Sabato 18 Maggio 2024

18.03.12 Vienna, sede Bundesamt für Verfassungsschutz und TerrorismusbekämpfungTanto rumore per nulla verrebbe da dire, dopo la lettura delle 293 pagine della relazione conclusiva della commissione d’inchiesta nominata dal Parlamento austriaco per far luce sulle circostanze che nel marzo dello scorso anno avevano portato alla perquisizione della sede del Bvt (Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung), ovvero dell’Ufficio federale per la tutela della Costituzione e la lotta al terrorismo. Quell’operazione aveva suscitato un enorme clamore in Austria, e non solo in Austria, perché non era mai accaduto prima di allora che un reparto della polizia, forte di un mandato di perquisizione della magistratura, andasse a frugare nelle carte di un altro reparto della stessa polizia, entrambi alle dipendenze del Ministero degli Interni.

Il Bvt è il servizio di intelligence interna dello Stato, assimilabile all’Antiterrorismo in Italia. Tiene d’occhio i gruppi estremisti di destra e di sinistra che potrebbero dar luogo a episodi di violenza, predispone misure preventive di sicurezza in caso di grandi eventi o di visite di capi di Stato stranieri. In tempi recenti ha accentuato la vigilanza sul fanatismo islamico, d’intesa con i servizi analoghi degli altri Paesi europei, per prevenire attentati terroristici.

Dunque, un organo importante per la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini, che deve comprensibilmente poter svolgere con discrezione il suo lavoro. Perché allora perquisire la sua sede? Perché a un certo punto era giunto al Ministero degli Interni, retto all’epoca da Herbert Kickl, esponente dell’Fpö, partito dell’estrema destra sovranista, un dossier anonimo di 40 pagine Conteneva pesanti accuse nei confronti dei vertici del Bvt: distrazione di fondi destinati al riscatto di ostaggi, interferenze illecite in indagini penali, archiviazione illegale di dati personali, violazione di segreti d’ufficio, violenza privata e distruzione di elementi probatori.

Insomma, accuse molto gravi, degne di una spy-story. Ma il fatto che il dossier fosse anonimo aveva suscitato sospetti e ancor più sospetti aveva suscitato la decisione di intervenire in maniera così precipitosa in un campo tanto delicato come quello dei servizi segreti. Per di più l’operazione non era stata condotta dalla Polizia criminale, come sarebbe stato logico fare, ma era stata affidata a un’unità antidroga, comandata da un ufficiale che è anche consigliere comunale dell’Fpö in uno dei distretti di Vienna. La lettura che ne veniva data da molti era che il ministro Kickl si fosse servito di un reparto di cui poteva fidarsi per mettere le mani sui dossier del Bvt riguardanti i movimenti di estrema destra, contigui all’Fpö.

Insomma, c’erano buone ragioni per vederci chiaro e istituire una commissione d’inchiesta “super partes”, affidandone la presidenza a un magistrato togato, com’era già avvenuto qualche anno fa per la commissione sullo scandalo Hypo Bank. Ora ne conosciamo le conclusioni, che in parte tranquillizzano i cittadini austriaci. La prima e più importante è che le accuse nei confronti del Bvt contenute nel dossier anonimo all’origine della perquisizione si sono rivelate infondate, per cui l’inchiesta giudiziaria nei confronti degli uomini di quell’ufficio è stata archiviata.

La seconda conclusione è che non ci sono prove che la perquisizione fosse stata condotta con il proposito del ministro di metter mano sulle informazioni riservate relative all’estremismo di destra. Il sospetto che il compito di fare irruzione nella sede del Bvt fosse stata affidata a un ufficiale dello stesso partito di Kickl (l’Fpö) e avesse quindi motivazioni politiche non è stato confermato. Né si è potuto dimostrare che nella perquisizione fossero stati sottratti illegalmente documenti relativi all’estremismo di destra.

L’unico rilievo grave che emerge dalla relazione della commissione riguarda le modalità della perquisizione, condotta precipitosamente, senza prendere in considerazione soluzioni investigative alternative e più riservate e senza valutare le conseguenze devastanti che l’operazione avrebbe provocato. Non soltanto il danno d’immagine per un’istituzione importante e delicata dello Stato, ma anche nei rapporti internazionali.

È noto, infatti, che l’intrusione nella sede del Bvt di agenti di polizia sprovvisti del cosiddetto “nulla osta sicurezza” ha suscitato irritazione e allarme nei servizi di intelligence di altri Paesi con cui l’Austria ha rapporti di collaborazione e scambio di informazioni. Dal marzo dello scorso anno l’Austria non partecipa più alle riunioni del “Club di Berna”, ovvero di quell’organismo informale in cui i capi dei servizi segreti dei Paesi membri si scambiano informazioni su materie come il terrorismo islamico e politico. Il governo austriaco ha preferito non inviare più i propri rappresentanti, per risparmiarsi l’onta di esserne cacciato: dopo quel che è successo, infatti, nessuno più si fida di condividere con l’Austria notizie riservate riguardanti i movimenti di estrema destra, dalle cellule neonaziste ai gruppuscoli degli identitari. È questa la ragione per cui il cancelliere Sebastian Kurz, dopo la perquisizione al Bvt, aveva avocato a sé il controllo dei servizi di intelligence e, dopo la crisi di governo, si era dichiarato indisponibile alla presenza di Kickl in un nuovo governo: il solo modo per recuperare la fiducia dei servizi di sicurezza occidentali, fortemente compromessa.

Ma le 293 pagine della relazione gettano luce anche su altri aspetti marginali, ma non meno stupefacenti, emersi nel corso dell’inchiesta. Riguardano il modo di operare del Bvt, istituzione nella quale – stando alle valutazioni dei commissari – si indulgerebbe “alla sciatteria e all’andazzo tipicamente austriaco”.

“Io avevo già preso parte ad alcune perquisizioni – ha dichiarato a verbale uno dei poliziotti dell’antidroga che avevano fatto irruzione nella sede del Bvt – ma un simile caos come in questo ufficio non mi era mai capitato di vedere”. Viene riferito di “documenti con sopra il timbro ‘riservatissimo’ e buste vuote con la stampa ‘riservato’ abbandonate in disordine tra pile di altre carte su un angolo della cucina” dell’ufficio. Il funzionario responsabile si era giustificato asserendo che in quei giorni era assente per cure.

Due settimane dopo la perquisizione un altro funzionario del Bvt aveva denunciato in preda al panico la scomparsa di due dischi rigidi contenenti dati particolarmente sensibili dei servizi segreti europei. Per giunta quei dischi non erano nemmeno protetti da password.

Ma il modo stesso in cui è stata condotta la perquisizione suscita sconcerto. Il reparto antidroga incaricato di eseguirla non sapeva neppure dove avesse sede il Bvt (si trova lungo la Rennnweg, non lontano dall’Ambasciata d’Italia) e per trovarla si era servito di Google Map. Ha riferito ai commissari uno degli agenti del Bvt: “Io ero un po’ sorpreso, perché i colleghi sono venuti qui senza scatole o sacchi (che nelle perquisizioni servono per portare via il materiale sequestrato, nda). Non c’è stata una ricerca sistematica nelle stanze. Chi è andato di qua, chi di là, a caso, aprendo e chiudendo le porte”.

Duole dirlo, ma se ne ricava l’impressione di un’armata Brancaleone, che non corrisponde all’immagine che molti di noi hanno della burocrazia austriaca, puntuale ed efficiente. La vicenda emersa, se non fosse grave, potrebbe suggerire la trama di un’allegra operetta. Il fatto che il giudice che ha presieduto la commissione si chiami Eduard Strauss e sia il pronipote del celebre compositore di operette Johann Strauss è certamente un caso, ma la coincidenza fa lo stesso impressione.

 

NELLA FOTO, la sede del Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung (Bvt), in Rennweg, all’angolo con la Lanstrasser Hauptstrasse, via di grande transito.

_____________________

Austria Vicina è anche su Facebook. Clicca “mi piace” alla pagina https://www.facebook.com/austriavicina.

Lascia un commento