Stupisce la corale, quasi plebiscitaria partecipazione dei carinziani alle celebrazioni dei giorni scorsi in memoria di Jörg Haider, nel primo anniversario della morte. Stupisce, perché non ha precedenti nella scomparsa di altri personaggi pubblici, non solo della politica. Vien da chiedersi quali siano le ragioni di tale empatia tra il Landeshauptmann e la sua gente e quale bilancio possa essere tratto dalla sua azione politica durata quasi un quarto di secolo.
Un anno fa, nei giorni del lutto, sarebbe apparso intempestivo pretendere a caldo una valutazione dell’operato di Haider. Ma un anno dopo le condizioni sarebbero state mature per farlo. La Carinzia, invece, si è lasciata sfuggire l’occasione e ha preferito imboccare la strada di una celebrazione acritica. O, per essere più precisi, non la Carinzia, ma gli eredi di Jörg Haider riuniti nel Bzö (che con il 45% dei voti controlla tutte le leve del potere nel Land) hanno preferito limitarsi ad alimentare il mito del leader scomparso, probabilmente perché solo in esso riuscivano a trovare un’identità che giustificasse la loro esistenza.
Anche la mostra nel Bergbaumuseum di Klagenfurt (ne abbiamo riferito in un precedente blog) è un’occasione perduta. Del resto, è stata allestita con materiale, foto e documenti messi a disposizione dalla moglie Claudia, che aveva scelto che cosa far vedere e che cosa non far vedere. Nel riferirne, avevamo dato atto al direttore del museo e curatore della mostra di aver saputo gestire il materiale con taglio notarile, scansando il rischio immanente di una glorificazione pura e semplice del defunto. Ma, nonostante lo scampato pericolo, anche la mostra non ha consentito un giudizio sull’operato di Haider.
Senza avere la presunzione di poterlo fare in queste poche righe, ci limitiamo a suggerire tre spunti di riflessione, che possono aiutare a capire Haider e l’eredità che ha lasciato.
Nazismo e populismo. L’accusa frequentemente rivolta ad Haider è di aver nutrito simpatie per il regime nazista. Non è così. Certo, i suoi genitori erano nazisti della prima ora e la sua educazione è avvenuta in un ambiente di nostalgici, ma Haider ha sempre evitato coinvolgimenti nei movimenti neonazisti austriaci. Gli si può soltanto muovere l’accusa di aver tollerato nel suo partito l’ala, peraltro minoritaria, dei cosiddetti “Ewiggestrigen” (irriducibili simpatizzanti del Reich), probabilmente solo per convenienze elettorali. Non è una responsabilità di poco conto: pur respingendo le accuse che gli venivano mosse, Haider non ha mai voluto condannare esplicitamente il nazismo, come invece, aveva fatto Gianfranco Fini in Italia con il fascismo. Haider, dunque, deve essere catalogato piuttosto tra i leader populisti, che hanno messo al centro della loro azione politica la lotta all’immigrazione, le critiche all’Unione Europea, la difesa dell’austriacità della Carinzia nei confronti della minoranza slovena, la contestazione alla lottizzazione dei posti di potere operata dai partiti tradizionali (salvo poi applicarla ai propri uomini una volta raggiunto il potere).
Successo e popolarità. Gli atteggiamenti populisti di Haider sono stati ripagati sul piano elettorale, ma non bastano da soli a spiegare la sua straordinaria popolarità, dovuta soprattutto al rapporto instaurato con gli abitanti della Carinzia. Haider ha trascorso la sua vita in mezzo alla gente, passando da un convegno a una sagra, da una festa religiosa a una fabbrica, da un ballo di un club sportivo a una esercitazione di vigili del fuoco volontari. Altri leader fanno le stesse cose, ma Haider sapeva farle in un modo straordinario: ascoltava le persone dando loro l’impressione di essere in quel momento le più importanti per lui, aveva una memoria di elefante e quando rivedeva le stesse persone dopo uno o due anni le salutava dando l’impressione di riconoscerle e talvolta ricordandosene persino il nome. Si favoleggia che ogni carinziano abbia avuto occasione di stringere la mano ad Haider almeno una volta. Per il governatore defunto il tempo trascorso in mezzo alla gente non era tempo perso: incontrava le persone con piacere sincero e non con il fastidio di chi ha un compito da sbrigare al più presto. Non dava mai l’impressione di avere fretta di andarsene. E questo la gente lo percepiva. L’unanime rimpianto per la sua scomparsa e la processione quotidiana di persone sul luogo della morte e sulla tomba nella Valle degli orsi si spiegano soltanto così.
Un Land alla bancarotta. La grande popolarità goduta da Haider in vita e post mortem ha fatto calare un velo di silenzio sul suo operato politico e amministrativo, che è stato invece devastante. Da governatore, Haider in pochi anni ha dilapidato le risorse del Land in operazioni sconsiderate, quali la costruzione dello stadio per gli Europei di calcio (servito per tre sole partite), l’investimento in una società aerea poi fallita, la realizzazione di un palcoscenico galleggiante sul Wörthersee, promozioni turistiche cervellotiche. Per non parlare poi di una politica sociale improvvisata, fondata soprattutto su sussidi distribuiti a pioggia a destra e a manca, con evidenti fini elettorali. Il risultato è che oggi la Carinzia ha un debito di circa due miliardi di euro, pari quasi all’ammontare del bilancio annuale. Nel frattempo tutti i gioielli di famiglia (i crediti sull’edilizia pubblica, le quote di partecipazione alla società elettrica Kelag e a Hypo Bank) sono stati ceduti. Quest’anno, per la prima volta, gli eredi di Haider si sono visti costretti a tagliare le spese per evitare la bancarotta. E lo hanno fatto cominciando dai più poveri tra i poveri, ai quali sono stati tolti i contributi per le spese di riscaldamento. Haider aveva tanti difetti come amministratore, ma questo non lo avrebbe fatto; avrebbe sicuramente trovato altri modi per ridurre il deficit di bilancio.