Sabato 18 Maggio 2024

21.10.06 Martin Kocher, Werner Kogler, Sebastian Kurz, Gernot Blümel, Leonore GewesslerRiforma del fisco in Italia e, quasi contemporaneamente, riforma del fisco anche in Austria. Gli obiettivi sono gli stessi – ammodernare i meccanismi di prelievo e ridurre il carico fiscale – ma i metodi sono differenti. Ieri il presidente Mario Draghi, affiancato dal ministro Daniele Franco, ha presentato alla stampa una legge delega, che fissa la cornice della riforma tributaria, ma i cui contenuti dovranno essere definiti in un lavoro che durerà un anno e mezzo, coinvolgendo il Parlamento.

I contenuti della riforma austriaca, invece, sono già ben fissati in una bozza, che ora dovrà essere soltanto trasformata in disegno di legge. Certo, prima di diventare legge dovrà essere sottoposta al cosiddetto “Begutachtungsverfahren” (è un “processo di esame” da parte dei singoli ministeri, dei governi regionali, delle parti sociali e persino dei singoli cittadini, che potranno dire la loro sul sito web del Parlamento), ma il passato ci insegna che l’impianto non sarà modificato.

Nel presentarla alla stampa, il cancelliere Sebastian Kurz ha parlato di “riforma storica” e del “più grande sgravio fiscale della Seconda Repubblica”. Siamo abituati alle iperboli di Kurz, ma anche i suoi predecessori se l’erano cavata abbastanza bene. Già nel 2004 l’allora cancelliere Wolfgang Schüssel aveva parlato di “riforma storica” del fisco e lo stesso aveva detto nel 2015 il cancelliere Werner Faymann. In 16 anni, dunque, tre riforme fiscali e tutte “storiche”.

Quest’ultima, tuttavia, potrebbe essere definita a ragione storica, perché per la prima volta introduce carichi fiscali che colpiscono le fonti energetiche inquinanti. Aumenteranno gradualmente le imposte su gas, benzina, gasolio, per cui viaggiare in auto e riscaldare la casa costerà di più. Per questo è stata coniata la definizione di “riforma fiscale eco-sociale”.

È prevista una tassazione delle emissioni di anidride carbonica a partire dal 1. luglio 2022 nella misura di 30 euro per tonnellata. L’importo aumenterà di anno in anno, fino a raggiungere i 55 euro nel 2025. Nel primo anno il gettito sarà di quasi 1,4 miliardi, che però saranno tutti restituiti ai cittadini in forma di “Klimabonus”. Gli importi saranno diversi da Land a Land, tenendo conto dei mezzi pubblici di trasporto a disposizione. I viennesi, per esempio, riceveranno l’importo minimo, perché hanno a disposizione una rete di trasporti da far invidia al mondo, che rende praticamente superfluo l’uso di auto private. Riceverà il “bonus”, invece, chi abita in zone emarginate, dove l’uso dell’auto è indispensabile. Senza entrare nel dettaglio di un meccanismo piuttosto complicato, ci limitiamo a segnalare che sono previsti quattro livelli di “Klimabonus” da 100, 133, 167 e 200 euro all’anno, per ogni singolo cittadino, indipendentemente dal reddito e dal fatto che abbia o non abbia un’auto.

Gli altri capitoli della riforma riguardano essenzialmente l’imposta sui redditi delle persone fisiche e quella sulle società. Non ci sembra sia stata presa in considerazione l’Iva.

Anche in Austria l’imposizione sui redditi da lavoro o pensione è progressiva ed è articolata in sei scaglioni. Fino a 11.000 euro di reddito non è dovuto nulla all’erario. Da 11.001 a 18.000 euro l’aliquota era del 23% e lo scorso anno era stata ridotta al 20%; la nuova riforma la lascerà invariata. Questi gli scaglioni successivi: da 18.001 a 31.000 euro, riduzione dell’aliquota dal 35 al 30% (dal luglio prossimo); da 30.001 a 60.000 euro, dal 42 al 40% (dal luglio 2023). Rimangono invariate le aliquote degli scaglioni superiori: da 60.001 a 90.000 euro, 48%; da 90.001 a 1 milione di euro, 50%; oltre il milione di euro, 55%.

Può essere interessante un confronto con le aliquote attualmente in vigore in Italia: sono esonerati i redditi fino a 8.000 euro; quelli superiori e fino a 15.000 euro, 23%; fino a 28.000 euro, 27%; fino a 55.000 euro, 38%; fino a 75.000 euro, 41%; oltre 75.000 euro, 43%.

Molto importante l’imposta sulle società, che l’Austria aveva sempre sbandierato per invogliare gli investitori italiani a trasferire le loro attività, almeno in parte, su suolo austriaco. Una proposta convincente fino a qualche anno fa, un po’ meno adesso. In Austria gli utili delle società sono tassati al 25%. Nel 2023 l’aliquota sarà abbassata al 24% e nel 2024 al 23%.

In Italia l’Ires (così è chiamata l’imposta sui redditi delle società) è al 24%, ma vent’anni fa era addirittura al 37%, ridotta nel 2008 al 27,5% e nel 2017 all’aliquota attuale. Quindi vent’anni fa per un imprenditore italiano poteva risultare conveniente spostare la produzione in Austria. Ora un po’ meno, perché l’imposizione sugli utili si equivalgono. Sulle imprese italiane, tuttavia, grava un’altra imposta, l’Irap, che in Austria è del tutto sconosciuta.

 

NELLA FOTO, al centro, il cancelliere Sebastian Kurz, nella conferenza stampa indetta per presentare la “storica” riforma fiscale. Alla sua destra il ministro del Lavoro, Martin Kocher, e il vicecancelliere, Werner Kogler. Alla sua sinistra, il ministro delle Finanze, Gernot Blümel, e quella dell’Ambiente, Leonore Gewessler.

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