Le elezioni politiche del 29 settembre hanno portato con sé molte novità. Per la prima volta l’Fpö, partito dell’estrema destra sovranista (ma un tempo partito di nazisti, di cui alcuni epigoni sono presenti tuttora), è risultato primo per numero di voti ricevuti: non rappresenta la maggioranza degli austriaci, ma con il 28,9% precede tutti gli altri partiti. Per la prima volta l’Spö, Partito socialdemocratico, è terzo in graduatoria, dopo che per quasi 80 anni era stato il partito dominante nella politica austriaca.
E c’è una prima volta anche nell’incarico di formare il governo, che è stato assegnato oggi dal capo dello Stato, Alexander Van der Bellen. Finora era stato assegnato sempre al segretario del partito più votato. Questa volta, dunque, sarebbe dovuto toccare a Herbert Kickl, leader dell’Fpö. Ma Van der Bellen ha voluto fare uno strappo con la prassi ininterrotta del passato e ha affidato il compito a Karl Nehammer, segretario dell’Övp, il Partito popolare giunto secondo.
Si sapeva che al presidente ripugnava affidare le redini del governo a Kickl, non solo perché esponente radicale della destra nazionalista, razzista e xenofoba, ma anche per le sue posizioni euroscettiche e filorusse, vicine a quelle di Viktor Orban e Matteo Salvini. Purtuttavia lo avrebbe fatto (e forse sarà costretto a farlo), nel rispetto delle regole costituzionali.
Questa volta, però, Van der Bellen si è trovato in una situazione in cui tutti i partiti presenti in Parlamento (Övp, Spö, Neos e Verdi) avevano dichiarato pubblicamente in campagna elettorale che non si sarebbero alleati con l’Fpö e avevano ribadito questa loro convinzione nei colloqui preliminari a porte chiuse avuti con il presidente. Soltanto l’Övp aveva fatto una distinzione: indisponibilità a formare una coalizione con Herbert Kickl, ma non con altri esponenti “ragionevoli” dell’Fpö.
Stando così le cose, avrebbe avuto senso affidare anche solo un incarico esplorativo a Kickl, pur sapendo che sarebbe finito in un nulla di fatto e sarebbe stata soltanto una perdita di tempo? La risposta è ovvia, ma, sapendo quale sarebbe stata la reazione del leader dell’estrema destra, Van der Bellen ha voluto spiegare le ragioni della sua decisione, utilizzando un linguaggio che fosse comprensibile a tutti.
Le elezioni – ha detto – non sono una corsa in cui “il partito che arriva per primo al traguardo forma automaticamente il governo”. Chi vuole governare da solo “deve superare l’ostacolo del 50%”. Poiché questo non è avvenuto, è necessario trovare un partner, poiché con il 10, il 20 o il 30 per cento “nessuno può pretendere di rappresentare da solo l’intero popolo”. Certo, finora era consuetudine affidare l’incarico di avviare i colloqui al partito più votato, “ma questa volta io non l’ho fatto”, perché Kickl vuole governare, “ma non ha trovato nessuno che lo voglia fare cancelliere”.
Scontate le reazioni dell’Fpö, i cui esponenti, con riferimento al governo che Nehammer potrebbe formare, hanno parlato di “coalizione dei perdenti” o dei “falliti” e di congiura “contro la volontà del popolo”. Lo stesso Kickl ha definito la scelta del capo dello Stato “un pugno in faccia”, ma non è andato oltre, preferendo conservare un filo di speranza. “Vi prometto – ha scritto sui social ai suoi elettori – che non è detta ancora l’ultima parola. Oggi non è l’ultimo dei giorni”.
Un messaggio criptico, ma non del tutto. Per quanto possa sembrare paradossale, i programmi politici di Övp ed Fpö sono molto simili e, in campi come quelli dell’economia e dell’immigrazione, addirittura sovrapponibili. Molto distante, invece, il programma dell’Övp da quello dell’Spö, che sotto la guida di Andreas Babler ha assunto posizioni radicali. Se l’Övp non si allea con l’Fpö, la sola alternativa è l’Spö. Certo, sarebbe necessario poi aggregare un terzo socio, Verdi o Neos, perché Övp ed Spö insieme avrebbero un solo seggio di maggioranza, insufficiente per garantire la stabilità del governo.
Kickl conta su questo paradosso, che potrebbe mettere in evidenza divergenze insanabili tra popolari e socialdemocratici e costringere alla fine Nehammer a rivedere il suo veto nei confronti dell’Fpö. Alle spalle dell’Övp vi sono gruppi di pressione fenomenali, che vanno dal movimento degli agricoltori (Bauernbund) a quello delle imprese (Wirtschaftsbund), che vedono come fumo negli occhi la collaborazione di governo con la socialdemocrazia. Kickl conta su questi gruppi per modificare l’atteggiamento di Nehammer nei suoi confronti. Quando dichiara che “non è detta l’ultima parola” intende probabilmente questo. I prossimi giorni ci diranno se abbiamo visto giusto.
NELLA FOTO, il presidente della Repubblica, Alexander Van der Bellen, con Karl Nehammer, segretario dell’Övp, cui ha affidato l’incarico esplorativo per la formazione del governo. Alle loro spalle vigila severamente il ritratto di Maria Teresa.
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