Sabato 18 Maggio 2024

22.01.14 Alexander Van der BellenAnche in Austria quest’anno si elegge il Capo dello Stato. È un puro caso, che coincida con l’elezione del Capo dello Stato anche in Italia, perché in Austria il periodo presidenziale dura 6 anni e non 7 come da noi. La data delle elezioni questa volta coincide, ma forse è la prima volta che accade. C’è inoltre un’altra fondamentale differenza: in Austria l’elezione è diretta, sono i cittadini cioè ad andare alle urne per votare il presidente, mentre in Italia il compito spetta a 1009 “grandi elettori”, che sono i membri delle due Camere e i rappresentanti delle Regioni. La data dell’elezione non è stata ancora fissata, ma cadrà fra settembre e ottobre, in maniera che chi sarà eletto possa fare ingresso alla Hofburg e assumere le funzioni presidenziali il 26 gennaio, giorno di scadenza dell’attuale presidenza.

Alcuni probabilmente ricorderanno come avvenne la precedente elezione nel 2016: fu il trionfo del caos più completo e durò l’intero anno. Nessuno dei sei candidati presentatisi al primo turno superò la soglia del 50%, per cui fu necessario ricorrere al ballottaggio tra i due che avevano ottenuto più voti: Norbert Hofer (Fpö) 35,05% e Alexander Van der Bellen (Verdi) 21,34%.

Al secondo turno Van der Bellen recuperò gran parte dei voti dai candidati rimasti esclusi e ottenne una risicatissima maggioranza su Hofer (50,35% a 49,65%), ma il risultato venne annullato dalla Corte costituzionale, su ricorso dell’Fpö. I giudici supremi riscontrarono infatti molte irregolarità nello spoglio delle schede di voto: per esempio, in alcuni seggi i voti arrivati per posta erano stati scrutinati la sera stessa della domenica, mentre la legge prevede che ciò debba avvenire il giorno dopo; alcuni risultati furono comunicati in anticipo; in alcuni seggi lo spoglio avvenne senza la presenza di tutti gli scrutatori, per guadagnare tempo. Non furono accertati brogli.

Fu necessario così ripetere il ballottaggio e, siccome ormai le ferie estive erano alle porte, si andò a ottobre. La data era già fissata, quando fu necessario bloccare tutto: le buste fornite da una ditta per la spedizione dei voti postali avevano la colla autoadesiva difettosa: si sarebbero potute aprire durante il viaggio e non garantire più la segretezza del voto.

Immaginabile il clamore suscitato da questo secondo incidente di percorso, senza precedenti nelle elezioni austriache e non solo austriache. Le conseguenze erano non solo politiche, ma anche economiche. In Austria non è previsto il rimborso delle spese per le elezioni presidenziali, ogni candidato deve provvedere da sé, ovviamente con il partito alle spalle e con i vari comitati di sostegno. Lo sforzo finanziario è enorme, ma quando esso si ripete tre volte nello stesso anno, con manifesti e santini da ristampare ogni volta, può diventare devastante. Per non parlare poi del danno d’immagine.

La vicenda ebbe ripercussioni tali che la “parola dell’anno” scelta nel 2016 (in Austria ogni anno viene scelta tramite sondaggio una parola particolarmente significativa) fu “Bundespräsidentenstichwahlwiederholungsverschiebung”, un interminabile vocabolo composto, come capita frequentemente di incontrare nella lingua tedesca, che in italiano significa: “Rinvio della ripetizione della votazione di ballottaggio per il presidente federale”.

Il risultato del secondo ballottaggio, il 4 dicembre, confermò quello del primo, ma con un margine di voti superiore a favore di Van der Bellen: 53,79%, contro il 46,21% di Hofer. Per la prima volta, così, un esponente verde metteva piede nella Hofburg, fino ad allora appannaggio esclusivo di popolari e/o socialdemocratici.

Il nuovo Capo dello Stato era da tempo assente dalla politica attiva e aveva cercato di presentarsi agli elettori come “super partes”. Ma il suo ruolo passato nel partito ambientalista (di cui era stato portavoce per 9 anni, come mai nessuno prima e dopo di lui) contava non poco e rendeva difficile considerarlo un “presidente di tutti gli austriaci”. Ma Van der Bellen, nel suo nuovo ruolo al vertice dello Stato, ha dimostrato con i fatti di poter rappresentare davvero tutti gli austriaci.

I sondaggi hanno segnalato una continua crescita della sua popolarità, che ha subito un rallentamento soltanto all’arrivo del Coronavirus. Anche in Austria la pandemia è stato un fenomeno divisivo, nel quale Van der Bellen ha preso netta posizione in favore delle vaccinazioni e della scienza, aprendo addirittura le sale della Hofburg per le vaccinazioni nel giorno della Festa nazionale. Inevitabile che i no-vax gli fossero ostili.

L’ultimo sondaggio, condotto pochi giorni fa dal Market Institut di Linz, rileva che quasi due terzi degli austriaci (il 63%) lo vedrebbero volentieri alla Hofburg anche nei prossimi sei anni e sperano che si ricandidi. Ma lo farà? Van der Bellen finora non si è espresso, ma al suo posto si sono espressi esponenti dei vari partiti, tutti favorevoli alla sua rielezione, tranne quelli dell’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista.

Le motivazioni sono diverse. C’è la stima per il presidente in carica, che in questi sei anni ha saputo svolgere eccellentemente il suo compito (sei anni turbolenti, se solo si pensi alla crisi sanitaria dovuta al Coronavirus e a quella politica, che ha visto lo scioglimento del Parlamento e poi il succedersi di tre cancellieri in due soli mesi), ma ci sono anche considerazioni molto pratiche. Affrontare una campagna elettorale per un candidato alternativo è impresa molto rischiosa e costosa. In tutta la storia del dopoguerra tutti i presidenti austriaci sono stati sempre rieletti per un secondo mandato, tranne i primi due, che erano vecchissimi e sono morti in carica, e tranne Kurt Waldheim, impresentabile una seconda volta, per i suoi trascorsi nella guerra di sterminio della Wehrmacht nei Balcani, che lui aveva sempre taciuto.

Insomma, tutti ora pendono dalle labbra di “Sasha” (il soprannome con cui gli amici chiamano Van der Bellen, perché la sua famiglia era fuggita dalla Russia dopo la rivoluzione). Ha 77 anni e una nuova presidenza lo farebbe restare alla Hofburg fino agli 83. Se deciderà di riproporre la sua candidatura, il discorso potrà considerarsi chiuso, anche se ci saranno eventuali candidati avversari di bandiera (forse una riproposizione di Hofer). Se invece preferirà farsi da parte, dovremo riprendere a parlarci, augurandoci che questa volta tutto fili liscio e non ci sia di nuovo una “Bundespräsidentenstichwahlwiederholungsverschiebung”. Gli austriaci hanno già dato e non si meritano un’altra disgrazia come quella di sei anni fa.

 

NELLA FOTO, Alexander Van der Bellen dopo la vittoria al ballottaggio nel dicembre 2016.

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