L’Austria è contro i Coronabond chiesti dall’Italia e da altri otto Paesi dell’Unione Europea. O, per meglio dire, non tutta l’Austria è contro, ma il governo austriaco lo è. A voler essere più precisi ancora, dovremmo aggiungere che non tutto il governo, ma il cancelliere Sebastian Kurz e il suo Partito popolare austriaco (Övp) non vogliono saperne di “bond” europei per fronteggiare l’emergenza. Al contrario i Verdi, che pure fanno parte del governo, sono di opinione diversa e sono più solidali con l’Italia e con gli altri Paesi che sollecitano l’ombrello dell’Europa.
“Non possiamo in alcun modo lasciare l’Italia e la Spagna sole – ha dichiarato Sigrid Maurer, capogruppo dei Verdi al Parlamento di Vienna – In questa emergenza che ci mette tutti alla prova è assolutamente richiesta una cooperazione europea”. “Gli Eurobond o i Coronabond – ha soggiunto sono una possibile soluzione solidale della crisi”.
E anche nell’Övp non tutti la pensano come Kurz. Non la pensa, per esempio, Othmar Karas, che non è l’ultimo arrivato. Karas è capogruppo dell’Övp al Parlamento europeo e vicepresidente della stessa assemblea (il vice di David Sassoli). Non più tardi di giovedì, prima cioè del vertice dedicato all’emergenza Coronavirus, Karas aveva dichiarato ai giornalisti di essere un sostenitore dei Coronabond. L’emergenza globale causata dal virus – aveva dichiarato – non può essere affrontata sollevando confini nazionali. I Coronabon sarebbero un’emissione limitata e mirata di titoli di debito comuni, che metterebbe a disposizione altre risorse per gli Stati che ne hanno bisogno, consentendo loro di disporre di denaro fresco.
Ma le scelte politiche dell’Austria le fa Kurz e per Kurz non è accettabile una “collettivizzazione” dei debiti di alcuni Stati dell’Unione Europea. È evidente il riferimento all’Italia, nei cui confronti il cancelliere austriaco ha sempre manifestato grande disistima. Perché l’Austria, Paese virtuoso che lo scorso anno ha chiuso il bilancio in pareggio, dovrebbe farsi carico dei debiti degli italiani, europei poco virtuosi, che accumulano debiti su debiti, concedendosi quota cento e redditi di cittadinanza?
L’Italia va aiutata in altro modo, per esempio con gli strumenti del Meccanismo europeo di stabilità. Ma è proprio la soluzione che l’Italia non vuole, perché concede agli Stati linee di credito, ma li obbliga anche a sottoscrivere un “memorandum d’intesa”, impegnandosi ad attuare una serie di riforme sotto la vigilanza della Commissione europea, della Bce e del Fondo monetario internazionale (la cosiddetta “troika” che abbiamo conosciuto ai tempi della crisi greca, ma che ha operato anche per salvare dal default Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro).
Kurz propone questa soluzione, perché non vuole che del debito che andrà a contrarre l’Italia debba rispondere anche l’Austria. Il premier Conte afferma con insistenza che l’Italia non chiede ai partner europei di farsi carico dei nostri debiti, ma Eurobond (o Coronabond) significano proprio questo: sono titoli di credito collocati sui mercati finanziari internazionali, per i quali sono garanti in solido tutti i 27 Paesi dell’Ue.
E i partiti austriaci di opposizione come la pensano? L’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista, è decisamente contrario. Gli “amici austriaci di Salvini” non possono che ragionare come Salvini, all’insegna dell’egoismo nazionale: “prima gli austriaci”. “Gli Eurobond – ha dichiarato Petra Steger, deputata e portavoce dell’Fpö per le questioni europee – sono un cattivo affare per l’Austria. L’Austria infatti può indebitarsi a tassi di interesse più favorevoli rispetto all’Ue nel suo complesso. Questi bond pertanto sono la risposta sbagliata alla crisi”. E il segretario del partito Norbert Hofer ha tagliato corto: “Noi non pagheremo certo i debiti di Paesi come la Grecia o l’Italia”.
Anche la Neos (Neues Österreich), movimento liberale-conservatore, pur fortemente europeista, è contraria agli Eurobond. Titoli di questo genere, che prevedono una garanzia collettiva per l’indebitamento di alcuni Paesi europei, non hanno senso, perché i Paesi creditori non avrebbero alcun controllo sull’assunzione del debito da parte dei Paesi debitori e in tal modo la garanzia sarebbe separata dalla responsabilità.
In questo dibattito manca la voce dei socialdemocratici (Spö). Ma non ci si deve stupire. In questa stagione il partito della sinistra, dilaniato da una profonda crisi, è diventato afono su molti fronti. C’è un eurodeputato di questo partito che si è espresso a favore degli Eurobond, per solidarietà con i Paesi in difficoltà come l’Italia. Ma non è detto che questa sia la posizione ufficiale di tutto il partito. Ammesso che ci sia una posizione.
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CORONAVIRUS CON IL SENNO DI PRIMA
Il 28 gennaio scorso – oggi, due mesi fa – porta buone notizie. Le due persone ricoverate il giorno prima per sospetto Coronavirus, una a Vienna e l’altra Klagenfurt, non sono risultate positive al test. La loro è una normale influenza. Al momento, dunque, l’Austria è indenne da contagio e il morbo sembra ancora qualcosa di esotico, che riguarda soltanto i cinesi e i loro vicini di casa.
Ma si scopre anche che il mondo è diventato piccolo e che sono tante le società austriache che hanno sedi e stabilimenti in Cina o vi hanno delocalizzato parte delle loro produzioni. Del gruppo fanno parte anche aziende carinziane, come l’Infineon di Villach, leader mondiale nella produzione di semiconduttori. La società ha una sede proprio a Wuhan, nell’epicentro del contagio, e altri stabilimenti a Pechino e in due altre città. L’attività era ridotta al minimo per le festività (poi annullate) del Capodanno cinese. Fino ad oggi nessun lavoratore è stato infettato e si prendono tutte le misure per evitare che ciò accada.
Anche la società Avi di Graz (componenti d’auto) ha uno stabilimento a Wuhan. Nessun contagio finora, ma è stato istituito un gruppo di lavoro, per prendere tutte le precauzioni necessarie.
NELLA FOTO, Othmar Karas, capogruppo dell’Övp al Parlamento europeo, solidale con l’Italia e favorevole agli Eurobond, in disaccordo con il segretario del suo partito, Sebastian Kurz.
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