Domenica 2 Giugno 2024

18.12.17 Polizia davanti Schloss Bockfliess“Povera Gita! Che triste fine… e pensare a tutto il bene che aveva fatto alla famiglia del suo nuovo marito!”. La persona con cui stiamo parlando a Vienna è un amico di lunga data della contessa Margherita Faraone Cassis e dei suoi figli, in particolare di Manfred e Theodor. Ovviamente appartiene anche lui all’aristocrazia austriaca. Per questo può permettersi di chiamare Margherita con il vezzeggiativo “Gita”, che è un vezzo in questo mondo parallelo di sangue blu, dove gli Anton diventano “Tono”, i Federico “Fritz”, le Marie “Mitzi”.

Il nostro interlocutore non ha dubbi sui motivi della furia omicida di Tono Goess, il conte cinquantaquattrenne che giovedì scorso, nel castello di famiglia a Bockfliess, ha ucciso a fucilate il padre Ulrich, di 92 anni, il fratello Ernst, di 52, e la “povera Gita”, appunto, moglie in seconde nozze dell’anziano genitore. “Il vecchio era una persona per così dire difficile – ci spiega – potremmo definirlo un personaggio dittatoriale. Quando Gita lo ha sposato noi ci siamo detti tutti: ma guarda questa poveretta, stava così bene a Terzo, in un buon clima, vicino al mare, e si traferisce qui, in questo castello ghiacciato, con un uomo così dispotico!”.

Quando dice “noi tutti”, il nostro interlocutore si riferisce all’aristocrazia austriaca, in particolare a quella che vive a Vienna. La Costituzione varata nel 1918 dalla Prima Repubblica l’aveva bandita, cancellando i titoli nobiliari e togliendo il “von” davanti al nome dei casati, che sono diventati così semplici cognomi. Ma con o senza “von” questa società esiste e ha i suoi luoghi, i suoi riti e le sue occasioni di incontro.

Una di queste risale al settembre dello scorso anno. “Ci siamo ritrovati tutti a Terzo, per il matrimonio di una nipotina di Gita, figlia di Theodor, sposata a uno spagnolo. Un grande matrimonio, nella chiesa del paese e poi nel giardino della villa. C’era tutta la nobiltà venuta da Vienna e da varie parti del mondo, persino da New York. E presumo che ci fossero anche nobili friulani, che però io non conosco. Un solo inconveniente: pioveva che Dio la mandava e noi nel giardino riuscivamo a stento a ripararci sotto gli ombrelloni”.

Il nostro interlocutore viennese, dicevamo, non ha dubbi che all’origine della tragedia vi sia stato il difficile rapporto tra padre e figlio, che anche in passato aveva dato luogo a violenti litigi. Allora problemi di soldi e di eredità non c’entrano? “Lo escludo. Tutto il patrimonio della famiglia è congelato in una fondazione e quindi intoccabile”.

Un grande patrimonio a quanto pare? “Assolutamente no. Ulli (anche per il nome del vecchio Ulrich non può mancare un vezzeggiativo, nda) era un poveraccio. Aveva dei terreni intorno al castello, che ha dovuto vendere un po’ alla volta per recuperare liquidità”. E tutti gli altri castelli e palazzi in giro per l’Austria? “Non sono suoi, sono di altri rami della famiglia”.

La contessa Faraone Cassis, quindi, non ha sposato un uomo ricco. “No, affatto. Era lei che stava dando una mano a Ulli. Aveva investito molto di suo nel castello di Bockfliess, per aggiustarlo. Vi aveva installato il riscaldamento, un ascensore… tutto a sue spese”. Come si erano conosciuti i due? “Si conoscevano fin da ragazzini. Poi lei aveva seguito un’altra strada e nel 1951 aveva sposato Manfred Mautner Markhof, che noi chiamavamo il professore, una delle famiglie più ricche dell’Austria. Da quel matrimonio sono nati i figli di Gita. Ma da parecchi anni i due erano divorziati. Poi nel 2008 lui è morto e lei si è riavvicinata al vecchio Ulli”.

Viene quindi dal primo marito tutta la ricchezza dei Faraone Cassis? “No, il denaro viene soprattutto dalla Metro olandese (supermercati alimentari), di cui Gita era grande azionista e per qualche tempo membro anche del consiglio di sorveglianza. La società del marito, famosa da noi per il senape e l’aceto, ha attraversato un periodo difficile e stava per fallire, se non fosse intervenuta Gita con la sua garanzia a tacitare le banche creditrici”.

Insomma, ovunque si guardi, è sempre stata la contessa di Terzo d’Aquileia ad aiutare tutti? “Sì, povera Gita, lo ha sempre fatto. Ed è triste che la sua generosità sia stata ripagata così crudelmente, proprio da chi ne avrebbe tratto beneficio”.

 

NELLA FOTO, grande spiegamento di polizia davanti al castello di Bockfliess, dopo il triplice omicidio.

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