Nelle emergenze vengono alla luce di solito tutte le difficoltà di un sistema. Quello del turismo austriaco in generale e del Tirolo in particolare ha sempre dato prova di eccellenza, ma ha fallito di fronte all’emergenza del Coronavirus. Ciò che è accaduto da venerdì in poi è indescrivibile. Caos allo stato puro.
Cominciamo dall’inizio. Intorno a mezzogiorno di quel giorno il cancelliere Sebastian Kurz annuncia a Vienna gli ultimi provvedimenti per contenere il diffondersi del contagio. Uno di questi dispone la quarantena e l’isolamento di Ischgl e St. Anton. Solo in quel momento si “scopre” ciò che ormai era noto da una settimana in mezza Europa, dall’Islanda alla Norvegia, dalla Germania alla Danimarca, ma non ancora in Austria: nei due poli sciistici, ma soprattutto nel primo, sono presenti focolai di contagio equiparabili a quelli della Lombardia o, fatte le proporzioni, di Wuhan.
Dalle 15 di venerdì la polizia, con il supporto dell’esercito, impedisce l’uscita dalla Paznauntal, dove alloggiano 8.000 turisti (oltre al personale che lavora negli hotel e nei servizi). Altrettanti turisti sono ospiti di St. Anton.
Possono andarsene soltanto gli stranieri, che sono la maggioranza, ma nessuno li obbliga a farlo. Anche perché, tranne i tedeschi della vicina Baviera e del vicino Baden-Württemberg, che sono arrivati in auto, tutti gli altri hanno prenotato un volo di rientro al loro Paese. Ovviamente non per la sera di venerdì, perché nessuno di essi pensava a un rientro anticipato. C’è chi ha il volo al sabato, chi alla domenica, chi addirittura al lunedì.
Dove sta il problema? Possono continuare la loro vacanza a Ischgl fino al giorno previsto per la partenza. È vero, bar e discoteche sono chiusi, ma gli impianti di risalita sono stati tenuti sconsideratamente in funzione fino a domenica. Ma le cose vanno in altro modo. La notizia finalmente resa pubblica del focolaio di Coronavirus ha mandato nel panico gli albergatori, anche per l’ammutinamento di parte del personale, spaventato dal contagio. Succede così che gli hotel mettono alla porta gli ospiti stranieri: devono fare le valigie e andarsene immediatamente.
Andarsene dove, se l’aereo è appena il giorno dopo o ancora più in là? Impossibile salire su un bus, introvabili i taxi. I treni passano soltanto per St. Anton. La gente si accapiglia per accaparrarsi un posto nei pochi autobus in circolazione.
Si assiste così a scene di disperati che si avviano a piedi verso le fermate dei mezzi di trasporto o verso la stazione di St. Anton. In un certo qual modo ripropongono le immagini dei profughi che avevamo visto arrivare dai Balcani al valico stiriano di Spielfeld. Questi nuovi “profughi” non indossano gli stracci degli afghani o dei siriani, ma hanno la stessa angoscia dipinta sul volto, perché presto farà buio e non sanno dove potranno alloggiare.
La situazione si fa caotica e a un certo punto interviene la Polizia, che riesce a far arrivare dei pullman, per ridistribuire questa massa in fuga in altri hotel del Tirolo, pur consapevole che in questo modo il virus si spargerà in tutto il Land. Ma che altro c’era da fare?
Il quotidiano “Der Standard” riferisce di un gruppo di 159 britannici, tra essi molte famiglie con bambini in tenera età, trasportati in pullman, con la scorta della polizia, fino a un hotel di Imst. Il proprietario è mosso a pietà e offre loro ospitalità gratis.
Altri non hanno la stessa fortuna. Sono alcune centinaia, che bussano alla porta degli alberghi di Innsbruck. Appena il personale della reception capisce che arrivano da Ischgl e St. Anton scatta l’allarme e agli “untori” viene negato l’ingresso. Anche le prenotazioni on-line, che molti avevano fatto con il telefonino, vengono disdette. I più furbi si adeguano e prenotano senza svelare il luogo di provenienza o inventandone uno nuovo. Chi non ce la fa, passa la notte all’addiaccio.
C’è da chiedersi, ovviamente, perché i responsabili del Land Tirolo non abbiano messo in conto che tutto questo potesse accadere, con il rischio – o la probabilità – che turisti potenzialmente infetti diffondano il contagio in tutto il Land. Non era chiaro fin dall’inizio che gente venuta in aereo dalla Danimarca, dal Regno Unito, dai Länder settentrionali della Germania, alcuni addirittura dagli Usa, non poteva tornare a casa a piedi? Non era forse necessario trattenere tutte queste persone a Ischgl e St. Anton, costringendo gli albergatori ad accoglierli? Penosa la risposta del governo del Land: questi comportamenti irresponsabili sarebbero imputabili esclusivamente ai turisti.
Dopo il fallimento delle strategie per arginare il contagio, l’unica giustificazione di chi ne aveva la responsabilità è ora quella di scaricare la colpa su altri.
NELLA FOTO, ospiti stranieri di Ischgl e St. Anton am Arlberg, cacciati dai loro alberghi, alla disperata ricerca di un nuovo alloggio provvisorio per passare la notte. A piedi.
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