I fondi del Mes potranno essere usati dagli Stati membri senza condizione alcuna anche per spese non sanitarie. Pertanto non limiteranno in alcun modo la sovranità dei Paesi che ne faranno richiesta. Lo aveva dichiarato il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, in una intervista pubblicata tre giorni fa su La Stampa. Era un messaggio politico, più che finanziario, diretto soprattutto a quei partiti come il Movimento 5 Stelle, la Lega di Salvini e Fratelli d’Italia, che si sono impiccate a un acronimo, il Mes, senza sapere bene come sarà applicato in concreto, a volte senza neppure conoscerne il significato.
Ieri Le Maire ha ripetuto le stesse cose al quotidiano di Vienna “Die Presse”. Ma, trattandosi di una testata austriaca – ovvero del Paese che, come l’Olanda, non vuole in alcun modo dare una mano ai “cugini indebitati” del Sud Europa, in particolare all’Italia – il ministro francese è stato ancora più esplicito e ha usato parole che non aveva usato nell’intervista a La Stampa.
Ha detto che la Francia, nella discussione sui Coronabond, vede in gioco l’esistenza stessa dell’Unione Europea. E ha aggiunto: “Se lasciamo l’Italia sola, è la fine dell’Europa. Noi non vogliamo che il progetto europeo scompaia. Non vogliamo che l’Eurozona esploda”.
Rivolgendosi all’Austria e agli altri Stati cosiddetti “frugali”, Le Maire ha esortato a non sottovalutare i costi della ricostruzione che dovranno essere affrontati da tutti dopo la burrasca del Coronavirus. “Ho l’impressione – ha detto – che in alcuni Paesi membri non si comprenda bene quel che sta accadendo. In Francia prevediamo una recessione dell’8%: è la situazione peggiore dal 1945. E lo stesso vale per l’Italia, la Spagna, la Germania, per tutti. Per favore, aprite gli occhi”.
Le Maire ha quindi illustrato le proposte già esposte nell’intervista a La Stampa. “Noi qui non proponiamo eurobond ma un “recovery fund”, un fondo per la ricostruzione, finanziato attraverso l’assunzione comune di debiti da parte degli Stati dell’Ue. Non si tratta della messa in comune di debiti pregressi, aborrita dal cancelliere Kurz, ma di debiti per spese future e per un periodo di tempo limitato. Sarebbe una soluzione meno costosa di un finanziamento attraverso il bilancio dell’Ue, perché il rimborso del debito potrebbe essere spalmato su un arco di tempo più lungo”.
“Lo dico molto semplicemente: abbiamo bisogno di denaro, moltissimo denaro. Altrimenti si corre il pericolo di rimanere incastrati in una profonda recessione che potrebbe durare anni e che potrebbe generare una controreazione con virulente conseguenze politiche”.
Il ministro si è poi chiesto: “È davvero nell’interesse dell’Olanda e degli altri che l’Italia nei prossimi anni precipiti in una gigantesca depressione? Io non dico di pagare per gli altri. Questa non è la posizione francese. Piuttosto: ci troviamo di fronte a questa crisi enorme, ne va del futuro dell’Europa, tutti gli Stati sono in pericolo, anche quelli con solide finanze”.
Un messaggio molto chiaro, indirizzato evidentemente al cancelliere austriaco e leader dell’Övp, Sebastian Kurz. Non a caso l’intervista è apparsa su “Die Presse”, giornale conservatore e quindi sulla stessa linea del partito di Kurz, anche se non schierato con lui e anzi spesso critico nei suoi confronti.
Casualmente un’altra lancia in favore dell’Italia è stata spezzata dall’economista austriaco Gabriel Felbermayr, che dallo scorso anno dirige l’Istituto di economia mondiale di Kiel. Venerdì sera, intervistato da un edizione speciale del telegiornale dell’Orf, la tv pubblica austriaca. Ferlbermayr ha sottolineato la gravità della situazione a livello globale. Stiamo andando verso una profonda recessione, non dovuta a una crisi economica e finanziaria (come quella del 2008), ma al fatto che si rischia la chiusura e il fallimento di aziende, anche sane e fiorenti, perché costrette a cessare l’attività dal virus. L’Austria non è esente da queste difficoltà. E siccome il Pil di Paesi piccoli dipende in buona parte dell’export (per l’Austria è il 55%), il loro destino è intrecciato con quello dei Paesi importatori.
“L’Italia – ha proseguito Felbermayr – è il secondo partner commerciale dell’Austria ed è anche il Paese confinante che già prima era fortemente indebitato e ora è stato colpito dal Coronavirus in maniera più grave. La cosa deve preoccuparci – ha proseguito il direttore dell’Istituto di Kiel – perché anche l’Austria ne soffrirà, se l’Italia non riprende a muoversi”.
Alle considerazioni di ordine economico, Felbermayr ne ha aggiunta una di ordine etico-politico. Che l’Italia sia stata colpita per prima dal virus è stata una fortuna per l’Austria, che ha potuto imparare dagli errori che sono stati fatti specie nel Nord Italia. Ne deriva un dovere e un atto di solidarietà prestare aiuto ai nostri vicini del Sud.
NELLA FOTO, la pagina web del quotidiano “Die Presse”, dove appare l’intervista al ministro Bruno Le Marie. Il titolo dice: “Se lasciamo l’Italia sola, è la fine dell’Europa”.
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