Domenica 2 Giugno 2024

IMG_5428 - CopiaTorniamo a parlare di Vienna e delle elezioni comunali che ci sono state domenica, perché ora disponiamo dei risultati definitivi. Aggiungiamo qualche altra annotazione, che forse non interesserà a tutti, ma che riteniamo utile a chi cerchi di conoscere meglio i meccanismi politici austriaci e voglia confrontarli con i nostri.

RISULTATI DEFINITIVI. Dicevamo dei risultati definitivi. Si conoscono con due giorni di ritardo, perché si è dovuto attendere lo spoglio dei voti per corrispondenza, che sono stati oltre 200.000 e che si sono dovuti sommare a quelli già noti domenica sera. Ed ecco i totali: Partito socialdemocratico (Spö) 39,6% (-4,8) e 44 seggi; Partito liberalnazionale (Fpö) 30,8% (+5,0) e 34 seggi; Verdi (Grüne) 11,8% (-0,8) e 10 seggi; Partito popolare (Övp) 9,2 (-4,8) e 7 seggi; Neos 6,2% e 5 seggi. La partecipazione al voto è stata del 74,7% (+7,1).

LA GIUNTA CHE VERRÀ. Per governare il Comune di Vienna (che peraltro ha la costituzione di un Land e pertanto l’autonomia legislativa identica a quella degli altri Länder austriaci) occorre una maggioranza in un consiglio che conta 100 membri. Servono quindi almeno 51 voti. L’Spö, che per oltre 90 anni (esclusa le parentesi della dittatura austrofascista e dell’Anschluss nazista) ha guidato il governo della città, spesso con una maggioranza assoluta, è giunto questa volta al suo minimo storico e avrà bisogno di alleati. Le ipotesi sul tappeto sono: una riedizione della giunta uscente Spö-Verdi (insieme hanno il sostegno di 54 consiglieri); una giunta Spö-Övp (quella che un tempo avremmo definito una “Grosse Koalition”, ma che ora non è più tanto “grosse” e potrebbe contare soltanto su 51 consiglieri); una giunta a tre Spö-Verdi-Övp sul modello carinziano (con 61 consiglieri).

Impossibile, salvo colpi di scena, una coalizione con il coinvolgimento dell’Fpö, per le seguenti ragioni: in campagna elettorale tutti gli altri partiti hanno escluso una loro partecipazione a una giunta di cui facessero parte i liberalnazionali; soltanto l’Övp non ha escluso questa eventualità, ma una giunta Fpö-Övp potrebbe contare su 41 consiglieri e non raggiungerebbe la maggioranza.

Delle prime tre ipotesi, la più probabile è la prima (Spö-Verdi). La seconda (Spö-Övp) avrebbe una maggioranza troppo risicata sarebbe in pericolo ogni qual volta un suo consigliere dovesse assentarsi per un raffreddore. Anche la terza soluzione a tre appare improbabile, perché costringerebbe l’Spö a cedere parte del suo patere a un terzo partner, senza che ve ne sia la necessità.

Non abbiamo menzionato i Neos, perché non sono presenti in giunta. I loro 5 voti contano nel consiglio, ma non nella stanza dei bottoni, per le ragioni che spiegheremo qui di seguito.

IL MITO DELLA PROPORZIONE. La giunta comunale/regionale di Vienna, come quelle di molti altri Länder (eccetto quelli occidentali e la Stiria, che hanno aggiornato la loro Costituzione) funziona ancora con il sistema proporzionale e per questo è chiamata “Proporzregierung” (governo proporzionale). Significa che ne fanno parte automaticamente tutti i partiti in proporzione ai loro voti, purché abbiano superato una certa soglia.

Nella giunta di Vienna ci sono, dunque, oltre al sindaco socialdemocratico, altri 6 assessori dell’Spö, 3 dell’Fpö, uno dei Verdi e uno dell’Övp. Quando sarà raggiunto un accordo di governo, diventeranno assessori effettivi quelli dei partiti partecipanti all’accordo (per esempio, nell’ipotesi più probabile menzionata sopra, dell’Spö e dei Verdi), mentre gli altri saranno assessori “nichtsamtführende”, cioè che non esercitano alcuna funzione, non hanno alcun referato e non votano il bilancio. Insomma, delle belle statuine, che partecipano alle sedute di giunta. Tutte le delibere passano con i voti dei soli due partiti della coalizioni; gli altri sono bene accetti, ma non necessari.

SISTEMA PIÙ CHE PROPORZIONALE. Ora che sono noti i risultati definitivi, sappiamo anche quanti seggi andranno a ciascun partito. Balza all’occhio la sproporzione. Se i seggi sono 100 e l’Spö ha ottenuto il 39,6% dei voti, dovrebbe avere 39 o al massimo 40 seggi. Invece ne avrà 44. Questo per un meccanismo elettorale che in nome della governabilità favorisce i partiti più votati. Anche l’Fpö, con il 30,8% dei voti, avrà 34 consiglieri.

Nella precedente legislatura la giunta Spö-Verdi si era formata sulla base di un programma che prevedeva una riforma elettorale, che escludesse premi di maggioranza. Camin facendo, però, i socialdemocratici avevano cambiato idea, nel timore di perdere seggi, ma i Verdi avevano insistito sul loro progetto, potendo contare sul voto di tutti gli altri partiti di opposizione: insieme avrebbero avuto 51 voti, sufficienti per approvare la riforma. L’Spö gli prese in contropiede: “comprò” un consigliere dei Verdi, facendo venir un voto essenziale per far passare la riforma.

VOTI PER POSTA. Per conoscere i risultati definitivi è stato necessario attendere l’arrivo dei voti inviati per posta: erano oltre 200.000, come abbiamo detto, quasi un quinto dell’elettorato. Proviamo a immaginarci che cosa accadrebbe se anche in Italia gli elettori potessero votare per posta, cioè ritirare in anticipo la scheda al Comune, portarsela a casa, mettere la croce sulla lista preferita e poi spedirla in busta all’ufficio elettorale. In molti casi il voto di scambio diventerebbe una prassi abituale.

E in Austria? Alcuni politici e alcuni giornalisti da noi interpellati negano che ciò possa avvenire. Nessun partito se ne approfitterebbe. La sola preoccupazione emersa da quando esiste il voto postale è che potesse essere espresso dopo che i seggi erano già stati chiusi e dopo che la tv aveva resi noti i risultati. Si temeva, cioè, che i voti per posta potessero essere influenzati dai risultati già noti. Per questo nelle elezioni di Vienna di domenica scorsa, per la prima volta, sono stati considerati validi soltanto i voti per posta giunti entro l’ora di chiusura dei seggi.

ALZHEIMER SOSPETTO. Nessun timore di voti di scambio, ma timore di voti pilotati, questo sì. Il sospetto è venuto non nelle ultime, ma nelle penultime elezioni a Vienna, quando si era constatato che in un seggio allestito in una casa di riposo per persone anziane, per lo più dementi, quasi tutti i voti erano andati all’Spö. La singolare convergenza dei voti senili per la socialdemocrazia non si è ripetuta quest’anno. Forse anche perché l’Fpö aveva messo una taglia di 5.000 euro in favore di chi avesse rivelato o denunciato persone sorprese a manipolare le schede di voto dei vecchietti.

PREFERENZE. Un’ultima annotazione è sulle preferenze, di cui si è molto discusso in Italia, a proposito della nuova legge elettorale. In Austria sono previste per tutte le elezioni, da quelle del Parlamento a quelle comunali. A Vienna si possono esprimere tre preferenze, ma perché abbiano effetto deve essere superata una certa soglia, altrimenti gli eletti seguono l’ordine con cui i nomi dei candidati compaiono sulla lista elettorale. Due sole volte nella storia delle elezioni viennesi le preferenze hanno superato la soglia prevista: per il sindaco uscente Michael Häupl (Spö) e per l’allora candidato dei Verdi, Alexander van der Bellen. Nessuno dei due ne avrebbe avuto bisogno, perché erano al primo posto nella lista. In altre parole, è come se le preferenze non ci fossero: vengono eletti in consiglio comunale/regionale i candidati che le segreterie dei partiti hanno deciso di mettere in testa alle loro liste.

 

NELLA FOTO, uno dei manifesti del candidato sindaco dell’Övp, Manfred Juraczka, uscito sconfitto dalle elezioni di domenica. Qualche burlone gli ha modificato con il pennarello gli occhi e la bocca, facendone una caricatura in lacrime. Tra tanti candidati perdenti, Juraczka è l’unico ad aver rassegnato le dimissioni immediatamente dopo l’esito del voto.

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