essere impugnato, ma va accettato, nel rispetto dell’indipendenza dell’ordine giudiziario. Il caso in questione, però, merita un approfondimento.

 

Uno dice la “Corte di giustizia” del Liechtenstein e già si immagina anziani giudici con toghe di ermellino, come quelli che vediamo in tv quando si inaugura l’anno giudiziario. No, i giudici del Lichtenstein non sono magistrati, ma privati professionisti. Il caso Grasser, per esempio, è stato deciso da un comitato di cinque persone, di cui tre sono avvocati con studio e residenza nel principato, il quarto è un professore svizzero e il quinto è il direttore del Landtag del Vorarlberg. Per chiarire: il Vorarlberg è uno dei più piccoli Länder dell’Austria (373 mila abitanti), ha un consiglio regionale di 36 seggi, il cui direttore/segretario, come secondo lavoro, fa il giudice nell’adiacente Liechtenstein.

 

Che un simile quintetto di compari, adducendo pretesti di legge, abbiano potuto e di norma possano proteggere evasori fiscali e riciclatori di denaro sporco di tutto il mondo, favorendo così la criminalità economica, è uno scandalo forse maggiore di quello in cui si trova implicato l’ex ministro Grasser.

 

Nella foto, il castello del principato del Liechtenstein.

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